Piazza San Pietro gremita per l’incontro di Papa Francesco con la Famiglia vincenziana, giunta a Roma per partecipare, nell’anno del suo 400esimo anniversario, al simposio “Ero forestiero e mi avete accolto…”. Al cospetto della reliquia di san Vincenzo dé Paoli, che ha accolto gli 11 mila della Piazza, accorsi da tutto il mondo, dal sagrato della Basilica, il Pontefice ha salutato i presenti parlando dell’insegnamento del santo il quale “ha generato uno slancio di carità che dura nei secoli: uno slancio che è uscito dal suo cuore”. Per questo, di fronte alla reliquia, il Papa ha incoraggiato la Famiglia “a proseguire questo cammino, proponendovi tre semplici verbi che credo molto importanti per lo spirito vincenziano, ma anche per la vita cristiana in generale: adorare, accogliere, andare”.
Adorare
Adorare perché, come spiegato ancora da Francesco, san Vincenzo insegnava che “solo pregando si attinge da Dio l’amore da riversare sul mondo; solo pregando si toccano i cuori della gente quando si annuncia il Vangelo”. Ma non solo. Per il presbitero francese, “la preghiera non è soltanto un dovere e tanto meno un insieme di formule. La preghiera è fermarsi davanti a Dio per stare con Lui, dedicarsi semplicemente a Lui”. Questa, ha sottolineato il Pontefice, è “la preghiera più pura, quella che fa spazio al Signore e alla sua lode e a nient’altro: l’adorazione”. Un verbo, questo, che implica il “mettersi davanti al Signore, con rispetto, con calma e nel silenzio, dando a Lui il primo posto, abbandonandosi fiduciosi. Per poi chiedergli che il suo Spirito venga a noi e lasciare che le nostre cose vadano a Lui”. Chi adora rimane “contaminato e comincia a comportarsi con gli altri come il Signore fa con Lui”.
Accogliere
Misericordia e apertura verso i fratelli sono due dei principali carismi racchiusi nel secondo verbo-guida: accogliere. “Quando sentiamo questa parola – ha spiegato Papa Francesco – viene subito da pensare a qualcosa da fare. Ma in realtà accogliere è una disposizione più profonda: non richiede solo di far posto a qualcuno, ma di essere persone accoglienti, disponibili, abituate a darsi agli altri”. Ma l’accoglienza, continua, “significa anche ridimensionare il proprio io, raddrizzare il modo di pensare, comprendere che la vita non è la mia proprietà privata e che il tempo non mi appartiene”. Il cristiano che pratica accoglienza, dunque, “è un vero uomo e donna di Chiesa, perché la Chiesa è Madre e una madre accoglie la vita e la accompagna. E come un figlio assomiglia alla madre, portandone i tratti, così il cristiano porta questi tratti della Chiesa”.
Andare
Alla base della vita di un buon cristiano vi è l’amore, quella forza che anima e pervade le nostre esistenze spingendoci a mettere in pratica l’ultimo verbo: “andare”. Questo poiché “l’amore è dinamico” e chi ama “non sta in poltrona a guardare, aspettando l’avvento di un mondo migliore”. Riprendendo le parole di san Vincenzo, pronunciate nel 1659, il Pontefice ha ricordato che “la nostra vocazione è dunque di andare, non in una parrocchia e neppure soltanto in una diocesi, ma per tutta la terra. E a far che? Ad infiammare il cuore degli uomini, facendo quello che fece il Figlio di Dio, Lui che è venuto a portare il fuoco nel mondo per infiammarlo del suo amore”. Un insegnamento cardine della Famiglia vincenziana, che il Pontefice non ha mancato di ringraziare perché “in costante movimento sulle strade del mondo”, augurando ai presenti di non fermarsi “ma di continuare ad attingere ogni giorno dall’adorazione l’amore di Dio e di diffonderlo nel mondo attraverso il buon contagio della carità, della disponibilità, della concordia”.