È la chiesa di San Pio IV, in zona Aurelia, a Roma, la prescelta dal Santo Padre per l’undicesima edizione di “24 Ore per il Signore”. Un’iniziativa quaresimale che, come ormai da tradizione, vede il Papa mettersi personalmente a disposizione dei fedeli per amministrare il sacramento della confessione. Il primo passo verso “la vita nuova” di cui parla san Paolo ai cristiani delle origini. Una vita nuova che, come spiegato da Francesco nell’omelia, “ci immerge nella morte e nella risurrezione di Gesù e ci fa per sempre figli di Dio”. E che, chiaramente, “nasce dal Battesimo”. È l’apostolo Paolo stesso ad associare la vita nuova all’atto del cammino. Anzi, del “camminare”, percorrendo la strada tracciata fin dal ricevimento del primo tra i sacramenti. Con la necessaria accortezza di non smarrire “la vita santa che scorre dentro di noi”. Un rischio possibile, nella frenetica quotidianità giornaliera.
L’omelia del Papa
La frenesia nasconde ma non cancella. Per questo, Papa Francesco invita a “cercare le braci sotto la cenere, quella cenere che si è depositata sul cuore e nasconde alla vista la bellezza della nostra anima”. Non dimenticando di sfuggire alla tentazione di pensare all’altro come un avversario piuttosto che un compagno di cammino: “Annebbiato il volto di Dio, offuscati quelli dei fratelli, sfocata la grandezza che ci portiamo dentro, restiamo in cammino, ma abbiamo bisogno di una segnaletica nuova, abbiamo bisogno di un cambio di passo, di una direzione che ci aiuti a ritrovare la via del Battesimo, cioè a rinnovare la nostra bellezza originaria che è lì sotto le ceneri, rinnovare il senso di andare avanti”. E, per farlo, non vi è altra via che quella del perdono: “Dio non si stanca mai di perdonare. Ma qual è il dramma? Che siamo noi a stancarci di chiedere perdono”.
Il cuore aperto a Dio
È il Signore che “deterge quelle macchie interiori che impediscono di confidare in Dio, di abbracciare i fratelli, di amare noi stessi”. E lo fa attraverso il perdono, che “ci restituisce una vita e una vista nuova”. Il perdono, come atto di trasformazione, diventa una purificazione del cuore. Anche in questo “il nostro impegno è necessario, ma non basta; non basta, siamo deboli, non possiamo; solo Dio conosce e guarisce il cuore“. Ma, perché ciò avvenga, “occorre portargli il nostro cuore aperto e contrito”. Il Signore ci desidera rinnovati, “felici e in cammino, non parcheggiati sulle strade della vita”. E, al contempo, consapevoli di come il peccato sia sempre una sconfitta: “‘Il peccatore, scrutando l’abisso del proprio peccato, scopre da parte sua l’infinito della misericordia’. E questa è la ripartenza della vita nuova: cominciata nel Battesimo, riparte dal perdono”.
Imparare il perdono
L’invito del Papa è a non rinunciare al sacramento della Riconciliazione: “Non è una pratica di devozione, ma il fondamento dell’esistenza cristiana; non è questione di saper dire bene i peccati, ma di riconoscerci peccatori e di buttarci tra le braccia di Gesù crocifisso per essere liberati; non è un gesto moralistico, ma la risurrezione del cuore. Il Signore risorto ci risuscita, tutti noi. Andiamo dunque a ricevere il perdono di Dio e noi, che lo amministriamo, sentiamoci dispensatori della gioia del Padre che ritrova il figlio smarrito”. E anche noi, prendendo esempio dal Signore, siamo chiamati a concedere il perdono a chi lo domanda. E ad aiutare “chi prova timore ad accostarsi con fiducia al sacramento della guarigione e della gioia”.