Cinquanta giorni dopo la Pasqua, “popoli che parlano lingue diverse si incontrano e si capiscono”. A Pentecoste, ricorda Papa Francesco nel Regina Coeli, “il sogno di Dio sull’umanità diventa realtà”. Eppure, anche oggi, l’umanità è gravata dallo spettro della guerra, tristemente attuale nonostante i ripetuti appelli alla pace. Ancora una volta, il Santo Padre rinnova il suo grido affinché i potenti della Terra inaugurino realmente i tavoli del dialogo. Anteponendo, finalmente, il lavoro per la pace alla logica degli interessi geostrategici (ed economici). “A cento giorni dall’inizio dell’aggressione armata all’Ucraina, sull’umanità è calato nuovamente l’incubo della guerra, che è la negazione del sogno di Dio: popoli che si scontrano, popoli che si uccidono, gente che, anziché avvicinarsi, viene allontanata dalle proprie case”. Una distruzione non solo materiale ma anche dell’anima.
La preghiera del Papa per la pace
Papa Francesco invita ancora i responsabili delle Nazioni a “non portare l’umanità alla rovina” ma a impegnarsi affinché “si mettano in atto veri negoziati, concrete trattative per un cessate il fuoco e per una soluzione sostenibile”. Questo perché, nonostante la furia della distruzione e la morte imperversino, “le contrapposizioni divampano, alimentando un’escalation sempre più pericolosa per tutti”. L’invito è ad ascoltare “il grido disperato della gente che soffre” e ad avere “rispetto della vita umana”. E mentre i missili sfiorano centrali nucleari e le bombe cadono sulla popolazione civile, il Papa conclude ancora il suo appello con un grido di condanna alle violenze (“si fermi la macabra distruzione di città e villaggi nell’est dell’Ucraina”) e di speranza per l’umanità: “Continuiamo, per favore, a pregare e a impegnarci per la pace, senza stancarci”.