“È la speranza che tiene in piedi la vita, che la protegge, la custodisce e la fa crescere”. Papa Francesco nell’udienza generale di oggi in piazza San Pietro ribalta l’antico adagio “finché c’è vita, c’è speranza”. E nel corso della sua catechesi, ne spiega il motivo: “Se gli uomini non avessero coltivato la speranza, se non si fossero sorretti a questa virtù, non sarebbero mai usciti dalle caverne, e non avrebbero lasciato traccia nella storia del mondo. È quanto di più divino possa esistere nel cuore dell’uomo”.
Charles Péguy
La speranza continua ad essere il filo conduttore delle sue ultime catechesi nelle udienze generali. A tal proposito cita il poeta francese Charles Péguy, il quale in uno dei suoi scritti afferma poeticamente che “Dio non si stupisce tanto per la fede degli esseri umani, e nemmeno per la loro carità; ma ciò che veramente lo riempie di meraviglia e commozione è la speranza“.
Lottatori per la speranza
Speranza che ha lasciato un segno sui volti – afferma il Pontefice – di tanta gente transitata in questo mondo: “contadini, poveri operai, migranti in cerca di un futuro migliore”. Si tratta di gente – prosegue – “che ha lottato tenacemente nonostante l’amarezza di un oggi difficile, colmo di tante prove, animata però dalla fiducia che i figli avrebbero avuto una vita più giusta e più serena. Lottavano per i figli, lottavano per la speranza“.
I poveri
Secondo il Vescovo di Roma, la speranza “non è virtù per gente con lo stomaco pieno”. Per questo – aggiunge – “i poveri sono i primi portatori della speranza. Per entrare nel mondo, Dio ha avuto bisogno di loro: di Giuseppe e di Maria, dei pastori di Betlemme”.
Francesco ricorda allora l’immagine del Natale, con “gli umili” che “preparavano nel nascondimento la rivoluzione della bontà”. Essi – continua – “erano poveri di tutto, qualcuno galleggiava poco sopra la soglia della sopravvivenza, ma erano ricchi del bene più prezioso che esiste al mondo, cioè la voglia di cambiamento“.
Avere tutto dalla vita: una sfortuna
Questa riflessione spinge il Papa a ritenere che “a volte, aver avuto tutto dalla vita è una sfortuna“. Egli fa l’esempio di un giovane che a vent’anni non ha “mai dovuto sudare per nulla”. Questi – osserva – “è stato destinato alla peggior condanna: quella di non desiderare più nulla”. E quindi è giovane solo nell’apparenza, perché “è già calato l’autunno sul suo cuore”.
L’accidia
Papa Francesco pone poi l’accento su un nemico della speranza, che è l’accidia. Egli la definisce “una tentazione”, che “ci sorprende quando meno ce lo aspettiamo: le giornate diventano monotone e noiose, più nessun valore sembra meritevole di fatica”.
“Quando questo capita, il cristiano sa che quella condizione deve essere combattuta, mai accettata supinamente – afferma il Santo Padre -. Dio ci ha creati per la gioia e per la felicità, e non per crogiolarci in pensieri malinconici“. E dunque “è importante custodire il proprio cuore, opponendoci alle tentazioni di infelicità, che sicuramente non provengono da Dio“.
Affidarsi a Gesù
E laddove “la battaglia contro l’angoscia particolarmente dura”, il Papa invita a ripetere la seguente preghiera: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!”.
Di qui la sua riflessione finale: “Non siamo soli a combattere contro la disperazione. Se Gesù ha vinto il mondo, è capace di vincere in noi tutto ciò che si oppone al bene. Se Dio è con noi, nessuno ci ruberà quella virtù di cui abbiamo assolutamente bisogno per vivere”.