PAKISTAN, CRISTIANI UNITI CONTRO IL TERRORISMO

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“Restiamo pacifici, mostriamo Cristo con le nostre stesse vite” questa l’intenzione di un sacerdote di Lahore che sta tentando una via pacifica per contrastare l’azione violenta agli attacchi talebani che hanno ucciso 17 persone e ferito oltre 70. Il 15 marzo due militanti del Jamaat-ul-Arhar, frangia dei talebani pakistani, si sono fatti esplodere fuori dalle chiese St. John (chiesa cattolica) e Christ Church (chiesa protestante) a Youhanabad, quartiere a maggioranza cristiana di Lahore (Punjab), scatenando la collera della comunità cristiana.

I leader religiosi di entrambe le denominazioni hanno indetto oggi una giornata di digiuno e preghiera per le vittime invitando la società civile a unirsi alla celebrazione in segno di solidarietà.”Dobbiamo essere umili danneggiare proprietà pubbliche non è il giusto modo di registrare la [nostra] protesta. Siamo in Quaresima, un tempo in cui praticare il perdono e il sacrificio. Condanniamo con forza gli attacchi di domenica, ci schieriamo al fianco delle famiglie sofferenti e condanniamo anche la distruzione di proprietà pubbliche. Dobbiamo restare pacifici e mostrare Cristo con le nostre stesse vite” afferma p. John Nisar un sacerdote della diocesi di Lahore. Anche il vescovo di Islamabad, mons. Rufin Anthony, ha preso parte dicendo: “Oggi ci inginocchiamo dinanzi all’Altissimo in digiuno e preghiera per chiedere pace, perdono, misericordia, grazia, pazienza e tolleranza”.

Intanto il Paese è colpito da un’onda di proteste e violenza: Karachi, Islamabad, Rawalpindi, Faisalabad e Multan sono le città maggiormente scosse da manifestanti in collera. Sempre il 15 marzo una folla di persone ha linciato e bruciato vivi due sospettati. Ad aggravare ulteriormente la situazione sono i molti feriti ricoverati negli ospedali che lamentano la mancanza di cure appropriate e di medicinali. I loro familiari sostengono che non ricevono il trattamento necessario per le loro ferite e hanno lanciato un appello alle autorità perché intervengano. Un gruppo di persone ha bloccato la Jati Umra Raiwind, residenza del Primo ministro pakistano Nawaz Sharif, chiedendo giustizia. Il premier ha annunciato un’inchiesta dettagliata negli attacchi di domenica.

don Marco Mondelci: