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Padre Arrupe, via al processo di beatificazione

Parte ufficialmente la causa di beatificazione di padre Pedro Arrrupe, preposito generale dei Gesuiti dal 1965 al 1983. L’attuale generale della Compagnia, padre Arturo Sosa, ha dato l’annuncio dopo che il cardinale vicario di Roma, cardinale Angelo De Donatis, ha concesso l’approvazione all’apertura del processo diocesano. Padre Arrupe, infatti, morì a Roma il  5 febbraio 1991. La notizia, postata sulla home page del gruppo “Comunicazione Loyola”, è stata immediatamente rilanciata da Gesuiti news: “Si avvera il desiderio per cui tanti hanno pregato in questi anni – si legge nella newsletter della Compagnia – perché, come ha detto pochi giorni fa ai gesuiti lo stesso padre Sosa ‘Arrupe per noi è una figura di grande importanza e vogliamo evidenziare una persona che ha vissuto la santità in modo profondo e originale in tutta la sua vita: da giovane, come gesuita, come maestro dei novizi, come provinciale e come generale’. La causa aperta non tiene conto soltanto del suo governo ma dell’intera persona, che ha saputo identificarsi con il Signore per tutta la vita. E l’auspicio condiviso è quello di essere in grado di incontrare con il Signore la vita di santità di padre Arrupe” ha concluso Sosa. 

La vita

Padre Arrupe era nato il 14 novembre 1907 a Bilbao, in Spagna. Durante la Seconda Guerra mondiale fu missionario in Giappone, proprio a Hiroshima dove visse la grande tragedia della bomba nucleare e le sue conseguenze. Fu eletto preposito generale nel 1965 succedendo a padre Jean Baptiste Janssens. La sua guida della Compagnia non fu scevra da polemiche durante il pontificato di S. Giovanni Paolo II, anche per la dichiarata simpatia nei confronti della teologia della liberazione che gli procurò una certa differenza di vedute con il Pontefice polacco. Nel 1980, primo caso nella storia, presentò le sue dimissioni ma Papa Wojtyla le respinse. Tuttavia, l’anno successivo padre Arrupe venne colpito da un ictus e S. Giovanni Paolo II nominò padre Dezza suo “delegato personale” fino alle dimissioni definitive di padre Arrupe nel 1983: “Mi Sento, oggi più che mai, nelle mani del Signore. Per tutta la mia vita, dalla mia giovinezza, ho voluto essere nelle mani del Signore. E ancora oggi è l’unica cosa che voglio. Ma certamente oggi c’è una grande differenza: oggi è il Signore stesso che ha tutta l’iniziativa. Sapersi e sentirsi totalmente nelle sue mani è un’esperienza molto profonda” disse il 3 ottobre in occasione della Congregazione Generale 33 presentando la sua rinuncia. Gli subentrò padre Kolvenbach, che a sua volta annunciò a Papa Benedetto l’intenzione di dimettersi al compimento degli 80 anni. Di fatto, padre Arrupe ha introdotto una prassi che finora hanno seguito tutti i suoi successori. 

Il ricordo

Scrive il gruppo Loyola: “Arrupe rifletteva il Cristo che viveva dentro di lui e che lo riempì di una profonda umanità fino al suo ultimo giorno di vita. La vita di Arrupe, quindi, fu illuminata e ancora diffonde luce. Coloro che vivevano con lui erano illuminati dalla sua vicinanza, dalla sua bellezza interiore e dalla sua libertà. Ha rinnovato la Compagnia di Gesù a partire dalla spiritualità ignaziana al servizio di una fede rafforzata e di una giustizia fondata. Così come le vite ispirate alla sua eredità universale: i suoi libri, lettere, testimonianze e scritti che riflettono la sua vivacità, diretta e profonda, e che raggiungono sempre il cuore”. Dopo la sua morte, il corpo è stato sepolto nella chiesa del Gesù

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