Le radici del tribalismo sono culturali, economiche, politiche e anche religiose. Lingue, costumi e tradizioni sono fattori di coesione all'interno di un singolo gruppo”. E le disfunzioni dello Stato fanno sì che le singole persone “non trovando nelle istituzioni statali quello che ci si dovrebbe aspettare da loro, in particolare la garanzia del lavoro, una pronta ed equa risoluzione delle controversie giudiziarie, un’assistenza equa negli ospedali, la sicurezza delle persone e dei beni, si rivolgono al proprio gruppo tribale di appartenenza. Da questo punto di vista, la mala gestione governativa apre la strada al tribalismo”.
Clima sociale degradato
Nella loro Lettera Pastorale i vescovi del Camerun affermano: “Durante e dopo le ultime elezioni presidenziali, stiamo assistendo a un crescente e molto preoccupante degrado del clima sociale”. Nel documento pubblicato da Fides, i presuli mettono in guardia i cittadini sul tribalismo che rischia di compromettere la coesione nazionale. I vescovi descrovono la diffusione di “atteggiamenti, parole e comportamenti” che denotano “un disprezzo inaccettabile per la dignità delle persone” e che “rischiano di degenerare in conflitti tribali ancora più devastanti”. E denunciano quei politici che “attraverso accurate forme di linciaggio mediatico stanno cercando di trasformare i loro nemici politici e ideologici in nemici di tutto il popolo, come fece Saul contro David”.
La mancata accettazione reciproca
Un accorato richiamo ai “figli e le figlie del Camerun al risveglio, all'impegno e alla ricostruzione”. E aggiungono: “Soprattutto spetta a noi tornare alla scuola di apertura alle differenze, all'ospitalità e alla mutua accettazione”. Quindi “lo sviluppo armonioso di una nazione deriva dalla sinergia di azione in cui il tutto è costituito da tutte le parti messe insieme, e dove ogni persona fiorisce allo stesso tempo con ciò che dà e ciò che riceve, in uno spirito di fratellanza e di cuore aperto. Così ogni camerunese potrà essere il benvenuto ovunque, e sentirsi a casa in tutte le regioni del Camerun, nelle città come nei villaggi più lontani”. Più volte Benedetto XVI, ricevendo vescovi africani durante le loro visite ad limina, aveva messo in guardia dal “tribalismo etnico”, definendolo uno tra i maggiori ostacoli, insieme alla diffusione del concubinato, allo sviluppo umano in Africa. “Spesso minimizzato, ignorato e persino del tutto negato, oppure spiegato come un fenomeno estraneo alla tradizione africana, nato con la colonizzazione europea, il tribalismo è in realtà uno dei tratti distintivi della vita africana, oggi come in passato: un sistema di comunità alle quali si appartiene per nascita, invalicabili e insostituibili, antagoniste e ostili- analizza Lanuovabq.it-. Né l’islam, con la sua proposta unificante di una “umma”, la comunità dei fedeli, né il cristianesimo, con il suo messaggio di fratellanza universale, sono riusciti a sradicarlo. Anzi, ne sono divenuti una modalità là dove, come ad esempio in Nigeria, tribù convertite nei secoli alle due religioni si affrontano, contendendosi come accade da millenni risorse e mezzi di sopravvivenza”.
Elemento strutturale
La guerra inter e intra tribale di conquista (per il controllo di terre fertili, pascoli, punti d’acqua) e di rapina (per accrescere le risorse a disposizione con raccolti, bestiame, utensili e forza lavoro sottratti ad altre comunità) è un elemento strutturale delle economie di sussistenza africane, tutte caratterizzate, che si tratti di caccia e raccolta, pastorizia o agricoltura, da una produttività molto bassa. Warie Dirie, la ex fotomodella somala di fama internazionale che da anni si batte contro le mutilazioni genitali femminili, ha fornito una semplice e perfetta definizione del tribalismo in “Lettera a mia madre”. In Somalia, riferisce Lanuovabq.it, rapporti di sangue sono le fondamenta di ogni interazione sociale. “La tua famiglia, il tuo sotto-clan, il tuo clan sono tutto ciò che hai. Il clan decide la posizione di ciascuno all’interno della famiglia. Determina chi puoi considerare amico e chi devi guardare come un nemico- racconta Warie Dirie-. Cosa puoi vendere e a chi. Cosa puoi comprare e da chi. Il clan è il tuo presente e il tuo futuro. Sente al posto tuo, agisce al posto tuo e pensa per te. È la tua anima e la tua identità. Il clan può proteggerti, ma può anche diventare la tua prigione”.