Una riflessione che parte dall’Amazzonia ma rivolta “verso la Chiesa universale e anche verso il futuro di tutto il pianeta”. E’ stato presentato oggi dal cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, il documento preparatorio del Sinodo speciale annunciato lo scorso 15 ottobre da Papa Francesco per la regione amazzonica, che si svolgerà nel mese di ottobre del 2019. “Partiamo da un territorio specifico – si legge nel documento – per gettare a partire da esso un ponte verso altri biomi essenziali del mondo: il bacino del Congo, il corridoio biologico mesoamericano, i boschi tropicali del Pacifico asiatico, il bacino acquifero Guaranì, fra gli altri. Ascoltare i popoli indigeni e tutte le comunità che vivono in Amazzonia, come primi interlocutori di questo Sinodo, è di vitale importanza anche per la Chiesa universale. Per fare questo abbiamo bisogno di avvicinarci di più ad essi”. L’obiettivo è “sapere: come immaginano il ‘futuro sereno’ e il ‘buon vivere’ delle future generazioni? Come possiamo collaborare alla costruzione di un mondo capace di rompere con le strutture che uccidono la vita e con le mentalità di colonizzazione per costruire reti di solidarietà e di inter-culturalità? E soprattutto, qual è la missione particolare della Chiesa oggi di fronte a questa realtà?”. Il documento è diviso in tre parti, che consistono nel “vedere, giudicare (discernere) e agire” e in un questionario, secondo il metodo che sta ormai diventando prassi per il Sinodo. Trenta domande legate alle tre parti del documento.
Uno sguardo sulla regione
La prima considerazione riguarda la grande diversità di una regione estesa per 7,5 milioni di kmq il cui elemento caratterizzante è l’acqua, grazie al Rio delle Amazzoni: “Il lavoro della Chiesa Cattolica in Amazzonia, nel corso di molti secoli, si è orientato a dare risposta a questi variegati contesti umani e ambientali”. “Oggi, tuttavia, la ricchezza della foresta e dei fiumi amazzonici si trova minacciata dai grandi interessi economici che si concentrano in diversi punti del territorio. Tali interessi provocano, fra le altre cose, l’intensificazione della devastazione indiscriminata della foresta, la contaminazione di fiumi, laghi e affluenti. A ciò si aggiunge il narcotraffico, che, sommato a quanto detto, mette a repentaglio la sopravvivenza dei popoli che dipendono delle risorse animali e vegetali di questi territori”. Accanto a questo fenomeno si registra la grande espansione demografica delle periferie urbane, ingrossate dalle fila di migranti e di quanti sono costretti a lasciare le loro terre d’origine. “Attualmente fra il 70 e l’80% della popolazione della Panamazzonia risiede nelle città” mentre cresce “un atteggiamento xenofobo e di criminalizzazione verso i migranti e i profughi”. Particolarmente vulnerabili sono le donne, principali vittime della tratta di esseri umani conseguenza di questa situazione.
Identità minacciate
Altra drammatica conseguenza è la minaccia che incombe sull’identità culturale dei popoli amazzonici. Tra le altre cose, il documento mette in evidenza l’esistenza di “tracce residuali del progetto colonizzatore che ha generato rappresentazioni di inferiorità e di demonizzazione delle culture indigene. Il documento parla di “un neocolonialismo feroce, mascherato da progresso. Probabilmente, come ha affermato Papa Francesco a Puerto Maldonado, i popoli originari amazzonici non sono stati mai così minacciati come adesso”. Il problema resta dunque quello già evidenziato dal Papa nel suo discorso ai popoli indigeni del 2017: “Come conciliare il diritto allo sviluppo, compreso quello sociale e culturale, con la tutela delle caratteristiche proprie degli indigeni e dei loro territori”. Non manca l’allarme per la presenza di sette religiose che “motivate da interessi esterni al territorio, non sempre favoriscono l’ecologia integrale”.
Conversione integrale
Nella seconda parte dedicata al discernimento, si sottolinea la dimensione sociale dell’evangelizzazione che “implica l’impegno in favore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, per migliorare la vita comunitaria” e dunque “ci invita a lavorare contro le disuguaglianze sociali e la mancanza di solidarietà mediante la promozione della carità e della giustizia, della compassione e della cura, certamente fra di noi, ma anche nei riguardi degli altri esseri, animali e piante, e di tutta la creazione. La Chiesa è chiamata ad accompagnare e a condividere il dolore del popolo amazzonico e a collaborare alla guarigione delle sue ferite”. Dall’Amazzonia si alza oggi “un grido di schiavitù e di abbandono, che domanda la libertà e l’attenzione di Dio”. La prima conseguenza è che l’evangelizzazione in Amazzonia assume una “dimensione ecologica”: secondo il documento, “è fondamentale per promuovere sia la dignità di ogni individuo che il bene comune della società, sia il progresso sociale che il rispetto dell’ambiente. In Amazzonia la nozione di ecologia integrale è una chiave per rispondere alla sfida di tutelare l’immensa ricchezza della sua biodiversità ambientale e culturale”. Ma dall’“ecologia integrale” occorre passare a una “conversione integrale” che non sia solo individuale ma si traduca in un “cambiamento strutturale, espresso in comportamenti sociali, in leggi e in programmi economici coerenti”.
Sacramenti e missione
Non c’è solo l’ambiente, però: “Uno sguardo ecclesiale contemplativo e una pratica sacramentale coerente sono le chiavi per l’evangelizzazione dell’Amazzonia”. Tuttavia, un passaggio del documento che potrebbe sollevare qualche perplessità è quello che fa riferimento al “sangue di tanti uomini e donne che è stato versato, irrorando le terre amazzoniche per il bene dei suoi abitanti e del territorio” che “si mescola al Sangue di Cristo, versato per tutti e per tutta la creazione”. Infine, l’aspetto missionario “richiede più che mai un magistero ecclesiale esercitato nell’ascolto dello Spirito Santo, che sia in grado di assicurare tanto l’unità quanto la diversità”. Centrale, in questa prospettiva, è la figura del vescovo, garante della tradizione e dell’unità.
Chiesa alternativa alla globalizzazione
Terzo punto: l’azione. Il Sinodo è chiamato a individuare “nuovi cammini” per “rispondere alle situazioni di ingiustizia della regione”. La Chiesa “si rafforza costituendosi come un’alternativa di fronte alla globalizzazione dell’indifferenza e alla logica uniformizzante incentivata da tanti mezzi di comunicazione, così come a un modello economico che non è solito rispettare i popoli amazzonici e i loro territori”. In particolare si sottolinea “l’esigenza di un consenso intorno a un’agenda minima” di “sviluppo integrale e sostenibile (…) Si tratta di temi fondamentali spesso assenti in Panamazzonia. Si deve trovare un equilibrio e l’economia deve privilegiare la sua vocazione in favore della dignità della vita umana”. “La gioia e la pace sono possibili quando non siamo ossessionati dal consumo. Papa Francesco propone un rapporto armonioso con la natura che ci consente di vivere una felice sobrietà” e in questo, afferma il documento, “le culture occidentali possono, e forse devono, apprendere dalle culture tradizionali amazzoniche”.
Nuovi ministeri
Tra le urgenze, c’è quella di “ripensare la scarsa presenza della Chiesa in rapporto all’immensità del territorio e alla sua varietà culturale” con l’individuazione di una serie di priorità. A cominciare dal problema dell’eucarestia domenicale. “Per questo è urgente valutare e ripensare i ministeri che oggi sono necessari”. “Una priorità è quella di precisare i contenuti, i metodi e gli atteggiamenti di una pastorale inculturata, capace di rispondere alle grandi sfide del territorio. Un’altra priorità è quella di proporre nuovi ministeri e servizi per i diversi agenti pastorali, che rispondano ai compiti e alle responsabilità della comunità. In questa linea, occorre individuare quale tipo di ministero ufficiale possa essere conferito alla donna, tenendo conto del ruolo centrale che le donne rivestono oggi nella Chiesa amazzonica. È altresì necessario sostenere il clero indigeno e nativo del territorio, valorizzandone l’identità culturale e i valori propri. Infine, bisogna progettare nuovi cammini affinché il Popolo di Dio possa avere un accesso migliore e frequente all’Eucaristia, centro della vita cristiana”. E questo tema, con ogni probabilità, servirà a rimettere sul tavolo la questione dei “viri probati”, uomini sposati di una certa età che possano accedere al ministero sacerdotale in aree particolarmente difficoltose.
I partecipanti
Come ha spiegato nel suo intervento mons. Fabene, sottosegretario del Sinodo, non ci sono criteri presdefiniti sui partecipanti all'assemblea speciale. Pertanto, “i criteri approvati dal Santo Padre prevedono la convocazione di tutti i vescovi che hanno la cura pastorale del territorio amazzonico. Così, parteciperanno tutti i vescovi diocesani residenziali e gli ordinari a loro equiparati di ogni circoscrizione ecclesiastica della Regione Panamazzonica. Sono 102, così distribuite: Brasile (57), Colombia (14), Perù (10), Venezuela (7), Bolivia (6), Ecuador (5), Guyana Inglese (1), Guyana Francese (1), Suriname (1)”. Prevista anche la presenza dei presidenti delle sette Conferenze Episcopali coinvolte, e della “presidenza della Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM), che ha già avuto e continuerà ad avere un ruolo rilevante nel cammino sinodale”. Tra gli altri partecipanti anche le rappresentanze del Celam, degli ordini religiosi e i capi dicastero della Curia romana interessati.