Da anni siamo abituati a vedere i simboli del Natale cristiano sotto attacco. A minacciarli, non è soltanto l'intolleranza ma anche la superficialità con cui troppe persone preferiscono vivere questa festa. La febbre consumistica e l'inno allo spreco a cui assistiamo in questo periodo dell'anno contrastano nettamente con l'immagine della grotta di Betlemme. Per non smarrire il senso più autentico di questa meravigliosa festività occorre recuperarne lo spirito originario e preservarlo da fuorvianti contaminazioni. Un auspicio espresso anche da monsignor Francesco Cavina, Vescovo della diocesi di Carpi, in quest'intervista concessa ad In Terris dove regala ai nostri lettori una bella riflessione sul Natale, soffermandosi sul suo aspetto storico e su quello teologico.
Il Natale avrebbe senso senza ricordare la nascita di Gesù?
“Celebrare il Natale senza Gesù vorrebbe dire cancellare la storia. Il Natale è nato per ricordare un evento che è una nascita, la nascita del Figlio di Dio nella carne. Festeggiare il 25 dicembre, data presunta della nascita di Cristo, non significa diventare tutti cristiani, ma semplicemente tenere presente il motivo per cui quel giorno è riconosciuto come festivo. E’ una questione di onestà intellettuale, che dovrebbe portarci almeno a chiederci: 'Ma chi è Gesù che ha diviso la storia in prima e dopo di Lui?'”.
Il presepe sembra essere sotto attacco. È una tradizione a cui possiamo permetterci di rinunciare? “Assistiamo oggi a delle vere e proprie assurdità. In nome di una laicità non corretta o del rispetto delle altre religioni e di coloro che non credono si pretende di escludere ogni riferimento a figure sacre, tra le quali il presepe. Ma assecondare queste pretese significa rinnegare la cultura, l’arte, la letteratura, le tradizioni di un Paese. Il presepe, dunque, è, per usare un’espressione di san Giovanni Paolo II, un elemento della nostra cultura e arte, segno di fede in Dio. E’ un simbolo attorno al quale gli uomini hanno lavorato con il cuore e l’intelligenza, facendone anche un’opera d’arte che richiama il primato dell’Amore, capace di fare aprire nel buio dell’odio in cui vive il mondo una luce di speranza, di pace e di benevolenza”.
Perché proprio i pastori ricevono il privilegio di essere testimoni della nascita del Messia?
“La Parola di Dio e la storia della Chiesa ci insegnano che il Signore, l’Onnipotente, il Santo, il Creatore sceglie sempre le persone più semplici per manifestarsi al suo popolo: ad esempio, la Vergine Maria, santa Bernardetta, i tre pastorelli di Fatima…Questa modalità rientra nella pedagogia di Dio il quale, per rendersi conoscibile ed amabile, si sveste della Sua potenza e si fa vicino e simile all’uomo in tutto, eccetto il peccato. Inoltre, i pastori sono immagine e figura di Cristo, che si presenterà al popolo ebraico come 'il buon pastore' che dona la vita per testimoniare la tenerezza e l’amore del Padre per tutti gli uomini”.
La nascita di Gesù non è una favola ma un fatto realmente accaduto. In che contesto storico si colloca?
“L’Evangelista Luca inserisce la nascita di Cristo in una cornice storica solenne e grandiosa. Ricorda che essa avvenne al tempo dell’Imperatore Ottaviano Augusto. Questi aveva posto fine ad una guerra civile che, per circa 100 anni, aveva devastato l’Impero romano. In ricordo della conquistata pace fece edificare un grande altare, che esiste ancora oggi: l’ Ara Pacis Augustae. Nel periodo in cui Augusto da Roma instaurava la 'sua' pace sul mondo, in Palestina un coro di angeli annunciava la 'pax Christi', la quale non coincideva con quella di Cesare. La tranquillità e l’ordine stabilito da Roma si fondava sulla forza delle armi, Cristo invece porta una pace fondata sull’amore, sulla giustizia e sull’uguaglianza di tutti gli uomini. Inoltre, la nascita di Cristo, che ha segnato l’inizio di una nuova storia, avvenne non a Roma, la capitale dell’Impero, ma a Betlemme un piccolo e sperduto paese della Giudea. Alla potenza di Roma, Dio contrappone l’amore inerme, l’umiltà e il nascondimento. Nascendo da una Vergine, il Figlio di Dio si è inserito in una famiglia, in un popolo, in una patria e, attraverso questi, è divenuto parte di tutta l’umanità. E’ stato un uomo concreto che ha amato profondamente tutto ciò che è proprio dell’uomo: il lavoro, l’amicizia, la famiglia, ed in particolare gli uomini, con i loro difetti, le loro debolezze ed il loro peccato”.
Come si può conciliare la povertà della grotta di Betlemme in cui nasce il Figlio di Dio con l'opulenza delle nostre città in questo preciso periodo dell'anno?
“Il pericolo che oggi corriamo è di dare al mistero dell’Incarnazione un valore sociologico e filantropico (amore per l’uomo), perdendo il suo vero significato che è teologico e cristologico. Il Natale ci rivela l’attenzione di Dio verso l’uomo. Noi tutti, ricchi o poveri, sani o malati, credenti o atei siamo assetati di ‘umano’, vorremmo, cioè, essere tutti più veri, più autentici, più capaci di amore. Chi può dare compimento a questo desiderio è il Signore Gesù perché Lui è l’uomo vero e perfetto in quanto non ha conosciuto il peccato. Cercare Lui, seguire Lui, accoglierLo nella nostra vita significa arricchire e potenziare la nostra umanità, perché Egli ci eleva alla dignità di figli di Dio. I santi Padri dicevano che Dio si fa uomo perché l’uomo diventi Dio. Può diventare fuorviante porsi davanti al Mistero con categorie sociologiche o pretendere di rinchiuderlo entro i nostri ristretti schemi mentali. Per vivere il Natale è sufficiente contemplare Gesù Bambino, stare in silenzio davanti a Lui per riempirsi della Sua presenza. Gesù appena nato dorme o piange, sicuramente non parla, non agisce, non fa nulla di utile. E’ presente e questo basta! Ha scritto von Balthasar: ‘Un Dio che per 30 anni è stato carpentiere e muratore, avrà cura anche delle macerie della mia anima’. Il Natale porta il mistero di Dio dentro la vita dell’uomo. Cristo viene per prendere su di sé tutta la nostra debolezza, la nostra impotenza, il nostro egoismo, il nostro peccato, i nostri fallimenti. L’Amore è ormai fra noi fino alla fine dei tempi e, pertanto, il mondo non è più un luogo oscuro, terremotato perché coloro che cercano giustizia, pace e gioia sanno dove trovarli. La nascita di Gesù costituisce un dono immenso che, se compreso e accettato sino in fondo, cambia la vita e rende la persona capace dell’’eroismo evangelico’. L’unica condizione perché questo miracolo avvenga è divenire cercatori appassionati ed onesti di Dio. Sono perciò esclusi ricchi insuperbiti, potenti crudeli, intellettuali orgogliosi che sicuramente troveranno tante motivazioni per rifiutare il Mistero che il Natale ci svela”.