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“No ai traditori della Chiesa che fanno i martiri”

Di seguito riportiamo il discorso pronunciato da Papa Francesco alla Curia Romana, in occasione della presentazione degli auguri natalizi.

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Cari fratelli e sorelle,
il Natale ĆØ la festa della fede nel Figlio di Dio che si ĆØ fatto uomo per ridonare allā€™uomo la sua dignitĆ  filiale, perduta a causa del peccato e della disobbedienza. Il Natale ĆØ la festa della fede nei cuori che si trasformano in mangiatoia per ricevere Lui, nelle anime che permettono a Dio di far germogliare dal tronco della loro povertĆ  il virgulto di speranza, di caritĆ  e di fede.

Quella di oggi ĆØ una nuova occasione per scambiarci gli auguri natalizi e auspicare per tutti voi, per i vostri collaboratori, per i Rappresentanti pontifici, per tutte le persone che prestano servizio nella Curia e per tutti i vostri cari un santo e gioioso Natale e un felice Anno Nuovo. Che questo Natale ci apra gli occhi per abbandonare il superfluo, il falso, il malizioso e il finto, e per vedere lā€™essenziale, il vero, il buono e lā€™autentico. Tanti auguri davvero!

Cari fratelli,
avendo parlato in precedenza della Curia romana ad intra, desidero questā€™anno condividere con voi alcune riflessioni sulla realtĆ  della Curia ad extra, ossia il rapporto della Curia con le Nazioni, con le Chiese particolari, con le Chiese Orientali, con il dialogo ecumenico, con lā€™ebraismo, con lā€™Islam e le altre religioni, cioĆØ con il mondo esterno.

Le mie riflessioni si basano certamente sui principi basilari e canonici della Curia, sulla stessa storia della Curia, ma anche sulla visione personale che ho cercato di condividere con voi nei discorsi degli ultimi anni, nel contesto dellā€™attuale riforma in corso.

E parlando della riforma mi viene in mente lā€™espressione simpatica e significativa di Mons. FrĆ©dĆ©ric-FranƧois-Xavier De MĆ©rode: Ā«Fare le ā€Žriforme a Roma ĆØ come pulire la Sfinge dā€™Egitto con uno spazzolino da dentiĀ».ā€Ž CiĆ² evidenzia quanta pazienza, dedizione e delicatezza occorrano per raggiungere tale obbiettivo, in quanto la Curia ĆØ unā€™istituzione antica, complessa, venerabile, composta da uomini provenienti da diverse culture, lingue e costruzioni mentali e che, strutturalmente e da sempre, ĆØ legata alla funzione primaziale del Vescovo di Roma nella Chiesa, ossia allā€™ufficio ā€œsacroā€ voluto dallo stesso Cristo Signore per il bene dellā€™intero corpo della Chiesa, (ad bonum totius corporis).

Lā€™universalitĆ  del servizio della Curia, dunque, proviene e scaturisce dalla cattolicitĆ  del Ministero petrino. Una Curia chiusa in sĆ© stessa tradirebbe lā€™obbiettivo della sua esistenza e cadrebbe nellā€™autoreferenzialitĆ , condannandosi allā€™autodistruzione. La Curia, ex natura, ĆØ progettata ad extra in quanto e finchĆ© legata al Ministero petrino, al servizio della Parola e dellā€™annuncio della Buona Novella: il Dio Emmanuele, che nasce tra gli uomini, che si fa uomo per mostrare a ogni uomo la sua vicinanza viscerale, il suo amore senza limiti e il suo desiderio divino che tutti gli uomini siano salvi e arrivino a godere della beatitudine celeste (cfr 1 Tm 2,4); il Dio che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi (cfr Mt 5,45); il Dio che non ĆØ venuto per essere servito ma per servire (cfr Mt 20,28); il Dio che ha costituito la Chiesa per essere nel mondo, ma non del mondo, e per essere strumento di salvezza e di servizio.

Proprio pensando a questa finalitĆ  ministeriale, petrina e curiale, ossia di servizio, salutando di recente i Padri e Capi delle Chiese Orientali Cattoliche, ho fatto ricorso allā€™espressione di un ā€œprimato diaconaleā€, rimandando subito allā€™immagine diletta di San Gregorio Magno del Servus servorum Dei. Questa definizione, nella sua dimensione cristologica, ĆØ anzitutto espressione della ferma volontĆ  di imitare Cristo, il quale assunse la forma di servo (cfr Fil 2,7ā€Ž). Benedetto XVI, quando ne parlĆ², disse che sulle labbra di Gregorio questa frase non era Ā«una pia formula, ma la vera manifestazione del suo modo di vivere e di agire. Egli era intimamente colpito dallā€™umiltĆ  di Dio, che in Cristo si ĆØ fatto nostro servo, ci ha lavato e ci lava i piedi sporchiĀ».

Analogo atteggiamento diaconale deve caratterizzare anche quanti, a vario titolo, operano nellā€™ambito della Curia romana la quale, come ricorda anche il Codice di Diritto Canonico, agendo nel nome e con lā€™autoritĆ  del Sommo Pontefice, Ā«adempie alla propria funzione per il bene e al servizio delle ChieseĀ» (can. 360; cfr CCEO can. 46).

Primato diaconale ā€œrelativo al Papaā€; e altrettanto diaconale, di conseguenza, ĆØ il lavoro che si svolge allā€™interno della Curia romana ad intra e allā€™esterno ad extra. Questo tema della diaconia ministeriale e curiale mi riporta a un antico testo presente nella Didascalia Apostolorum, dove si afferma: il Ā«diacono sia lā€™orecchio e la bocca del Vescovo, il suo cuore e la sua animaĀ», poichĆ© a questa concordia ĆØ legata la comunione, lā€™armonia e la pace nella Chiesa, in quanto il diacono ĆØ il custode del servizio nella Chiesa. Non credo sia per caso che lā€™orecchio ĆØ lā€™organo dellā€™udito ma anche dellā€™equilibrio; e la bocca lā€™organo dellā€™assaporare e del parlare.

Un altro antico testo aggiunge che i diaconi sono chiamati a essere come gli occhi del Vescovo[8]. Lā€™occhio guarda per trasmettere le immagini alla mente, aiutandola a prendere le decisioni e a dirigere per il bene di tutto il corpo.

La relazione che da queste immagini si puĆ² dedurre ĆØ quella di comunione di filiale obbedienza per il servizio al popolo santo di Dio. Non cā€™ĆØ dubbio, poi, che tale devā€™essere anche quella che esiste tra tutti quanti operano nella Curia romana, dai Capi Dicastero e Superiori agli ufficiali e a tutti. La comunione con Pietro rafforza e rinvigorisce la comunione tra tutti i membri.

Da questo punto di vista, il richiamo ai sensi dellā€™organismo umano aiuta ad avere il senso dellā€™estroversione, dellā€™attenzione a quello che cā€™ĆØ fuori. Nellā€™organismo umano, infatti, i sensi sono il nostro primo legame con il mondo ad extra, sono come un ponte verso di esso; sono la nostra possibilitĆ  di relazionarci. I sensi ci aiutano a cogliere il reale e ugualmente a collocarci nel reale. Non a caso Santā€™Ignazio di Loyola ha fatto ricorso ai sensi nella contemplazione dei Misteri di Cristo e della veritĆ .

Questo ĆØ molto importante per superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtĆ  rappresentano ā€“ nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni ā€“ un cancro che porta allā€™autoreferenzialitĆ , che si infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano. Quando questo avviene, perĆ², si perde la gioia del Vangelo, la gioia di comunicare il Cristo e di essere in comunione con Lui; si perde la generositĆ  della nostra consacrazione (cfr At 20,35 e 2 Cor 9,7).

Permettetemi qui di spendere due parole su un altro pericolo, ossia quello dei traditori di fiducia o degli approfittatori della maternitĆ  della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma ā€“ non comprendendo lā€™elevatezza della loro responsabilitĆ  ā€“ siĀ  lasciano corrompere dallā€™ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del ā€œPapa non informatoā€, della ā€œvecchia guardiaā€ā€¦, invece di recitare il ā€œmea culpaā€. Accanto a queste persone ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dĆ  tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa unā€™opportunitĆ  per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande maggioranza di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltĆ , competenza, dedizione e anche tanta santitĆ .

ƈ opportuno, allora, tornando allā€™immagine del corpo, evidenziare che questi ā€œsensi istituzionaliā€, cui potremmo in qualche modo paragonare i Dicasteri della Curia romana, devono operare in maniera conforme alla loro natura e alla loro finalitĆ : nel nome e con lā€™autoritĆ  del Sommo Pontefice e sempre per il bene e al servizio delle Chiese. Essi sono chiamati ad essere nella Chiesa come delle fedeli antenne sensibili: emittenti e riceventi.

Antenne emittenti in quanto abilitate a trasmettere fedelmente la volontĆ  del Papa e dei Superiori. La parola ā€œfedeltĆ ā€Ā per quanti operano presso la Santa Sede Ā«assume un carattere particolare, dal momento che essi pongono al servizio del Successore di Pietro buona parte delle proprie energie, del proprio tempo e del proprio ministero quotidiano. Si tratta di una grave responsabilitĆ , ma anche di un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che ĆØ ben espresso proprio dalla parola ā€œfedeltĆ ā€Ā».

Lā€™immagine dellā€™antenna rimanda altresƬ allā€™altro movimento, quello inverso, ossia del ricevente. Si tratta di cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma al fine di permettergli di svolgere piĆ¹ efficacemente il suo compito e la sua missione di Ā«principio e fondamento perpetuo e visibile dellā€™unitĆ  di fede e di comunioneĀ». Con tale recettivitĆ , che ĆØ piĆ¹ importante dellā€™aspetto precettivo, i Dicasteri della Curia romana entrano generosamente in quel processo di ascolto e di sinodalitĆ  di cui ho giĆ  parlato.

Cari fratelli e sorelle,
ho fatto ricorso allā€™espressione ā€œprimato diaconaleā€, allā€™immagine del corpo, dei sensi e dellā€™antenna per spiegare che proprio per raggiungere gli spazi dove lo Spirito parla alle Chiese (cioĆØ la storia) e per realizzare lo scopo dellā€™operare (la salus animarum) risulta necessario, anzi indispensabile, praticare il discernimento dei segni dei tempi, la comunione nel servizio, la caritĆ  nella veritĆ , la docilitĆ  allo Spirito e lā€™obbedienza fiduciosa ai Superiori.

Forse ĆØ utile qui ricordare che gli stessi nomi dei diversi Dicasteri e degli Uffici della Curia romana lasciano intendere quali siano le realtĆ  a favore delle quali debbono operare. Si tratta, a ben vedere, di azioni fondamentali e importanti per tutta la Chiesa e direi per il mondo intero.

Essendo lā€™operato della Curia davvero molto ampio, mi limiterei questa volta a parlarvi genericamente della Curia ad extra, cioĆØ di alcuni aspetti fondamentali, selezionati, a partire dai quali non sarĆ  difficile, nel prossimo futuro, elencare e approfondire gli altri campi dellā€™operato della Curia.

In questo campo gioca un ruolo fondamentale la Diplomazia Vaticana, che ĆØ la ricerca sincera e costante di rendere la Santa Sede un costruttore di ponti, di pace e di dialogo tra le Nazioni. Ed essendo una Diplomazia al servizio dellā€™umanitĆ  e dellā€™uomo, della mano tesa e della porta aperta, essa si impegna nellā€™ascoltare, nel comprendere, nellā€™aiutare, nel sollevare e nellā€™intervenire prontamente e rispettosamente in qualsiasi situazione per avvicinare le distanze e per intessere la fiducia. Lā€™unico interesse della Diplomazia Vaticana ĆØ quello di essere libera da qualsiasi interesse mondano o materiale.

La Santa Sede quindi ĆØ presente sulla scena mondiale per collaborare con tutte le persone e le Nazioni di buona volontĆ  e per ribadire sempre lā€™importanza di custodire la nostra casa comune da ogni egoismo distruttivo; per affermare che le guerre portano solo morte e distruzione; per attingere dal passato i necessari insegnamenti che aiutano a vivere meglio il presente, a costruire solidamente il futuro e a salvaguardarlo per le nuove generazioni.

Gli incontri con i Capi delle Nazioni e con le diverse Delegazioni, insieme ai Viaggi Apostolici, ne sono il mezzo e lā€™obbiettivo.

Ecco perchĆ© ĆØ stata costituita la Terza Sezione della Segreteria di Stato, con la finalitĆ  di dimostrare lā€™attenzione e la vicinanza del Papa e dei Superiori della Segreteria di Stato al personale di ruolo diplomatico e anche ai religiosi e alle religiose, ai laici e alle laiche che prestano lavoro nelle Rappresentanze Pontificie. Una Sezione che si occupa delle questioni attinenti alle persone che lavorano nel servizio diplomatico della Santa Sede o che vi si preparano, in stretta collaborazione con la Sezione per gli Affari Generali e con la Sezione per i Rapporti con gli Stati.

Questa particolare attenzione si basa sulla duplice dimensione del servizio del personale diplomatico di ruolo: pastori e diplomatici, al servizio delle Chiese particolari e delle Nazioni ove operano.

Il rapporto che lega la Curia alle Diocesi e alle Eparchie ĆØ di primaria importanza. Esse trovano nella Curia Romana il sostegno e il supporto necessario di cui possono avere bisogno. ƈ un rapporto che si basa sulla collaborazione, sulla fiducia e mai sulla superioritĆ  o sullā€™avversitĆ . La fonte di questo rapporto ĆØ nel Decreto conciliare sul ministero pastorale dei Vescovi, dove piĆ¹ ampiamente si spiega che quello della Curia ĆØ un lavoro svolto Ā«a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastoriĀ».

La Curia romana, dunque, ha come suo punto di riferimento non soltanto il Vescovo di Roma, da cui attinge autoritĆ , ma pure le Chiese particolari e i loro Pastori nel mondo intero, per il cui bene opera e agisce.

A questa caratteristica di Ā«servizio al Papa e ai Vescovi, alla Chiesa universale, alle Chiese particolariĀ» e al mondo intero, ho fatto richiamo nel primo di questi nostri annuali incontri, quando sottolineai che Ā«nella Curia romana si apprende, ā€œsi respiraā€ in modo speciale questa duplice dimensione della Chiesa, questa compenetrazione tra lā€™universale e il particolareĀ»; e aggiunsi: Ā«penso che sia una delle esperienze piĆ¹ belle di chi vive e lavora a RomaĀ».

Le visite ad limina Apostolorum, in questo senso, rappresentano una grande opportunitĆ  di incontro, di dialogo e reciproco arricchimento. Ecco perchĆ© ho preferito, incontrando i Vescovi, avere un dialogo di reciproco ascolto, libero, riservato, sincero che va oltre gli schemi protocollari e lā€™abituale scambio di discorsi e di raccomandazioni. ƈ importante anche il dialogo tra i Vescovi e i diversi Dicasteri. Questā€™anno, riprendendo le visite ad limina, dopo l'anno del Giubileo, i Vescovi mi hanno confidato che sono stati ben accolti e ascoltati da tutti i Dicasteri. Questo mi rallegra tanto, e ringrazio i Capi Dicastero qui presenti.

Permettetemi anche qui, in questo particolare momento della vita della Chiesa, di richiamare la nostra attenzione alla prossima XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata sul tema ā€œI giovani, la fede e il discernimento vocazionaleā€. Chiamare la Curia, i Vescovi e tutta la Chiesa a portare una speciale attenzione alle persone dei giovani, non vuol dire guardare soltanto a loro, ma anche mettere a fuoco un tema nodale per un complesso di relazioni e di urgenze: i rapporti intergenerazionali, la famiglia, gli ambiti della pastorale, la vita sociale… Lo annuncia chiaramente il Documento preparatorio nella sua introduzione: Ā«La Chiesa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata allā€™amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalitĆ  oggi piĆ¹ efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrĆ  percepire la voce del Signore che risuona anche oggi. Come un tempo Samuele (cfr 1 Sam 3,1-21) e Geremia (cfr Ger 1,4-10), anche oggi ci sono giovani che sanno scorgere quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita. Ascoltando le loro aspirazioni possiamo intravedere il mondo di domani che ci viene incontro e le vie che la Chiesa ĆØ chiamata a percorrereĀ».

Lā€™unitĆ  e la comunione che dominano il rapporto della Chiesa di Roma e le Chiese Orientali rappresentano un concreto esempio di ricchezza nella diversitĆ  per tutta la Chiesa. Esse, nella fedeltĆ  alle proprie Tradizioni bimillenarie e nella ecclesiastica communio, sperimentano e realizzano la preghiera sacerdotale di Cristo (cfr Gv 17).Ā 

In questo senso, nellā€™ultimo incontro con i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali, parlando del ā€œprimato diaconaleā€, ho evidenziato anche lā€™importanza di approfondire e di revisionare la delicata questione dellā€™elezione dei nuovi Vescovi ed Eparchi che deve corrispondere, da una parte, allā€™autonomia delle Chiese Orientali e, allo stesso tempo, allo spirito di responsabilitĆ  evangelica e al desiderio di rafforzare sempre di piĆ¹ lā€™unitĆ  con la Chiesa Cattolica. Ā«Il tutto, nella piĆ¹ convinta applicazione di quella autentica prassi sinodale, che ĆØ distintiva delle Chiese dā€™OrienteĀ». Lā€™elezione di ogni Vescovo deve rispecchiare e rafforzare lā€™unitĆ  e la comunione tra il Successori di Pietro e tutto il collegio episcopale.

Il rapporto tra Roma e lā€™Oriente ĆØ di reciproco arricchimento spirituale e liturgico. In realtĆ , la Chiesa di Roma non sarebbe davvero cattolica senza le inestimabili ricchezze delle Chiese Orientali e senza la testimonianza eroica di tanti nostri fratelli e sorelle orientali che purificano la Chiesa accettando il martirio e offrendo la loro vita per non negare Cristo.

Ci sono pure degli spazi nei quali la Chiesa Cattolica, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, ĆØ particolarmente impegnata. Fra questi lā€™unitĆ  dei cristiani che Ā«ĆØ unā€™esigenza essenziale della nostra fede, unā€™esigenza che sgorga dallā€™intimo del nostro essere credenti in GesĆ¹ CristoĀ». Si tratta sƬ di un ā€œcamminoā€ ma, come piĆ¹ volte ĆØ stato ripetuto anche dai miei Predecessori, ĆØ un cammino irreversibile e non in retromarcia. ā€œLā€™unitĆ  si fa camminando, per ricordare che quando camminiamo insieme, cioĆØ ci incontriamo come fratelli, preghiamo insieme, collaboriamo insieme nellā€™annuncio del Vangelo e nel servizio agli ultimi siamo giĆ  uniti. Tutte le divergenze teologiche ed ecclesiologiche che ancora dividono i cristiani saranno superate soltanto lungo questa via, senza che noi oggi sappiamo come e quando, ma ciĆ² avverrĆ  secondo quello che lo Spirito Santo vorrĆ  suggerire per il bene della ChiesaĀ».

La Curia opera in questo campo per favorire lā€™incontro con il fratello, per sciogliere i nodi delle incomprensioni e delle ostilitĆ , e per contrastare i pregiudizi e la paura dellā€™altro che hanno impedito di vedere la ricchezza della e nella diversitĆ  e la profonditĆ  del Mistero di Cristo e della Chiesa che resta sempre piĆ¹ grande di qualsiasi espressione umana.

Gli incontri avvenuti con i Papi, i Patriarchi e i Capi delle diverse Chiese e ComunitĆ  mi hanno sempre riempito di gioia e di gratitudine.

Il rapporto della Curia Romana con le altre religioni si basa sullā€™insegnamento del Concilio Vaticano II e sulla necessitĆ  del dialogo. Ā«PerchĆ© lā€™unica alternativa alla civiltĆ  dellā€™incontro ĆØ lā€™inciviltĆ  dello scontroĀ». Il dialogo ĆØ costruito su tre orientamenti fondamentali: Ā«il dovere dellā€™identitĆ , il coraggio dellā€™alteritĆ  e la sinceritĆ  delle intenzioni. Il dovere dellā€™identitĆ , perchĆ© non si puĆ² imbastire un dialogo vero sullā€™ambiguitĆ  o sul sacrificare il bene per compiacere lā€™altro; il coraggio dellā€™alteritĆ , perchĆ© chi ĆØ differente da me, culturalmente o religiosamente, non va visto e trattato come un nemico, ma accolto come un compagno di strada, nella genuina convinzione che il bene di ciascuno risiede nel bene di tutti; la sinceritĆ  delle intenzioni, perchĆ© il dialogo, in quanto espressione autentica dellā€™umano, non ĆØ una strategia per realizzare secondi fini, ma una via di veritĆ , che merita di essere pazientemente intrapresa per trasformare la competizione in collaborazioneĀ».

Gli incontri avvenuti con le autoritĆ  religiose, nei diversi viaggi apostolici e negli incontri in Vaticano, ne sono la concreta prova.

Questi sono soltanto alcuni aspetti, importanti ma non esaurenti, dellā€™operato della Curia ad extra. Oggi ho scelto questi aspetti, legati al tema del ā€œprimato diaconaleā€, dei ā€œsensi istituzionaliā€ e delle ā€œfedeli antenne emittenti e riceventiā€.

Cari fratelli e sorelle,
come ho iniziato questo nostro incontro parlando del Natale come festa della fede, vorrei concluderlo evidenziando che il Natale ci ricorda perĆ² che una fede che non ci mette in crisi ĆØ una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere ĆØ una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga ĆØ una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima ĆØ una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge ĆØ una fede che deve essere sconvolta. In realtĆ , una fede soltanto intellettuale o tiepida ĆØ solo una proposta di fede, che potrebbe realizzarsi quando arriverĆ  a coinvolgere il cuore, lā€™anima, lo spirito e tutto il nostro essere, quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e il lusso, ma tra i poveri e gli umili.

Angelo Silesio, nel suo Il Pellegrino cherubico, scrisse: Ā«Dipende solo da te: Ah, potesse il tuo cuore diventare una mangiatoia! Dio nascerebbe bambino di nuovo sulla terraĀ».

Con queste riflessioni rinnovo i miei piĆ¹ fervidi auguri natalizi a voi e a tutti i vostri cari.

Grazie!

Vorrei, come dono di Natale, lasciarvi questa versione italiana dellā€™opera del Beato Padre Maria Eugenio di GesĆ¹ Bambino Je veux voir Dieu: Voglio vedere Dio. ƈ unā€™opera di teologia spirituale, farĆ  bene a tutti noi. Forse non leggendola tutta, ma cercando nellā€™indice quel punto che piĆ¹ interessa o del quale ho piĆ¹ bisogno. Spero che sia di profitto per tutti noi.

E poi ĆØ stato tanto generoso il Cardinale Piacenza che, con il lavoro della Penitenzieria, anche di Mons. Nykiel, ha fatto questo libro: La festa del perdono, come risultato del Giubileo della Misericordia; e lui ha voluto pure regalarlo. Grazie al Cardinale Piacenza e alla Penitenzieria Apostolica. Daranno questo allā€™uscita a tutti voi.

Grazie!

[Benedizione]

E, per favore, pregate per me.

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