Niger, il calvario di un contadino cristiano sequestrato dai fondamentalisti islamici

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In Niger c’è un calvario ignorato. Quello dei cristiani sequestrati dai jihadisti nella stessa zona dove il 17 settembre 2018 è stato rapito padre Pierluigi Maccalli. A raccontarla all’agenzia missionaria vaticana Fides è il suo confratello padre Mauro Armanino.

Inferno Niger

Il missionario della Società delle Missioni Africane (SMA) opera in Niger. Il religioso riporta la testimonianza sul calvario di un contadino cristiano. “Gli hanno detto di scegliere l’arma con la quale ucciderlo. Il suo machete o il loro kalashnikov- spiega padre Armarino-. Lui ha risposto che mai vorrebbe essere ucciso col suo amato strumento di lavoro. E che preferiva la loro arma. Gliel’hanno dunque puntata contro. E lui ha fatto un segno di croce. Il militante jihadista ha abbassato l’arma. E gli ha chiesto se era cristiano”.

Prigionieri

Prosegue il racconto del religioso: “Alla sua risposta affermativa gli è stato detto che avrebbero dovuto attendere il loro capo. Per prendere la decisione finale. Giunto sul posto dopo qualche giorno il capo lo ha interrogato sull’uso del telefono cellulare. Se aveva chiamato i militari o la polizia perché questo gli sarebbe costato la vita. Ha risposto che lui, povero contadino, non ha contatti coi militari. Ma che aveva semplicemente salutato un amico. Dopo aver controllato il suo cellulare lo hanno risparmiato e condotto fino al gruppo dei prigionieri. Dopo ore di viaggio nella foresta”.

Picchiati e minacciati di morte

Aggiunge padre Mauro Armanino a Fides: “Gli ostaggi erano numerosi, musulmani e cristiani. Questi ultimi, contrariamente agli altri, erano legati, battuti e minacciati. I musulmani, d’altro canto, erano liberi di muoversi. E financo di pregare secondo le ore stabilite. Lui è stato infine rilasciato ed ha camminato per mezza giornata fino al suo villaggio presso la frontiera col Burkina Faso. Era stato arrestato oltre un mese prima. Mentre riportava a casa alcuni rami che aveva tagliato per riparare il suo granaio. I gruppi armati della zona hanno vietato ai contadini di tagliare alberi. Non si tratta di spirito ecologico ma semplicemente di sopravvivenza. Poiché i militanti di questi gruppi trovano riparo in ciò che rimane di una rigogliosa foresta del passato”.

Paola Anderlucci: