In Myanmar infuria la guerra civile nell’indifferenza del mondo. La violenza negli Stati birmani di Kayah e Kayin si è riaccesa dopo il golpe del febbraio 2021. Ma si è intensificata dal dicembre scorso al marzo 2022. Il risultato è l’uccisione di centinaia di civili e la presenza di 150.000 sfollati. L’agenzia missionaria vaticana Fides evidenzia che sono i civili a pagare il prezzo più elevato. Con continui omicidi, saccheggi e incendi. Che hanno tutte le caratteristiche della tattica di “punizione collettiva”. A testimoniarlo è il rapporto di Amnesty International. Si intitola “Pallottole piovute dal cielo. Crimini di guerra e sfollamento nell’Est del Myanmar”. Ed è l’inchiesta condotta dalla ong nei due Stati Kayin e Kayah. Nell’area orientale birmana. Al confine con la Thailandia. Grande è la sofferenza anche della minoranza cristiana nel martoriato paese asiatico.
Catastrofe Myanmar
“Tatmadaw” è l’esercito che risponde alla giunta militare. E ha sottoposto i civili Karen e Karenni (presenti in quegli stati) a “punizioni collettive attraverso diffusi attacchi aerei e terrestri. Detenzioni arbitrarie che spesso sfociano in torture. O in esecuzioni extragiudiziali. E il sistematico saccheggio e incendio di villaggi”. Tatmadaw “ha commesso sistematicamente atrocità diffuse. Come l’uccisione illegale. La detenzione arbitraria. E lo sfollamento forzato di civili”. Un simile operato è passibile dell’accusa di “crimini di guerra. E crimini contro l’umanità”. Per via di continui omicidi. Saccheggi. E incendi “che hanno tutte le caratteristiche della tattica di punizione collettiva tipica dell’esercito”. Alcuni attacchi sembrano aver preso di mira direttamente i civili. In quanto presunti sostenitori di gruppi armati o della rivolta post-golpe. In altri casi, l’esercito ha sparato indiscriminatamente in aree civili. Dove si trovavano anche obiettivi militari. Tali attacchi violano il diritto umanitario internazionale. E costituiscono “crimini di guerra”.