Myanmar, l’appello di Francesco per gli sfollati

Il conflitto nello stato Rakhine aggrava la crisi dei Rohingya

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Birmania. Immagine di repertorio. Foto di Anika De Klerk su Unsplash

Sos Myanmar. Ai Rohingya il Papa chiese perdono da parte del mondo intero nel corso della sua visita in Bangladesh nel 2017. Francesco, evidenzia l’agenzia missionaria vaticana Fides, ha continuato lanciare appelli per il rispetto della loro dignità e dei loro diritti. “Nuovi problemi di sicurezza e le incertezze sui finanziamenti compromettono tutti gli aiuti”, avverte l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur). L’ammontare di 852 milioni di dollari annui, necessari per assistere circa 1,3 milioni di persone, non ha trovato la copertura dei finanziamenti internazionali. Per questo le razioni alimentari agli sfollati sono state ridotte, i centri sanitari sono carenti di personale medico e  medicinali, la bassa qualità dell’acqua causa epidemie di colera ed epatite. L’accesso di organizzazioni umanitarie in  Rakhine è diventato estremamente difficile, nota l’Unicef. I servizi essenziali, come l’accesso all’acqua potabile e all’assistenza sanitaria, sono a rischio, aggravati dai blackout di elettricità e telecomunicazioni, il che un impatto sia sulle attività civili che sulle operazioni umanitarie. Oltre frontiera, in Bangladesh, la vita in campi profughi appare molto critica. Per le  difficoltà nella distribuzione di beni di prima necessità e la mancanza di istruzione, sviluppo, reinserimento sociale o occupazione per offrire un futuro agli sfollati.

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La Birmania o Myanmar. Foto di Christian Holzinger su Unsplash

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La comunità dipende interamente dall’assistenza umanitaria e vive in rifugi temporanei in campi altamente congestionati.  “Il sostegno continuo del Bangladesh alla popolazione rifugiata – soprattutto ai bambini, circa 500mila – è fondamentale”, ha dichiarato l’Unicef. Segnalando violazioni dei diritti dei bambini in quella situazione. In Bangladesh, attraversato dalla crisi politica culminata con la fuga dell’ex presidente Sheikh Hasina, il governo provvisorio di Muhammad Yunus ha mostrato una certa solidarietà verso i rifugiati Rohingya.  Un ritorno “dignitoso, volontario e sostenibile” in Myanmar resta la soluzione ricercata dalle autorità, ma non vi sono le condizioni sul terreno per renderla possibile, data l’escalation del conflitto che, in Myanmar, ha peggiorato le condizioni dei Rohingya rimasti nei distretti originari. In attesa di una soluzione, la vita per i Rohingya resta sospesa. E sia in Bangladesh che in Myanmar, nota l’Acnur, c’è bisogno di  “un sostegno globale ampio e sistematico” da parte della comunità internazionale.