Qual è lo scopo dei canti nella liturgia? “Aiutare l’assemblea liturgica e il popolo di Dio a percepire e partecipare, con tutti i sensi, fisici e spirituali, al mistero di Dio. La musica sacra e il canto liturgico hanno il compito di donarci il senso della gloria di Dio, della sua bellezza, della sua santità che ci avvolge come una nube luminosa”. Lo ha detto Papa Francesco ricevendo i partecipanti al Convegno Internazionale di Musica Sacra, organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura presieduto dal cardinale Ravasi sul tema “Musica e Chiesa: culto e cultura a 50 anni dalla Musicam sacram”. Un incontro aperto proprio dal canto “Tu es Petrus” e dal saluto del porporato.
Un tema che dopo la riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II non ha più visto la pubblicazione di documenti magisteriali pur essendo stato oggetto di diversi interventi pontifici. Un aspetto di grande rilievo per la liturgia rispetto al quale non sono purtroppo mancati abusi e distorsioni. Lo stesso Francesco, nel suo discorso, ha ammesso che “l’incontro con la modernità e l’introduzione delle lingue parlate nella Liturgia ha sollecitato tanti problemi: di linguaggi, di forme e di generi musicali. Talvolta è prevalsa una certa mediocrità, superficialità e banalità, a scapito della bellezza e intensità delle celebrazioni liturgiche”. Pertanto, “i vari protagonisti di questo ambito, musicisti e compositori, direttori e coristi di scholae cantorum, animatori della liturgia, possono dare un prezioso contributo al rinnovamento, soprattutto qualitativo, della musica sacra e del canto liturgico. Per favorire questo percorso, occorre promuovere un’adeguata formazione musicale, anche in quanti si preparano a diventare sacerdoti, nel dialogo con le correnti musicali del nostro tempo, con le istanze delle diverse aree culturali, e in atteggiamento ecumenico”.
Riguardo alla musica sacra, il S. Padre ha ricordato che “emerge una duplice missione che la Chiesa è chiamata a perseguire, specialmente attraverso quanti a vario titolo operano in questo settore. Si tratta, per un verso, di salvaguardare e valorizzare il ricco e multiforme patrimonio ereditato dal passato, utilizzandolo con equilibrio nel presente ed evitando il rischio di una visione nostalgica o “archeologica”. D’altra parte, è necessario fare in modo che la musica sacra e il canto liturgico siano pienamente “inculturati” nei linguaggi artistici e musicali dell’attualità; sappiano, cioè, incarnare e tradurre la Parola di Dio in canti, suoni, armonie che facciano vibrare il cuore dei nostri contemporanei, creando anche un opportuno clima emotivo, che disponga alla fede e susciti l’accoglienza e la piena partecipazione al mistero che si celebra”.