Un'omelia toccante quella del Santo Padre Francesco durante la Santa Messa nella memoria liturgica del beato don Pino Puglisi. Un invito a seguire l'esempio del sacerdote siciliano, a fare nostra l'essenza del sorriso di Dio, a fare di noi stessi un veicolo di evangelizzazione e testimonianza soprattutto nei contesti in cui la speranza sembra lasciare il posto alla paura. E, nel ringraziare il Papa al termine della celebrazione, l'arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, ha tenuto a dire che la comunitĆ “sta camminando sulle orme del beato: nella sua immagine si rispecchiano oggi la Chiesa di Palermo e le Chiese di Sicilia. Da lui, dal nostro '3P', impariamo a porre al centro della nostra esistenza la Parola di Dio”. Un esempio, quello di don Puglisi, “da cui impariamo la gentilezza, la cordialitĆ e la mitezza che fanno intimamente parte della vita cristiana. Dalla sua profonda fede, dalla sua bella umanitĆ sgorgavano quell'accoglienza che sorrideva ad ogni uomo e quella inspiegabile, inesauribile forza che produceva cambiamenti sociali in una realtĆ in cui era a rischio la sopravvivenza stessa dell'umano”.
Un uomo di Brancaccio
Nato e cresciuto nel quartiere di Brancaccio, a Palermo, dove era tornato per offrire un'alternativa di fede e speranza ai ragazzi costretti a diventare grandi sotto il giogo della criminalitĆ organizzata, don Pino riuscƬ a trasmettere ai piĆ¹ giovani un modello concreto di evangelizzazione, fatta di gesti tanto semplici quanto importanti: “Il suo impegno, la sua testimonianza finale a Brancaccio – ha detto ancora mons. Lorefice –Ā sono germogliati da questa costante tensione a comprendere quanto succedeva attorno a lui alla luce del Vangelo. Uno sguardo luminoso che vogliamo far nostro davanti ai poteri che schiacciano l'uomo, alla mafia e a tutte le mafie, davanti alle ingiustizie del mondo che Palermo ha sperimentato nella sua carne quando ha visto uccidere uomini leali e coraggiosi, quando ha visto giungere nei nostri porti gli ultimi della Terra, in cerca di riscatto e di giustizia”.
“Tanti seguono le sue orme”
Strumento imprescindibile per don Pino era il Padre Nostro: “Era una regola di vita, capace di produrre una cultura della convivenza, di conciliare nella fraternitĆ universale la condivisione del pane e del perdono. Da lui – ha detto ancoraĀ l'arcivescovo – la nostra Chiesa impara che cosa significa stare accanto alla gente, e in primo luogo ai giovani, a Lei, Santo Padre, cosƬ cari. Don Pino ĆØ per loro un modello, perchĆ© sapeva coniugare innocenza ed esperienza”. Il sacerdote palermitano, infatti, “era mite infatti, ma non ingenuo: 'Me l'aspettavo', dice ai suoi assassini. Chi cerca di vivere ed annunciare il Vangelo – lui lo sapeva – impara la freschezza del bambino e la forza del martire, pronto con il sorriso ad affrontare persecuzioni, calunnie e anche la morte”. Per Don Pino “si trattava di vivere un radicale consegnarsi, un essere dentro la sua terra, la sua storia, la sua gente, come il pastore che si porta addosso l'odore delle pecore… A Palermo e in tutta la Sicilia – ha concluso -, tanti cristiani seguono le orme del Beato Puglisi, si nutrono della Parola e colgono nei poveri, negli ultimi, ogni giorno, la presenza di Dio”.