Chiesa Cattolica

Mongolia, l’evangelizzazione “in un Paese con un solo sacerdote autoctono”

“Un conto e vivere in luoghi in cui la Chiesa è istituita con tutti i carismi e i ministeri, e un conto è avere una Chiesa con un solo sacerdote autoctono, come accade da noi in Mongolia- dichiara all’agenzia missionaria vaticana Fides il cardinale Giorgio Marengo-. Un conto è trovarsi in società estremamente critiche del cristianesimo, per il peso della storia. E un contro è interagire con società che non sono di per se contrarie e ipercritiche verso la Chiesa, perché le loro storie non si sono mai intrecciate”. Aggiunge il porporato: “Nei diversi contesti e situazioni, la missione del primo annuncio è quella che comunque fa sperimentare la novità della fede cristiana. Sia quando ciò avviene in contesti che non si sono storicamente confrontati con essa. Sia quando essa viene riscoperta come novità in luoghi dove ha plasmato generazioni precedenti, ma ora è in qualche modo evaporata dall’orizzonte comune“.

Foto di Tom Schuller su Unsplash

Missione-Mongolia

“Esiste una specificità del primo annuncio del Vangelo. E quando si riflette sulla missione della Chiesa, io vorrei spezzare una lancia a favore di questa specificità”, che “non va evaporata in un discorso troppo generico sulla missione”. Inizia Ottobre, il mese che la Chiesa dedica, oltre che al Rosario, anche alla missione. E il cardinale Giorgio Marengo, missionario della Consolata, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, approfitta dell’occasione per condividere in una conversazione con l’agenzia Fides spunti luminosi e carichi di passione apostolica per l’opera missionaria. Anche quest’anno, come accade spesso, l’”Ottobre missionario” si intreccia coi lavori a Roma della Assemblea del Sinodo dei Vescovi, a cui prende parte anche il cardinale Marengo. Che spiega: “La riscoperta della chiamata a essere tutti missionari, iscritta nel battesimo, è stata per molti versi provvidenziale. Ma adesso sembra essersi un po’ persa di vista la specificità della vocazione missionaria detta ‘ad gentes’. È come se, nell’era della globalizzazione e della apparente riduzione delle distanze geografiche, non ci fosse più posto per questo orizzonte dell’opera missionaria. che comporta l’uscita e l’inserimento in contesti umani diversi dal proprio”. Invece, “io credo, proprio nel nostro tempo conviene riconoscere che esiste una specificità delle primo annuncio del Vangelo, del Vangelo annunciato a chi non sa proprio cosa sia”. E “conviene che questa specificità non sia diluita, non venga evaporata in un discorso troppo generico sulla missione”, conclude il cardinale.

Giacomo Galeazzi

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