Papa Francesco e Leonardo Boff. Il giornalista e scrittore Pierluigi Mele, esperto di questioni vaticane per Rainews 24, li definisce “fratelli universali“. Il libro pubblicato da Castelvecchi si apre con il celebre motto di san Paolo. Spes contra spem (Rm 4,18). La speranza contro ogni speranza. Cioè “essere speranza” per “dare speranza”.
Francesco dona speranza
Osserva Mele: “Dare speranza è l’opera dei grandi ‘consolatori’. Come lo sono stati i profeti dell’Antico Testamento. In questo senso, durante la prima fase della pandemia, la figura di Papa Francesco è stata, e continua ad essere, emblematica. Nella mente rimane quella piazza San Pietro vuota del 27 marzo 2020″. Mele richiama la cronaca del vaticanista Marco Politi. Sotto il baldacchino bianco intriso di pioggia, nella piazza spoglia, il 27 marzo Francesco trasforma il vuoto in uno spazio su cui converge una moltitudine. Assetata di vicinanza e fiducia. Davanti alla basilica che pare una parete di roccia, Francesco coagula la tensione di attese lontane e vicine.
Solidarietà
Francesco porta una parola di speranza e solidarietà, fede e coraggio. La barca è in tempesta. E su questa barca ci sono tutti. “Tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”, scandisce Francesco. Un’immagine che resterà nella storia della Chiesa per secoli. Un Papa, che secondo la dottrina cattolica è Vicario di Cristo, grida al suo Signore: ‘Salvaci!’. Ma in quell’omelia non c’è solo un grido solitario. Ci sono i dubbi enormi di un’umanità fragile. Jorge Mario Bergoglio, secondo Politi, è un Papa che conosce l’odore della vita. E la sua teologia si dispiega nelle ombre della sera piovosa.
Adempimento
Così, in quella piazza Francesco ha afferrato le paure e le fragilità di centinaia di milioni di uomini e donne. Di qualsiasi fede e orientamento. In quella piazza deserta c’era tutto il mondo. Un mondo smarrito e impaurito. Tuttavia quell’omelia non era un semplice grido o un’invocazione. Bensì un invito forte all’umanità ad attuare una profonda “conversione”. Un cambiamento radicale di mentalità. I profeti sono dentro la corrente “calda” della storia umana. Sono anticipatori di futuro. Di pienezza dell’umanità. In questo senso, come insegna il filosofo tedesco Ernst Bloch, la speranza è nettamente superiore alla paura, osserva Mele. E’ “sogno in avanti”, è “sogno a occhi aperti”. È, in altre parole, l’anticipazione di ciò che non è ancora dato. Ma non è qualcosa di scontato. La speranza è costitutivamente esposta all’incertezza e alla delusione. La speranza come “fattore energetico e mobilitante“. Come entusiasmo fattivo. Nell’attesa fervente dell’adempimento. Nel dinamismo della storia umana, la speranza è la “corrente calda” della profezia. Il segno del pontificato di Francesco.