L’accoglienza del migrante interpella la Chiesa. Non solo sotto l’aspetto delle comunità. Ma anche per il cammino ecumenico. Interreligioso. E di evangelizzazione. Perciò sono quattro i verbi da coniugare. Propri dello stile pastorale migratorio. E cioè Accogliere. Tutelare. Promuovere. Integrare.
Migrante come dono
“La cittadinanza, entro la vita della Chiesa, è una benedizione. Come ci dice Papa Francesco nell’enciclica ‘Fratelli tutti’. Il migrante è una benedizione. Un dono da accogliere. Con una preghiera di riconoscenza. Per quello che di nuovo e buono genererà”, afferma monsignor Gian Carlo Perego. Aggiunge il presidente della Fondazione Migrantes della Cei: “Gli immigrati portano una storia di fede. Un cammino, un linguaggio. Una spiritualità che sono differenti. Ma che rientrano in un’unità di Chiesa cattolica”.
Esperienza religiosa
“Il volto del migrante è quello di un fedele di un’altra esperienza religiosa– sottolinea l’arcivescovo Perego-. Si pensi agli ortodossi, i più numerosi (oltre 1 milione su 5 milioni di migranti). Ma possiamo incontrare anche persone di chiese riformate. Come gli evangelici. O anche di altre esperienze religiose come i musulmani. Cui ancora non è stata riconosciuta la possibilità di avere un luogo di culto (la moschea) in un luogo sociale. Ma solo in periferia. Negando così un loro diritto fondamentale. E poi ancora possiamo incontrare buddisti, induisti”.