“Da Matera, città della cultura, torni a risuonare un umanesimo integrale fondato sull’equità per tutti. E che aiuti l’ambiente a respirare e far respirare. È quanto, come Chiesa italiana, diremo nella Settimana Sociale di Taranto nel settembre prossimo. Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro”, afferma l’arcivescovo di Matera-Irsina. “Dalla Civitas Mariae assicuro la mia preghiera e dell’intera comunità- aggiunge monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo-. Nel rispetto della diversità di credo e dell’essere non credente. Invocando la luce dello Spirito Santo. Affinché ogni vostra decisione sia solo ed esclusivamente a favore dell’uomo. E del bene universale”.
G20 a Matera
“Come pastore della Chiesa di Matera-Irsina sento di interpretare il pensiero della comunità. Che vuole essere voce di chi non ha voce. Matera ha vissuto periodi di grande decadenza. Ma ,conscia del suo passato glorioso, ha sempre trovato linfa vitale. Per rialzarsi e costruire nuove primavere fino ad essere Capitale europea della cultura 2019”. Il presule dà il benvenuto ai ministri del G20. Da parte della “città di Matera che vi accoglie con attenzione. Riponendo in voi attese e speranze”. E prosegue: “Oggi incontriamo volti stanchi. Delusi. Sofferenti. Piagati nel corpo e nello spirito. I poveri. Gli scartati. La nostra fede eucaristica non chiude le porte. E non rimanda indietro nessuno. Ma accoglie. Cura. Libera. Indica strade nuove da percorrere. Annuncia la buona notizia del Maestro e Signore. Dialoga con la cultura di questo tempo. Custodisce la terra. La casa comune che ci è stata affidata”.
Volto eucaristico
Di qui l’auspicio di monsignor Caiazzo che “il G20 abbia questo volto eucaristico. Siamo tutti figli della stessa terra. Abitiamo sotto lo stesso cielo. Da Matera, città del pane e dell’acqua, possa ripartire la speranza. Per il mondo intero. Spezzando e condividendo lo stesso pane. Lo stesso vaccino. Soprattutto per i Paesi più poveri. Allargando gli orizzonti dell’amore e della fraternità. Il nostro mare non continui ad essere un cimitero per persone senza più nome”.