E’ l’ultima tappa del suo viaggio il Centro per Migranti “Giovanni XXIII Peace Lab” di Hal Far. E, in qualche modo, quella più attesa. A Malta, cuore del Mediterraneo e crocevia delle rotte migratorie, Papa Francesco ringrazia chi si è fatto “portavoce di tanti fratelli e sorelle, costretti a lasciare la patria per cercare un rifugio sicuro“, riallacciando il filo con la sua visita a Lesbo del dicembre scorso e adempiendo pienamente al significato del motto che ha animato il suo viaggio: “Ci trattarono con rara umanità”. Parole che il Papa collega “al modo in cui i maltesi accolsero l’Apostolo Paolo e tutti quelli che insieme a lui erano naufragati nei pressi dell’Isola”. Un’umanità non comune, specie nei confronti di chi ha vissuto l’esperienza del naufragio.
Persone, non numeri
Migliaia di uomini, donne e bambini hanno vissuto la tragedia sulle rotte mediterranee, soprattutto negli ultimi anni. Migranti che hanno fin troppe volte sperimentato non solo il dramma del mare ma anche un altro tipo di naufragio, quello della civiltà. Dal quale, spiega il Santo Padre, ci si può salvare solo attraverso l’umanità. “Guardando le persone non come dei numeri, ma per quello che sono, cioè dei volti, delle storie, semplicemente uomini e donne, fratelli e sorelle”. Storie che il Papa legge nei volti delle persone presenti nel centro maltese, simili a quelle di altre migliaia di persone “che nei giorni scorsi sono state costrette a fuggire dall’Ucraina a causa di quella guerra ingiusta e selvaggia“. Ma anche a quelle di altri uomini e donne fuggiti dai propri Paesi per sfuggire a miseria, conflitti e persecuzioni.
Migranti, da accolti a testimoni
Un pensiero, il Pontefice lo rivolge ai centri di accoglienza. I primi luoghi in cui i migranti possono sperimentare quell’umanità in grado di lenire le loro ferite. Del corpo e dello spirito. “Questo non si crea in un giorno! Ci vuole tempo, ci vuole tanta pazienza, ci vuole soprattutto un amore fatto di vicinanza, di tenerezza e di compassione, come è l’amore di Dio per noi”. E c’è un sogno che anima la preghiera di Papa Francesco: “Che voi migranti, dopo aver sperimentato un’accoglienza ricca di umanità e di fraternità, possiate diventare in prima persona testimoni e animatori di accoglienza e di fraternità. Qui e dove Dio vorrà, dove la Provvidenza guiderà i vostri passi”. Da accolti a testimoni, perché “i migranti diventino testimoni dei valori umani essenziali per una vita dignitosa e fraterna. Sono valori che voi portate dentro, che appartengono alle vostre radici. Una volta rimarginata la ferita dello strappo, dello sradicamento, voi potete far emergere questa ricchezza che portate dentro, un patrimonio di umanità preziosissimo, e metterla in comune con le comunità nelle quali siete accolti e negli ambienti dove vi inserite”.