Madre Stefania, in clausura con l'Immacolata Concezione

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Una “delle tante madri del nostro mondo, coraggiose fino all'estremo quando si tratta di accogliere nel grembo la storia di un nuovo uomo che nasce”. Così Papa Francesco, nel corso di un'udienza generale a Piazza San Pietro descrive Maria. Una donna obbediente, continua il Pontefice, “silenziosa che spesso non comprende tutto quello che le accade intorno, ma medita ogni parola nel suo cuore“. Un silenzio che la avvolge, la fa quasi “scomparire” dai vangeli, spiega Papa Francesco, ma sempre presente. Caratteristica che, si potrebbe dire, la accomuna alle suore di clausura, silenziose, poco visibili, ma sempre in preghiera per la Chiesa, per i fratelli, per chi non crede e per chi ne ha bisogno. In Terris ha intervistato Madre Stefania, abbadessa del monastero benedettino di Santa Caterina d'Alessandria (in provincia di Fermo).

Oggi è la solennità dell'Immacolata concezione, un dogma proclamato l'8 dicembre 1854 da Papa PioIX. Perché la figura di Maria è così attuale ancora oggi?
“Maria è un modello per tutti noi, come madre, sposa, sorella e consacrata. E' colei che ha detto sì al Signore e ha schiusa per noi le porte della salvezza. Guardiamo a lei e la sentiamo veramente vicina, come un aiuto potente”.

Madre Stefania, come ha scoperto la sua vocazione?
“La vocazione l'ho sentita presto, a 16 anni, anche se non l'ho subito capito. Stavo frequentando il terzo anno di un istituto tecnico commerciale, non c'era nulla che mi soddisfacesse, che mi riempisse. Avevo anche un fidanzatino, io sono 41 che sono in monastero, quindi bisogna tenere conto anche di come era il rapporto con un ragazzo allora, ma sentivo che non era per me. Ho terminato le superiori, sempre insoddisfatta e ho pensato che la mia strada potesse essere una vita missionaria per gli altri. Ho provato, ma nemmeno questo andava. Ho quindi iniziato il lavoro presso uno studio medico, attraverso persone amiche ho conosciuto questo monastero dove sono ora. Incontrando la madre abbadessa di allora e le monache, ho scoperto la loro vita, la preghiera e il servizio a Dio e ai fratelli in una maniera nascosta e silenziosa, ho compreso che era la mia vocazione. Nel giro di un anno sono riuscita a lasciare il lavoro e a entrare in monastero, mi sono sentita a casa, pienamente appagata, anche se è stato un cammino di distacco dal mondo faticoso. Non conoscevo la vita contemplativa e di clausura, ma il pregare mi riempiva, anche se è stato doloroso il distacco dalla famiglia, dai genitori e dai miei fratelli. Ripeto, la mia forza era la preghiera e questo essere radice nascosta per gli altri, ho trovato molto senso in questo. La vita di una monaca è come quella di una radice: una pianta è bella e rigogliosa se le sue radici stanno bene. Quindi mi sentivo al mio posto”. 

Vista dall'esterno, la scelta di una vita contemplativa e di clausura può sembrare una fuga dal mondo. E' così?
“Sì e no. Dall'esterno si percepisce questo. Entrare in clausura è come dover fare una curva veloce senza guardare indietro. Però entrare in monastero è lasciare fisicamente, ma non con la mente e con il cuore e il mondo. Noi siamo del mondo ma non del mondo, senza di esso la nostra vita non avrebbe senso: la nostra preghiera è motivata dalla mattina alla sera. Noi preghiamo la notte fino all'alba per tutta la Chiesa, per tutti i fratelli, per chi non prega e per chi non conosce Gesù. Il fondamento di tutto è la chiamata del Signore e tutto assume un valore di dono e di grazia. La chiamata è l'essenziale per stare in monastero. Scoprirsi amati da Dio e fatti per vivere solo per lui e per i fratelli nel nascondimento della clausura”.

Come si svolge una giornata tipo nel monastero?
“La nostra giornata è ritmata dalla preghiera e dal lavoro perché viviamo la regola di San Benedetto 'Ora et labora' (prega e lavora). Questi ultimi tre anni stiamo vivendo i disagi del terremoto e trasferirci nella foresteria, è un edificio piccolo per noi e ha richiesto molto adattamento. Siamo più vulnerabili, scoperte, perché non abbiamo la clausura. Ci alziamo alle 5, alle 5.30 diciamo l'ufficio delle letture e le lodi, alle 8 abbiamo la messa, tra le lodi e la messa c'è un'ora di lectio divina personale, di solito sul Vangelo del giorno. Dopo la messa una delle ore minori, l'ora terza, durante la colazione. Poi ognuna si dedica al suo lavoro: la coltivazione dei campi, il ricamo, la pittura delle icone, la cucina, la pulizia dei locali, l'accoglienza degli ospiti, anche se ora è molto più limitata. Si conclude alla sera alle 22 con la compieta. Durante il giorno andiamo a pregare sette volte: lodi, mattutino, terza, sesta, nona, vespro e compieta. Questi momenti sono per noi come le arcate di un ponte che lo sostengono”. 

Maria può essere un modello per le giovani donne?
“Assolutamente sì, è un modello donna pienamente realizzata. Nella sua libertà ha scelto il Signore come il 'tutto' della sua vita. Ma è anche una donna umile, di casa, ha cucinato per Gesù, è stata la sposa di Giuseppe senza esserne la moglie, insieme a lui ha cresciuto Gesù formando una vera famiglia. Laboriosità, preghiera, dedizione a Dio. E' un modello per tutti. E non è lontana a noi, ma è molto vicina, è una creatura come noi, una donna vera”.

Se dovesse descrivere Maria a una ragazza di oggi, come lo farebbe?
“Non è facile, mi viene in mente una parola che forse è un po' antica: modesta, nel senso di priva di ogni esagerazione. Credo che se fosse vissuta nei nostri giorni Maria, si sarebbe perfettamente inserita nel nostro tempo. Forse avrebbe lavorato e sarebbe stata vicino a Gesù anche lavorando”. 

Soprattutto i giovani, ma anche i più adulti, danno molta importanza al mondo social? Sono indispensabili? Si può vivere senza?
“Noi non utilizziamo i social. Solo io ho Whatsapp perché mi serve per comunicare anche con i miei superiori. Ti dico una cosa: io spesso mi dimentico il cellulare in giro per casa e a volte non ricordo neanche dove l'ho messo. E' necessario, ma non dobbiamo essere dipendenti da questo strumento. Abbiamo il telefono per comunicare con i nostri cari, con le famiglie e con chi ci chiede preghiere, ma non stiamo lì ogni minuto a vedere chi ha scritto o chi ha mandato una foto. Non ascoltiamo la radio e non guardiamo la televisione, solo la domenica la accendiamo per seguire l'Angelus del Papa, le sue parole sono importanti, è il nostro pastore. Ma far capire queste cose ai giovani, penso che sia un po' difficile. A loro bisogna dare Gesù, è necessario donarglielo con le nostre testimonianze. Le mamme, le famiglie dovrebbero insegnare ai ragazzi che il loro valore non si misura in base ai click che ricevono sui social”. 

Quanto è importante la figura di Maria per la Chiesa?
“Lei è madre e modello della Chiesa, è via che ci indica Gesù. Maria è vicina a noi perché è una donna, tutta impastata della nostra carne. Ci accompagna, ci sostiene e ci indica il cammino. E' molto importante, anzi essenziale, in una famiglia quando manca una madre manca tutto, quindi la dobbiamo sentire vicina. Poi basta vedere quante giornate le dedica la Chiesa. Lei è 'adatta' per tutti: madre dei giovani, regina della pace, l'aiuto dei cristiani, il conforto dei malati e dei sofferenti, in ogni stato di vita e ogni età, in ogni situazione troviamo sempre Maria che ci accoglie, abbraccia e accompagna. La preghiera ideale è il Rosario con cui la invochiamo e la sentiamo accanto a noi. E' una preghiera sempre attuale e molto bella”. 

Manuela Petrini: