Lo spessore teologico di don Giussani

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Il primo appuntamento della giornata al Meeting di Rimini è stata l'occasione per approfondire la figura del fondatore di Comunione e Liberazione. Stefano Alberto, docente di Teologia alla Cattolica di Milano, e Renè Roux, rettore della facoltà di Teologia a Lugano, sono stati gli animatori dell'incontro dal titolo “Luigi Giussani, il percorso teologico e l’apertura ecumenica”. E' stata l'occasione per riproporre il contenuto del convegno scientifico internazionale sull'opera teologica del sacerdote di Desio presentato all'università svizzera lo scorso dicembre. Nel dialogo tra i due professori si è voluto andare oltre la narrazione sui meriti da educatore avuti dal fondatore di Cl e ci si è soffermati, invece, sulla sua caratura teologica, spesso sottovalutata. 

Perchè questo convegno

L'organizzazione di un simile convegno scientifico non era affatto scontata. Le motivazioni che hanno spinto la facoltà di Teologia dell'università di Lugano le ha spiegate il suo rettore, il valdostano Roux. “L'idea del convegno – ha spiegato Renè Roux – parte intanto dalla volontà di celebrare i 25 anni della facoltà, nata come tentativo di fare teologia accademica a servizio della Chiesa e della società.” “Abbiamo pensato – ha proseguito Roux – a quali figure particolari scegliere per riflettere sul modo di fare teologia oggi. Tra i criteri che ci siamo posti, quello dell'appartenenza alla cultura italofila e la vicinanza con il Canton Ticino, che come realtà ecclesiale è legato alla Lombardia. Ma volevamo la figura di un teologo il cui pensiero fosse stato d'impatto perchè la teologia non è solo quella che si scrive a tavolino, ma deve dimostrare di essere fertile.” E' venuto naturale, quindi, ai promotori dell'iniziativa pensare al nome di don Giussani. Il rettore dell'università elvetica ha detto che il convegno è stato “accolto per quello che doveva essere, senza pregiudizi” chiarendo: “In altri contesti poteva essere difficile affrontare certe tematiche, ma affrontarle dalla Svizzera ci garantiva una maggiore tranquillità.”

Il libro

Stefano Alberto ha annunciato l'imminente uscita del volume che raccoglie gli atti del convegno. Uscirà per Cantagalli, sarà a cura di Antonio Tombolini ed avrà il titolo di “Luigi Giussani percorso teologico e apertura ecumenica”. Soffermandosi sulla raccolta, il professor Alberto ha commentato: “Il convegno ha aperto ulteriori piste di ricerca sul pensiero di don Giussani. L'antropologia teologica, ad esempio, è uno dei contenuti più originali del suo pensiero.” Dagli atti emergono diverse novità, come spiega il docente della Cattolica: “Nei limiti imposti dalle procedure del processo di beatificazione, che impongono la chiusura degli archivi, abbiamo scoperto, ad esempio, le schedature fatte in inglese dal giovane seminarista Giussani sull'opera 'Grammatica dell'Assenso' del cardinal John Henry Newman.” Nel volume c'è una sezione dedicata agli incontri: con Balthasar, con San Giovanni Paolo II, con il cardinal Ratzinger. Dal testo emerge, così, come avvenissero incontri settimanali tra il Papa Emerito ed il fondatore di Cl all'interno di una cappella della Basilica di Santa Maria Maggiore. Presente anche una sezione sull'ecumenismo: sul rapporto con l'Islam, con l'Anglicanesimo e con l'Ortodossia. In particolare c'è anche una testimonianza diretta di un fedele ortodosso che ha seguito il carisma di don Giussani pur rimanendo della stessa confessione. 

Le novità emerse

Renè Roux ha poi voluto sottolineare quali sono state le novità emerse dal convegno. “Ci sono aspetti -ha detto il rettore – che sono andati oltre il convegno teologico. In genere non ci si aspetta di uscire da un convegno con un entusiasmo più grande, ma stavolta è successo”. Il professore valdostano ha spiegato: “La nostra finalità centrale era di ricerca. Volevamo che il nostro lavoro diventasse un punto di partenza obbligato per le future ricerche.” Quello di Lugano, quindi, è stato un incontro scientifico che è andato oltre le aspettative che si erano posti i promotori. Racconta ancora Roux: “Una sorpresa è stata la reazione dei ciellini che ci hanno detto di aver scoperto aspetti di don Giussani che non conoscevano.” “L'altra sorpresa – ha continuato il professore valdostano – è stato il clima che si è creato.” Sorprese che non ci sono state solo sul piano delle reazioni, ma anche dal punto di vista dei contenuti. “Mi ha colpito – ha detto Roux – l'impatto ecumenico del pensiero di don Giussani. La sua teologia dimostra come, andando al cuore dell'esperienza cristiana, ci si riscopre uniti, ad esempio, con i fratelli ortodossi. Questo è il modello di pensiero e di servizio che si dovrebbe porre la teologia.”

Il clima di Venego

Il lavoro del convegno ha fatto, così, scoprire numerosi elementi sconosciuti al pubblico sulla figura del sacerdote di Desio. Una circostanza che ha voluto commentare anche Stefano Alberto: “La sorpresa dei ciellini si spiega con il contraccolpo avuto dalla scoperta dell'immensa mole di studio fatta con umiltà nei primi anni dopo il seminario da don Giussani.” “La profondità dei suoi studi – ha aggiunto il professore -è stata favorita dal clima del seminario di Venego, dove non si rischiava l'accusa di modernismo frequente negli anni '50.” “A Venego – ha spiegato il professor Alberto – don Giussani è venuto a contatto con le opere del cardinal Newman, della Nouvelle Théologie e di Guardini.” Alberto parla di una “sete di imparare” e che contribuirà poi a fargli utilizzare, da educatore, quella “parola sintetica che nessuno aveva mai usato e che è diventata familiare: Presenza.” Evocando il discorso di ieri del cardinal Angelo Scola, il professor Alberto ha detto: “Se Cristo è un personaggio del passato, grande maestro di dottrina e non una realtà contemporanea, il cristianesimo può essere al massimo un devoto ricordo, ma non un qualcosa che cambia la vita rendendola affascinante e gustosa. Don Giussani lo ha capito ed ha cominciato a parlare 50 anni fa di incontro, di esperienza, di avvenimento, parole che oggi si usano con facilità. Molti di noi si sono avvicinati a Cl vedendo come il Vangelo prendesse vita nella lettura, nella comunicazione, nell'immedesimazione che ne ha fatto don Giussani. Il suo modo di fare esegesi è stato qualcosa di nuovo.

L'originalità del teologo Giussani

Dopo le osservazioni di Stefano Alberto sulla formazione di don Giussani, ha ripreso la parola Renè Roux per spiegare quelli che, a suo modo di vedere, sono i tratti più originali del pensiero del sacerdote di Desio. Il rettore dell'università di Lugano ha detto: “Ho proposto al comitato scientifico di affrontare il modo in cui don Giussani riusciva a leggere gli Atti degli Apostoli. I miei colleghi hanno scelto di affidare a me l'approfondimento di questa questione specifica.” Roux ha spiegato che sull'argomento non era stato ancora scritto nulla e di questo si è sorpreso visto che la capacità di don Giusanni di far entrare i suoi ascoltatori all'interno delle Scritture è pubblicamente nota. “Ho cercato di capire – ha detto il rettore – cosa don Giussani stesse facendo con la sua opera e dove fosse la sua originalità. Ho cercato di analizzare la situazione degli anni '50 quando lui iniziò le sue catechesi. Il rapporto con la Bibbia, specialmente a partire dal Concilio, è molto importante. Questo grande entusiasmo tende però a mettere in secondo piano che le Scritture non sono facili da capire. Ci sono in tante pagine aspetti problematici, che possono mettere in crisi la fede. Non è sufficiente prendere in mano questo Libro ed aspettare che lo Spirito Santo ci illumini.” Il docente valdostano ha sottolineato l'impatto innovativo dell'azione di don Giussani: “La Chiesa cattolica aveva un rapporto catechistico con le Scritture fino ad allora. Quando don Giusanni al liceo negli anni '50 cercava di introdurre quei ragazzi ai Sacri Testi poteva o limitarsi a ripercorrere le strade catechistiche tradizionali, in cui si prendeva qualche passo della Bibbia a titolo esemplificativo, o poteva metterli a contatto con gli esiti dell'esegesi storico-critica, con il rischio di creare crisi di fede.” Il fondatore di Desio, invece, scelse una terza via. Ha spiegato Roux: “Don Giussani seguì un'altra strada, ispirandosi a Papa Montini che aveva recuperato il concetto di senso religioso depurandolo dalle problematiche moderniste”. Il sacerdote di Desio mise in pratica l'insegnamento di Paolo VI che sosteneva la necessità di mettere in risalto il senso religioso dell'uomo, ma al tempo stesso educandolo. “Nel suo modo di accedere alle Scritture – ha detto il professore – supera problematiche legate all'impostazione storico-critica” questo perchè “ciò che importa non è soltanto l'origine letteraria, la dimensione di corrispondenza precisa, ciò che noi oggi storicamente possiamo provare, ma piuttosto la testimonianza di quell'esperienza umana che è stata l'incontro con la Parola di Dio e con Cristo e che letta in questa prospettiva mantiene la sua veridicità storica.” Secondo Roux, quello di don Giussani sarebbe stato, quindi, un atteggiamento ermeneutico corretto.

Il riaccadere dell'inizio

Stefano Alberto ha concluso l'incontro ricordando come don Giussani non abbia inteso, come diceva lui stesso, “fondare niente di nuovo“, ma ha riproposto, “in modo affascinante ed esistenzialmente persuasivo il cristianesimo nei suoi fattori essenziali.” “Siamo aiutati – ha detto nel finale dell'incontro il docente della Cattolica – a dare spessore esistenziale alla vita appartenendo al Movimento, ma ci rendiamo conto che è solo dalla pretesa di non voler generare nulla di nuovo che nasce una novità. Perchè il riaccadere dell'inizio mi sembra un contributo non secondario.”

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