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“Liberiamoci dai fardelli della diffidenza che sfociano nell’odio”

Se ci ritroviamo insieme, ebrei, cristiani, musulmani è per dire che le nostre differenze non ci metteranno mai l’uno contro l’altro, perché il ‘Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe’ ci invita a quella fraternità che nasce dal riconoscimento di una comune paternità, quindi figli dell’unico Dio”. Lo ha detto l’arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, nel suo saluto a una delegazione interreligiosa di ebrei e musulmani, ricevuti nel Salone degli Stemmi.

Il discorso

Ricordando Carlo Levi, “condannato al confino nella nostra terra”, il presule ha evidenziato come “grazie a lui, di certo, iniziò un processo di riscatto della nostra terra e di Matera fino a essere proclamata patrimonio dell’umanità e città europea della cultura”. “Sulla sua tomba a Roma, come vuole la tradizione ebraica, sono stati posti dei sassi. Noi lucani, in particolare noi materani, aggiungiamo un altro significato: i Sassi di Matera sono per sempre con lui e noi siamo eternamente riconoscenti per come ci ha amati, serviti, aiutati”. Soffermandosi sulla “presenza arabo-musulmana”, mons. Caiazzo ha detto sul Sir che “è stata una parte integrante del patrimonio storico e della cultura della nostra terra”. “Una presenza più consistente, mi risulta, ci sia stata a Tricarico e a Tursi. Molte nostre parole dialettali sono di origine araba, anche se non abbiamo una vera e propria presenza dell’Islam nella nostra terra”. Citando Papa Francesco, l’arcivescovo ha poi notato come ci si stia liberando “dai fardelli della diffidenza e da quei fondamentalismi che spesso sfociano nell’odio e che offendono il nostro credo: nulla ha a che fare con quanto, nella diversità di professione di fede, crediamo e con i segni e simboli ai quali siamo legati manifestando l’identità di ebrei, cristiani, musulmani”.

 

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