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L'economia di Papa Francesco

Il 28 marzo ad Assisi il Papa concluderĆ  il festival dell'economia con 500 giovani economisti e imprenditori provenienti da tutto il mondo. Oggi il Pontefice partecipa in Vaticano al Consiglio per un capitalismo inclusivo, promosso dal dicasteroĀ Ā per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Un patto per cambiare l'economia

“SarĆ  un festival dell'economia dei giovani con il Papa, giovani giĆ  imprenditori e dottorandi o ricercatori, una via di mezzo tra Greta Thunberg e i potenti della terraā€, afferma Luigino Bruni, ordinario di economia politica all'UniversitĆ  Lumsa e consultore del dicastero per i laici, la famiglia e la vita parlando a Vatican News dell'evento “Economy of Francesco”, in programma ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020 in risposta allaĀ lettera-appello di Papa Francesco ā€œai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondoā€.

La Chiesa in uscita

Quella sognata da Francesco ĆØ una Chiesa aperta,Ā che esce da sĆ© stessa, si china sui poveri, si spalanca al mondo e allā€™umanitĆ , sentendosene parte e sapendo di condividere la sua sorte e di avere contratto, in Cristo, un debito di servizio nei suoi confronti- spiega il vescovo Nunzio Galantino, presidente dellā€™Apsa ed ex segretario generale della Cei nella prefazione del libro “Il Concilio di Francesco. La nuova primavera della Chiesa“. Anche tale vivo e pressante afflato, che emerge da ogni parola e ogni gesto del papa, ci riporta al Concilio, e in particolare allaĀ Gaudium et Spes, che costantemente sollecita la Chiesa ad aprirsi al mondo; non per perdere la sua identitĆ , ma appunto per trovarla, in quanto essa esiste per la missioneā€. E la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo non ĆØ altra cosa rispetto a quella dogmatica sulla Chiesa; ne ĆØ invece la naturale prosecuzione e il compimento. “Essa indica alla Chiesa la via della solidarietĆ  con il genere umano, al fine di adempiere al mandato di Cristo – osserva il presule -. La caritĆ , che deve animare la Chiesa al suo interno e la rende sacramento di salvezza, la deve spingere anche verso lā€™esterno, in modo da trasmettere ciĆ² che ha ricevuto e la costituisce, e assicurandone lā€™unitĆ  negli intenti e nella prassi”. Come ĆØ stato notato e scritto da molti osservatori, la misericordia, quale punto focale del ministero di Francesco, costituisce anche il criterio ispiratore della sua concezione geopolitica, che lo porta a ispirare a questa regola suprema della vita cristiana anche il linguaggio della politica e della diplomazia.

Antiche ingiustizie

La misericordia non cancella le esigenze della giustizia, bensƬ le presuppone e le compie e, qualora una giustizia piena non sia possibile a causa di antiche ingiustizie ormai consumatesi, si apre alla richiesta di perdono, come abbiamo sentito nel discorso rivolto al popolo del Chiapas, durante il viaggio apostolico in Messico – evidenzia monsignor Galantino -. Quella costruita da Francesco, nei suoi viaggi, nei suoi incontri e nellā€™attivitĆ  diplomatica della sua Chiesa, ĆØ una politica aperta, estranea a compromessi o ad alleanze di comodo, laica ma coinvolta, libera e rivolta ai poveri e a ogni situazione di bisogno e di sofferenza, estranea al giudizio e capace di sostenere e accompagnare con volto di madre”. E tale modalitĆ , lungi dal rappresentare una debolezza, si trasforma al contrario in motivo di forza e di autorevolezza, come si ĆØ reso evidente “nel gesto umile e decisivo dellā€™indizione di un giorno di digiuno e preghiera per scongiurare la guerra in Siria, o nella mediazione del papa nei rapporti tra Usa e Cuba, risultata determinante per riconoscimento dei loro stessi capi di Stato”. “L'opera della Chiesa diventa efficace – ci ricorda Francesco in ogni parola e in ogni gesto -,Ā non quando essa difende le sue posizioni, ma quando ĆØ libera e povera, ancorandosi alla vera ricchezza, che le viene da Dioā€, puntualizza il presule.

Parola femminile

Il Pontefice che per primo ha preso il nome del Poverello di Assisi vuole incontrare nella cittĆ  umbra ā€œchi oggi si sta formando e sta iniziando a studiare e praticare una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depredaā€. La scintilla che ha stimolato lā€™entusiasmo del Papa si ĆØ accesa proprio per iniziativa di Luigino Bruni, tra i promotori dellā€™Economia di comunione del Movimento dei focolari, che ne ha parlato al Papa nel giugno 2018 nel clima creato dal sinodo dei giovaniā€. Eā€™ lā€™idea, spiega a Vatican News il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino di affrontare le sfide dellā€™economia facendo leva sui giovani ha trovato nel Pontefice unā€™adesione entusiasta: ā€I giovani possono fare la differenza. Sono il futuro in tutti i sensi, anche il futuro dellā€™economia. Un patto con loro ĆØ vincenteā€. Francesco infatti nella lettera chiede ai giovani di ā€œstare insieme e conoscerciā€ e poi ā€œfare un ā€œpattoā€ per cambiare lā€™attuale economia e dare unā€™anima allā€™economia di domaniā€.Ā Sono attesi almeno 500 giovani, metĆ  imprenditori sotto i 35 anni e metĆ  studiosi di dottorato nelle universitĆ  di tutto il mondo, compreso quelle ebraiche. Molte le donneĀ nel comitato preparatorio. ā€œEconomia ĆØ una parola femminile, e le donne hanno uno sguardo diverso su di essa rispetto ai maschiā€, osserva il professor Bruni.

Lā€™ispirazione conciliare

Il Concilio fa riferimento alla povertĆ  nella costituzione pastorale Gaudium et Spes (3, 69, 88). Di scelta prioritaria per i poveri si era iniziato a riflettere in un continente profondamente segnato da una presenza massiccia dei poveri, ma soprattutto dallā€™emergere della loro coscienza sulla scena continentale. Era lā€™epoca in cui imperversavano in America Latina numerose dittature che ricorrevano a metodi repressivi nei confronti dei movimenti popolari e in cui si installavano imprese multinazionali dal comportamento predatorio. Gli Stati Uniti esercitavano forti pressione sul Sud America. Il celebre rapporto Rockefeller (1969) e i successivi due documenti di Santa Fe esortavano lā€™amministrazione nordamericana a lottare contro la Teologia della liberazione, giudicata nefasta. ā€œA un certo numero di teologi e di pastori non appariva piĆ¹ possibile pensare la fede cristiana senza articolarla con una pratica sociale e politica che favorisse la liberazione dei poveriā€, puntualizzaĀ Ā il teologo domenicano Alain Durand approfondendo per Aggiornamenti SocialiĀ  lā€™espressione ā€œscelta prioritariaā€ (o ā€œopzione preferenzialeā€) per i poveri nella dottrina sociale della Chiesa:Ā ā€œErano condotti a rileggere la Bibbia a partire dalla situazione dei poveri, pratica divenuta abituale nelle comunitĆ  ecclesiali di base. A poco a poco si costruƬ un discorso teologico che assegnava ai poveri un posto centrale nella comprensione della fede e orientava verso la costruzione di una ā€œChiesa dei poveriā€ e a un cambiamento delle strutture sociali oppressiveā€. La teologia della liberazione trasformĆ² la scelta preferenziale per i poveri nellā€™asse centrale della propria riflessione, ma da Roma arrivarono alcune correzioni sotto forma di due documenti della Congregazione per la dottrina della fede, allora presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger. Il primo (Istruzione LN 1984) ĆØ di impianto fortemente critico, il secondo (Istruzione LC 1986) ĆØ piĆ¹ costruttivo. Uno dei rimproveri principali mossi alla teologia della liberazione, e quindi anche alla sua concezione della scelta preferenziale per i poveri, ĆØ il riferimento al marxismo. In contrasto con i teologi della liberazione, il primo documento respinge ogni posizione secondo cui sarebbe possibile utilizzare gli strumenti concettuali del marxismo senza accettarne lā€™ideologia generale e lā€™ateismo. Lā€™altro rimprovero principale ĆØ di ridurre la fede cristiana a una prospettiva di liberazione temporale, sociale e politica.

Avere cura del povero non ĆØ comunismo

SarĆ  proprio il primo papa della storia proveniente dallā€™America Latina a chiarire che avere cura di chi ĆØ povero non ĆØ comunismo, ĆØ Vangelo. In unā€™intervista contenuta nel libroĀ Papa Francesco. Questa economia uccideĀ (Piemme), Jorge Mario Bergoglio ribadisce che il Nuovo Testamento non condanna i ricchi, ma lā€™idolatria della ricchezza e che il nostro sistema si mantiene con la cultura dello scarto, cosƬ crescono disparitĆ  e povertĆ . Il libro sul magistero sociale di raccoglie e approfondisce i discorsi, i documenti e gli interventi di Francesco su povertĆ , immigrazione, giustizia sociale, salvaguardia del creato. E mette a confronto esperti di economia, finanza e dottrina sociale della Chiesa, tra questi lā€™economista Stefano Zamagni e il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, raccontando anche le reazioni che certe prese di posizione del pontefice hanno suscitato. ā€œMarxistaā€, ā€œcomunistaā€ e ā€œpauperistaā€: le parole di Francesco sulla povertĆ  e sulla giustizia sociale, i suoi frequenti richiami allā€™attenzione verso i bisognosi, gli hanno attirato critiche e anche accuse talvolta espresse con durezza e sarcasmo. Come vive tutto questo Bergoglio? PerchĆ© il tema della povertĆ  ĆØ stato cosƬ presente nel suo magistero? Il capitalismo come lo stiamo vivendo negli ultimi decenni ĆØ, secondo Francesco, un sistema in qualche modo irreversibile? ā€œRiconosco che la globalizzazione ha aiutato molte persone a sollevarsi dalla povertĆ , ma ne ha condannate tante altre a morire di fameā€, spiega Francesco nellā€™intervista rilasciata agli autori del volume.

Al centro del sistema

ā€œĆˆ vero che in termini assoluti ĆØ cresciuta la ricchezza mondiale, ma sono anche aumentate le disparitĆ  e sono sorte nuove povertĆ . Quello che noto ĆØ che questo sistema si mantiene con quella cultura dello scarto, della quale ho giĆ  parlato varie volte. Cā€™ĆØ una politica, una sociologia, e anche un atteggiamento dello scartoā€. Quando al centro del sistema non cā€™ĆØ piĆ¹ lā€™uomo ma il denaro, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema sociale ed economico caratterizzato, anzi dominato da profondi squilibri. E cosƬ si scarta quello che non serve a questa logica: ĆØ quellā€™atteggiamento che scarta i bambini e gli anziani, e che ora colpisce anche i giovani. ā€œMi ha impressionato apprendere che nei Paesi sviluppati ci sono tanti milioni di giovani al di sotto dei 25 anni che non hanno lavoro“, precisa il Pontefice. ā€œLi ho chiamati i giovani ā€œnĆ©-nĆ©ā€, perchĆ© non studiano nĆ© lavorano: non studiano perchĆ© non hanno possibilitĆ  di farlo, non lavorano perchĆ© manca il lavoro. Ma vorrei anche ricordare quella cultura dello scarto che porta a rifiutare i bambini anche con lā€™abortoĀ». La richiesta di maggiore etica nellā€™economia A colpire Francesco sono i tassi di natalitĆ  cosƬ bassi qui in Italia: cosƬ si perde il legame con il futuro. Come pure la cultura dello scarto porta allā€™eutanasia nascosta degli anziani, che vengono abbandonati: invece di essere considerati come la nostra memoria, il legame con il passato ĆØ una risorsa di saggezza per il presente. Quindi Francesco si chiede: quale sarĆ  il prossimo scarto? Ed esorta tutti a fermarsi in tempo, a non rassegnarsi, a non considerare questo stato di cose come irreversibile. Occorre cercare di costruire una societĆ  e unā€™economia dove lā€™uomo e il suo bene, e non il denaro, siano al centro. PerciĆ², secondo il papa che vuole una Chiesa povera per i poveri, cā€™ĆØ bisogno di etica nellā€™economia e cā€™ĆØ bisogno di etica anche nella politica. Del resto, piĆ¹ volte vari capi di Stato e leader politici che il Pontefice ha potuto incontrare dopo la sua elezione a vescovo di Roma gli hanno parlato di questo. Hanno detto: i leader religiosi devono aiutare, dare indicazioni etiche.

Braccia alzate verso Dio

Il ragionamento di Francesco ĆØ da leader morale del pianeta. Il pastore puĆ² fare i suoi richiami ma, come ricordava Benedetto XVI nellā€™enciclicaĀ Caritas in Veritate, servono uomini e donne con le braccia alzate verso Dio per pregarlo, consapevoli che lā€™amore e la condivisione da cui deriva lā€™autentico sviluppo, non sono un prodotto delle nostre mani, ma un dono da chiedere. E al tempo stesso Bergoglio si dice convinto che ci sia bisogno che questi uomini e queste donne si impegnino, ad ogni livello, nella societĆ , nella politica, nelle istituzioni e nellā€™economia, mettendo al centro il bene comune. Dunque non si puĆ² piĆ¹ aspettare a risolvere le cause strutturali della povertĆ , per guarire le societĆ  da una malattia che puĆ² solo portare verso nuove crisi: i mercati e la speculazione finanziaria non possono godere di unā€™autonomia assoluta. Senza una soluzione ai problemi dei poveri non risolveremo i problemi del mondo. In questa ottica il pontefice invoca programmi, meccanismi e processi orientati a una migliore distribuzione delle risorse, alla creazione di lavoro, alla promozione integrale di chi ĆØ escluso. Intanto, perĆ², le parole forti e profetiche di Pio XI nellā€™enciclica Quadragesimo Anno contro lā€™imperialismo internazionale del denaro, oggi suonano per molti, anche cattolici, eccessive e radicali? ā€œPio XI sembra esagerato a coloro che si sentono colpiti dalle sue parole, punti sul vivo dalle sue profetiche denunceā€, sostiene Francesco. ā€œMa il papa non era esagerato, aveva detto la veritĆ  dopo la crisi economico-finanziaria del 1929, e da buon alpinista vedeva le cose come stavano, sapeva guardare lontano. Temo che gli esagerati siano piuttosto coloro che ancora oggi si sentono chiamati in causa dai richiami di Pio XIā€.

La proprietĆ  privata non ĆØ un diritto assoluto

Restano ancora valide le pagine dellaĀ Populorum ProgressioĀ nelle quali si dice che la proprietĆ  privata non ĆØ un diritto assoluto ma ĆØ subordinata al bene comune, e quelle del Catechismo di san Pio X che elenca tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio lā€™opprimere i poveri e il defraudare della giusta mercede gli operai. ā€œNon solo sono affermazioni ancora valide, ma piĆ¹ il tempo passa e piĆ¹ trovo che siano comprovate dallā€™esperienzaā€, dichiara Bergoglio. ā€œI poveri sono carne di Cristo. Prima che arrivasse Francesco dā€™Assisi cā€™erano i ā€œpauperistiā€, nel Medio Evo ci sono state molte correnti pauperistiche. Il pauperismo ĆØ una caricatura del Vangelo e della stessa povertĆ . Invece san Francesco ci ha aiutato a scoprire il legame profondo tra la povertĆ  e il cammino evangelico. GesĆ¹ afferma che non si possono servire due padroni, Dio e la ricchezza. ƈ pauperismo? GesĆ¹ ci dice qual ĆØ il ā€œprotocolloā€ sulla base del quale noi saremo giudicati, ĆØ quello che leggiamo nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo: ho avuto fame, ho avuto sete, sono stato in carcere, ero malato, ero nudo e mi avete aiutato, vestito, visitato, vi siete presi cura di me. Ogni volta che facciamo 82 Il Concilio di Francesco questo a un nostro fratello, lo facciamo a GesĆ¹. Avere cura del nostro prossimo: di chi ĆØ povero, di chi soffre nel corpo, nello spirito, di chi ĆØ nel bisogno. Questa ĆØ la pietra di paragone. ƈ pauperismo? No, ĆØ Vangeloā€. Infatti, prosegue Bergoglio, ā€œla povertĆ  allontana dallā€™idolatria, dal sentirci autosufficienti. Zaccheo, dopo aver incrociato lo sguardo misericordioso di GesĆ¹, ha donato la metĆ  dei suoi averi ai poveriā€. Quello del Vangelo ĆØ ā€œun messaggio rivolto a tutti, il Vangelo non condanna i ricchi ma lā€™idolatria della ricchezza, quellā€™idolatria che rende insensibili al grido del povero. GesĆ¹ ha detto che prima di offrire il nostro dono davanti allā€™altare dobbiamo riconciliarci con il nostro fratello per essere in pace con lui. Credo che possiamo, per analogia, estendere questa richiesta anche allā€™essere in pace con questi fratelli poveriā€.

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