L’ecologia del cuore

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Dopo cinque domeniche in cui abbiamo letto il capitolo sesto del vangelo di San Giovanni, oggi riprendiamo il percorso di San Marco, dal capitolo settimo in avanti. Il brano del vangelo è stato un po’ spezzettato per renderlo più breve. Sarebbe opportuno tenere conto del testo integrale (7,1-23).

Potremmo dire che il tema centrale che emerge dalle letture è la Parola di Dio. Questa Parola ci ha generati, è stata piantata in noi e, accolta con docilità, è destinata a dare frutto, dice San Giacomo nella seconda lettura (Giacomo 1). Ma che rapporto c’è tra la Parola e le “leggi e norme”, di cui parla Mosè nella prima lettura (Deuteronomio 4), e le tradizioni di cui farisei e scribi si fanno difensori? Gesù risponde a questa questione nel brano del vangelo di oggi.

Una delegazione di farisei e scribi era stata inviata da Gerusalemme per controllare l’ortodossia di questo Gesù Nazareno, diventato famoso e che molti ritenevano un profeta (Mc 6,14-15). Costoro vedono che alcuni dei suoi discepoli mangiano con le “mani impure”, cioè non lavate, si scandalizzano ed interrogano Gesù in proposito. Gesù li apostrofa chiamandoli ipocriti, citando il profeta Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”. Curano l’esterno, ma trascurano l’interno. Sì, hanno le mani pure, ma il cuore impuro. Gesù conclude la sua denuncia profetica affermando: “Voi annullate la parola di Dio con la vostra tradizione” (v. 13).

Spunti di riflessione

  1. La conversione dello sguardo. La questione della purità rituale era molto sentita al tempo di Gesù. Gruppi “puritani” avevano adottato certe norme che riguardavano soltanto i sacerdoti. Di per sé l’intenzione era di rendere Dio presente in ogni minima azione quotidiana. Però, alla radice di questa mentalità, c’era una visione distorta della realtà, divisa tra persone e cose pure ed impure, tra sacro e profano, due mondi incomunicabili. Gesù è venuto ad abbattere questo muro di separazione. Egli restaura lo sguardo di Dio sul creato: “E Dio vide che era buono” (Genesi 1). Questa mentalità di spaccare il mondo a metà non è scomparsa. Anzi, si direbbe molto attuale. Si manifesta nel nostro linguaggio (“noi” e “loro”), nella divisione tra buoni e cattivi, nella diffidenza verso il diverso, negli steccati che erigiamo nelle nostre relazioni, nelle barriere tra i popoli… Il Signore ci invita alla conversione del nostro sguardo per riconoscere il bello e il buono seminato ovunque dal suo Spirito!
  2. La Parola viva si incarna nella parola transitoria. Che rapporto c’è tra la Parola di Dio e le “leggi e norme” di cui parla Mosè nella prima lettura, a cui non bisogna “aggiungere o togliere nulla”? Si tratta di una questione sempre attuale: il rapporto tra Parola e tradizione, tra quello che è essenziale e quello che è secondario, tra quanto è perenne e quanto è transitorio. “La Parola del Signore rimane in eterno” (1Pietro 1,25). La Parola divina è immutabile, ma è anche una realtà viva (Ebrei 4,12) che si incarna in una parola umana passeggera. La scrittura è un modo di cogliere la parola umana, effimera, e darle una certa stabilità, mettendola per iscritto, per non andare persa. Si tratta di una operazione che in informatica si dice “salvare” (to save). Ma la cultura, la mentalità, la sensibilità e il linguaggio cambiano, secondo i tempi, gli spazi e le culture. Per renderla accessibile, leggibile e comprensibile, cioè, attuale, bisogna “convertirla” (to convert) in una forma e linguaggio aggiornato. Come farlo e con quali criteri? “La carità è l’unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato”, dice il beato Isacco della Stella (abate cistercense del XII secolo).
  3. L’ecologia del cuore. Gesù ci invita a curare il cuore, cioè la nostra interiorità, da dove provengono tutte le impurità. Gesù ne elenca dodici, una cifra simbolica per indicare la totalità. Se il cuore è inquinato, desideri, pensieri, parole e azioni risulteranno contaminati. Oggi siamo particolarmente sensibili alla contaminazione dell’ambiente e l’inquinamento del pianeta. Ci vorrebbe una simile attenzione al nostro “pianeta” interiore. L’ecologia del cuore, ossia il prendersi cura del nostro mondo interiore, implica, prima di tutto, coltivare la consapevolezza per riconoscere le idee e le emozioni tossiche che possono inquinare il nostro cuore, come l’orgoglio, la rabbia, l’invidia, la gelosia… Senza una dovuta attenzione, il nostro cuore può diventare una “discarica di impurità”, nostre ed altrui. Il ricorso regolare al sacramento della penitenza ci aiuta a liberarci da queste impurità. Ma non basta sgomberare il cuore. Bisogna renderlo un giardino. Il Giardiniere è lo Spirito che, specie nell’ascolto della Parola e nella preghiera, sparge e fa germogliare in noi i semi di ogni bene. Solo così possiamo avere le “mani innocenti e cuore puro” di cui parla il salmista (24,4)!