Lavoro, il cardinal Bassetti: “La Chiesa non è un’agenzia di collocamento”

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Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale“. E’ questo il tema della 48ma edizione della Settimana Sociale dei Cattolici Italiana, iniziata quest’oggi a Cagliari. Tante le personalità illustri che hanno preso parte all’inaugurazione, tra le quali il cardinal Bassetti, presidente della Cei, Sergio Mattarella, presidente della Repubblica Italiana. Anche Papa Francesco ha fatto sentire la sua voce: tramite un videomessaggio ha ricordato che il lavoro precario “toglie dignità alla persona umana”. Tre gli obiettivi principali che si è posto il Comitato scientifico e organizzatore della manifestazione: denunciare le situazioni di sfruttamento, illegalità, insicurezza, disoccupazione; far conoscere le buone pratiche; costruire alcune proposte da presentare sul piano istituzionale.

Bassetti: “No all’idolatria del denaro”

“Insieme a Francesco, tutti noi auspichiamo una Chiesa propositiva, partecipe e responsabile, che esce per incontrare e servire, condividendo il cammino della società e diventandone fermento”. Il cardinal Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha sintetizzato in queste brevi frasi lo spirito e gli obiettivi della 48ma Settimana Sociale. Il suo intervento è seguito a quello del Papa. Ad ascoltarlo, circa mille persone in rappresentanza delle 225 diocesi italiane. Per Bassetti, le “stupende parole” di Papa Francesco scritte nell’Evangelii gaudium, “tracciano alla perfezione il quadro d’insieme in cui si svolge la 48ma settimana sociale”. “Queste giornate di Cagliari rappresentano un grande dono per noi perché ci consentono di ritrovarci insieme, con la disponibilità all’ascolto e al confronto, alla ricerca di soluzioni concrete e di piste da seguire”. Poi ha aggiunto: “E sono anche un dono per tutta la nostra Chiesa, chiamata a trovare nuove motivazioni e un maggiore slancio nel suo impegno sociale”. “Una Chiesa rinchiusa in sagrestia o nei luoghi consueti di ritrovo, mancherebbe al suo compito specifico: quello, cioè, di ‘prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi’, guidata da un ‘desiderio inesauribile di offrire misericordia‘ – sottolinea il porporato -. Questo è quanto ci chiede il Papa nella Evangelii gaudium, la nostra carta fondamentale in questi anni, che dobbiamo meditare a fondo e attuare con maggior coraggio e determinazione”. Essere un “lievito sociale” e “vivere una forte esperienza di sinodalità”, ecco cosa ha chiesto il Pontefice, ed è questo l’obiettivo di questa manifestazione, che non vuole “celebrare un bel convegno, ma entrare nel vissuto concreto delle persone e della societàmettendo insieme la fase critica della denuncia con quella responsabile della proposta”.

Tornando a quelli che sono i ruoli della Chiesa, il presidente della Cei ha ricordato come essa non “è un’agenzia sociale che si occupa di lavoro come un qualsiasi ufficio di collocamento pubblico o privato, ma ha profondamente a cuore il lavoro perché lo vede come un luogo in cui si manifesta la collaborazione tra Dio e l’uomo”, precisando: “il lavoro non è solo un dovere affinché si possa mangiare, ma è anche un luogo in cui esaltare le capacità di chi lavora con le proprie mani, come Gesù e San Paolo; un momento, inoltre, che si separa dal riposo, altrettanto doveroso e importante; e soprattutto, un momento in cui, valorizzando il binomio uomo-natura, la persona umana si fa collaboratrice di Dio nello ‘sviluppo della creazione’”. Ha citato poi i testi di Paolo VI e del Concilio Vaticano II, auspicando “una rinnovata teologia del lavoro che tenga conto della nuova riflessione maturata grazie alla Laudato si’ e che ci porta in almeno due direzioni”. Innanzi tutto è necessario denunciare la “radice umana della crisi ecologica”; “in questo modo, il lavoro si disumanizza e diventa uno strumento di manipolazione della nostra casa comune”. La seconda strada da percorrere è quella sancita da “un semplice quanto fondamentale principio evangelico che troppo spesso viene marginalizzato nella vita quotidiana: il lavoro è a servizio della persona umana e non il contrario”.

Al servizio della persona

Secondo il presidente della Cei, affermare, basandosi sui Vangeli, che “il lavoro è al servizio della persona umana e non il contrario” significa “pronunciare dei No e dei Sì”. “Il No – ha spiegato – si riferisce al rifiuto deciso dell’idolatria del lavoro che produce solamente carrierismo, affermazione individualista di se stessi e desiderio avido di avere sempre maggiori ricchezze. Il Sì, invece, va indirizzato al rapporto fondamentale con il tempo di riposo. Il lavoro è solo una parte della giornata di un uomo. Il resto deve essere dedicato all’otium, al tempo libero, alla famiglia, ai figli, al volontariato, alla preghiera”. In altre parole, “la difesa e la valorizzazione della dignità umana deve essere il concetto chiave di ogni teologia del lavoro”.

La questione sociale

“Tutto il mondo occidentale è attraversato da una nuova questione sociale che ha profondamente mutato il rapporto tra l’uomo e il lavoro, oltre che la relazione tra l’uomo e la macchina”, ma “da nuove disuguaglianze sociali”. Bassetti ha poi ricordato come “non è affatto un dato ineluttabile ma è determinato da dinamiche che dipendono dall’uomo e si radicano nella drammatica separazione tra etica ed economia, a partire dal presupposto che ‘gli affari sono affari’ e in essi l’etica non deve entrare”. “È così che il mondo del lavoro troppo spesso mette al centro il profitto – ha avvisato il porporato – dimenticando la persona e rendendola di fatto schiava di logiche e strutture che la opprimono, invece che liberarla e assicurarle sicurezza e autonomia”.

“Inaccettabile la fuga dei giovani”

Bassetti ha poi lanciato l’allarme: “Reddito e occupazione non solo stanno favorendo le generazioni più vecchie, ma stanno incentivando una drammatica emigrazione di massa dei nostri giovani”. Poi ha affermato: “Lo voglio dire senza tentennamenti: questa situazione è inaccettabile! Si tratta di un fenomeno ingiusto che è il risultato di un quadro sociale ed economico dell’Italia estremamente preoccupante”. Citando i dati dell’Istat, il porporato ha descritto l’Italia “un Paese vecchio, anzi, rapidamente invecchiato; con livelli di povertà costantemente superiori rispetto alla media europea; con tassi di disoccupazione estremamente alti; e con uno sviluppo economico che stenta a ripartire con decisione”. Una fotografia allarmante che “non può lasciare indifferenti tutte quelle donne e quegli uomini ‘liberi e forti’ che hanno veramente a cuore il bene comune. C’è un sistema-Paese da promuovere e da valorizzare con tutte le nostre energie migliori”. Dal canto suo, la Chiesa “non intende certo sostituirsi alle istituzioni o occupare spazi impropri, ma vuole dare il suo contributo che nasce dal Vangelo e dalla dottrina sociale” e “si impegna ad approntare tutte le iniziative che sono in suo potere per promuovere il lavoro e favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di chi ne sia ancora ai margini”. Bassetti ha ricordato poi “tre possibili impegni della Chiesa Italiana per la promozione del lavoro: l’attività degli ‘oratori come LabOratori’; in secondo luogo, la possibilità di rendere le parrocchie e le diocesi dei luoghi di indirizzo, che forniscano ai giovani le informazioni essenziali per cercare lavoro, attraverso una sezione del sito Cei, costantemente aggiornata; terzo, le borse lavoro, da creare a livello diocesano per avviare all’attività lavorativa in particolare i giovani Neet, quelli che non studiano né cercano lavoro, perché ormai privi di speranza e iniziativa”. Da qui l’invito a “sottoscrivere un protocollo-quadro a livello nazionale tra la Cei e le principali organizzazioni imprenditoriali per favorire e agevolare iniziative locali sulla base di un format nazionale, flessibile e adattabile alle singole realtà locali”.

“Provvedimenti concreti”

Parlando poi della politica, il cardinale ha tuonato: “Il tempo delle chiacchiere è finito. Così come è ormai definitivamente concluso il tempo dei finanziamenti pubblici senza un progetto”. Poi il monito “Questo tempo ci ha lasciato un debito pubblico, che non è solo un preoccupante costo economico per lo Stato, ma è soprattutto un drammatico costo sociale per la vita delle persone”. “In Italia esiste ormai da tempo una grande questione antropologica, che è soprattutto una grande questione generazionale: mi riferisco ai tanti giovani precari e disoccupati, sulle cui spalle è caduto, non solo il costo della crisi economica scoppiata nel 2008, ma anche il costo iniquo di una politica miope che, nei decenni passati, ha sprecato risorse importanti del Paese perché non ha avuto la lungimiranza di guardare al futuro”, ha proseguito. “Mai come oggi – ha fatto notare Bassetti – serve una politica coraggiosa che scelga come norma di indirizzo l’imperativo del bene comune: quell’imperativo che si prende cura della popolazione, a partire dai poveri e dai giovani, in modo autentico con provvedimenti concreti e non solo a parole. Le parole se le porta via il vento, i provvedimenti concreti sono invece un tentativo realistico per il futuro dell’Italia e dell’Europa”.

“Un nuovo patto sociale per il lavoro”

Quello che serve oggi all’Italia, ha sottolineato il presidente della Cei, è “un nuovo patto sociale per il lavoro”. Il porporato ha così rilanciato le parole che Papa Bergoglio aveva rivolto alla Cisl il 28 giugno scorso: “Un patto sociale, aggiungo io, che oltre a salvaguardare la dignità umana sappia, al tempo stesso, creare occupazione e sviluppare veramente l’Italia con degli investimenti mirati per un grande progetto per il Paese e non solo con delle misure emergenziali”. Poi alcune proposte concrete: “È forse giunto il momento per proporre un grande Piano di sviluppo per l’Italia, che si basi su due elementi di cruciale importanza: la famiglia e la messa in sicurezza del territorio”. “Bisogna avere il coraggio di investire su questi due fattori che possono essere concretamente due traini per il mondo del lavoro e per un migliore equilibrio della società – ha spiegato Bassetti -. Perché la famiglia e il territorio sono due elementi che hanno, al tempo stesso, una grande caratura morale e un immediato ritorno economico”. Poi l’invito ad applicare il “fattore famiglia” sulle tasse, “incrementando il numero degli asilo nido e sviluppando nuove tutele della maternità e della paternità”; ciò significherebbe “favorire un diverso rapporto tra la famiglia e il lavoro, tra il tempo dedicato all’attività lavorativa e il tempo libero dedicato alla famiglia, al volontariato e al riposo”. Bassetti è convito di una cosa: “Progettare un Piano di sviluppo per l’Italia” significa anche “elaborare e attivare un grande progetto per la tutela e la messa in sicurezza del territorio, del suo paesaggio e delle sue inestimabili opere d’arte”. “Non è più possibile – ha obiettato – ridurre la nostra azione alla pur lodevole e pietosa compassione per i nostri fratelli che perdono la vita in questi tragici eventi naturali. È assolutamente doveroso prevenire queste calamità naturali con un progetto serio e concreto come avviene in molti altri Paesi del mondo”. Per il cardinale “occorre mettere a sistema aziende private e pubbliche, snellire procedure e regolamenti e fare degli investimenti mirati nel tempo che possano portare ad assumere i nostri giovani laureati sia in materie scientifiche che umanistiche, operai specializzati e semplice manovalanza”.

“Coniugare pane e grazia”

Infine l’appello a “dare a questo Piano di sviluppo per l’Italia un’idea alta e nobile, per il bene comune del Paese senza ridurlo all’ennesima occasione di ricerca di denaro pubblico”. E’ “fondamentale investire sulle energie morali del Paese, sui giovani talenti e su tutti quegli uomini e le donne di buona volontà che hanno veramente a cuore l’Italia e che credono che questo Paese possa crescere tutto insieme, senza strappi e senza rincorrere gli egoismi sociali, ma nel nome dei grandi uomini e delle grande donne che hanno fatto l’Italia”. “Il mio sogno – ha rivelato – è quello di un grande progetto per l’Italia ispirato da quel clima di ricostruzione del Paese che aveva animato i Padri costituenti e tutta quella gente semplice che, dopo la seconda guerra mondiale, o dopo i grandi disastri come l’alluvione del Polesine o il terremoto del Friuli, si è rimboccata le maniche e in silenzio ha ricostruito il Paese casa per casa, strada per strada, scuola per scuola”. Cita poi Giorgio La Pira, che nel 1961, a Firenze, mentre stava aspettando la visita di un politico britannico a Palazzo Vecchio, scrisse: “Ho un solo alleato: la giustizia fraterna quale il Vangelo la presenta”. “Queste semplici parole sono ancora oggi valide – ha ammonito il porporato -perché non sono soltanto delle parole, ma rappresentano la traduzione dei più importanti principi cristiani in ambito politico. La nostra ‘vocazione sociale’ consiste in questo: nel coniugare il pane e la grazia, il diritto al lavoro con la libertà religiosa in un mondo plurale”. “Non mancano segni di speranza per il mondo del lavoro, tra i quali la parziale ripresa economica“. “La Chiesa, da parte sua, è pronta a dare il suo contributo, a promuovere percorsi di formazione, inclusione e sviluppo – ha concluso -, con l’ispirazione di quell’umanesimo cristiano del quale vogliamo farci instancabili annunciatori in ogni luogo e in ogni occasione, in modo che lo splendore che rifulge sul volto di Cristo possa illuminare ogni persona e rinnovare ogni ambito della convivenza umana”.

Mons. Santoro: “Possibile la rigenerazione umana e ambientale”

“Questa Settimana sociale parte dai volti della persone, non da statistiche o da teorie economiche anche se numeri e teorie hanno la loro importanza”. E’ questo il motivo per cui  “mi permetto di chiedere a tutti di non staccarci nemmeno per un minuto dalla drammaticità espressa dalle immagini concrete delle vittime di incidenti sul lavoro, dei disoccupati che ci visitano ogni giorno, degli inattivi, dei cinquantenni in stand by, o meglio nel limbo o proprio nel purgatorio”. E’ questo l’invito che ha rivolto monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico della 48maª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani. Ricordando che “era dal 1970 che non si realizzava una Settimana sociale sul tema del lavoro”, il presule ha evidenziato come tramite questa manifestazione “vogliamo mettere al centro della nostra attenzione il fatto che il nostro lavoro ha una sua grande dignità perché partecipa all’opera creatrice di Dio e la svolge nel tempo”. Il vescovo ha poi auspicato che “i nostri interventi partano dal cuore e diventino proposte come se si trattasse di un nostro fratello o figlio, o figlia non da raccomandare, ma da incamminare al lavoro e non ad un incessante pellegrinaggio tra i vari centri per l’impiego”. Ponendo poi l’attenzione sui problemi del Mezzogiorno, come l’Ilva di Taranto, il monsignore ha ricordato anche la questione “più urgente dal punto di vista morale, della produzione e vendita delle armi che riguarda anche situazioni qui presenti in Sardegna”. Secondo Santoro,oggi è “possibile una rigenerazione umana, urbana ed ambientale attraverso un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale a patto che ci sia un cambiamento di paradigma nel nostro progetto di sviluppo globale che parta dal rispetto della dignità della persona umana, dalla cura della casa comune e dalla costruzione della pace”. Come il Papa, anche il vescovo di Taranto ha posto l’accento sull’“urgente necessità di un lavoro degno” e “delle condizioni che rendono possibile la sua realizzazione”. Durante questi giorni, “desideriamo ‘iniziare processi’ che impegnino le comunità cristiane e la società italiana nel suo insieme, affinché il dialogo e la convergenza fra tutte le sue componenti, credenti o non diventi uno stile di democrazia in cui il senso della giustizia prevalga sugli interessi di parte”. “Non abbiamo soluzioni prestabilite, né tanto meno ricette per l’uso”, ha aggiunto il presule, invitando i presenti “a dare il proprio contributo”, “mettendovi al servizio dell’opera comune”. Al termine di questi giorni “giungeremo a formulare proposte per il parlamento e per il governo, per i mondi economici e politici nella loro accezione più vasta”. E richiamando il contenuto nell’Instrumentum laboris, Santoro ha sottolineato come “il lavoro sia uno dei punti più decisivi attorno a cui si può sviluppare una rinnovata rilevanza pubblica dei cattolici in Italia”. “La presenza dei cattolici italiani – ha concluso – dimostra la sua qualità e la sua unità nel modo in cui si risponde al bisogno. Questo è il luogo dell’unità, un’unità nei punti nevralgici dell’esistenza e della vita. E qui c’è un cammino fertile tutto da compiere”.

Mattarella: “Il lavoro è parte essenziale della società”

Il lavoro è una componente essenziale della costruzione dell’edificio socialeed è tema che non riguarda soltanto la produzione, il mercato, l’economia: è anche condizione di piena dignità dell’uomo, di partecipazione attiva alla vita sociale, quindi di sviluppo integrale della personalità. È questa una sfida cruciale per le nostre società, che escono dalla crisi più lunga dal dopoguerra e sono chiamate ad affrontare trasformazioni assai profonde”. Con queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto all’inaugurazione della 48ª Settimana Sociale. Tramite un messaggio, letto ai presenti da mons. Santoro, Mattarella ha ricordato come “Sul lavoro si fonda la Repubblica italiana. E si fonda anche la democrazia che non può vivere senza il responsabile apporto dei propri cittadini al bene comune e senza l’affermazione di un diritto eguale. Dobbiamo compiere ogni sforzo affinché trovi piena attuazione il dettato costituzionale”. Secondo il presidente della Repubblica, “possiamo diventare protagonisti del domani, e per farlo dobbiamo continuamente attualizzare e rinvigorire i valori che sono alla base della nostra convivenza, di fronte a sfide di dimensione planetaria in cui l’intero continente europeo deve saper essere decisivo”. “L’era dei robot e della telematica – ha fatto notare – inciderà sull’occupazione, ma quella del lavoro non è una battaglia dagli esiti segnati”. “Cresce, infatti, il bisogno di un modello di sviluppo sostenibile, accompagnato da un modello sociale sempre più attento alla persona e alla comunità”, ha sottolineato Mattarella, aggiungendo che “cresce il bisogno di una migliore armonia con l’ambiente, di una manutenzione e trasformazione dei paesaggi urbani e rurali in modo da accrescere la qualità del vivere, e con essa anche le potenzialità economiche, le quali tendono invece a esaurirsi quando prevalgono ragioni di sfruttamento e diseguaglianza rispetto alla responsabilità verso le generazioni di domani”.

Gatti: “Un manifesto di proposte al governo”

“Non possiamo all’esordio di queste giornate, non dedicare un pensiero e una preghiera a coloro che a causa del lavoro hanno perso la vita, ai loro familiari, ai loro colleghi, ai loro amici. Sono stati 696 nei primi nove mesi di questo 2017”. Sergio Gatti, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, ha esordito così il suo intervento a Cagliari, dove si sono aperti i lavori della Settimana dedicata al tema del lavoro. “Non possiamo non ricordare e non pregare per almeno tre persone che hanno perduto la vita, per mano di altri uomini, perché col loro lavoro volevano riformare le regole del lavoro degli altri, rendere migliore il lavoro degli italiani”, ha proseguito ricordando Ezio Tarantelli, Massimo D’Antona, Marco Biagi. “La nostra è una Settimana 4×4 – ha spiegato -.  E’ stata chiamata ad arrampicarsi su piste impegnative”. Nella storia secolare della Settimane Sociali, infatti, il lavoro era stato considerato solo due volte, nel 1946 e nel 1970: “Erano anch’esse stagioni travagliate, passaggi d’epoca dove cambiavano paradigmi e la storia doveva scavalcare una faglia. Anche allora, erano strade in salita”. Gatti ha poi citato uno studio dell’Università di Oxford nel quale si è rilevato che il 47% dei lavori che conosciamo non ci sarà più da qui al 2037: “Ma a estinguersi saranno le professioni che possono essere sostituite dalla robotica e dall’intelligenza artificiale. Per il resto non ci sarà necessariamente un aumento della disoccupazione, bensì un cambiamento del mercato del lavoro”. Di qui la centralità della preparazione delle competenze: “La digitalizzazione, l’automazione, la gestione dei dati delle persone, le nuove modalità di selezione e fruizione dei servizi-acquisto dei prodotti ci riguardano. Il governo dello sviluppo tecnologico ci pone responsabilità inedite”. Tra le sfide da raccogliere, Gatti ha citato quella di “intervenire per diminuire le disuguaglianze e impostare una relazione positiva tra condizione di lavoro umano e innovazione tecnologica”, superando le “nuove disuguaglianze”, e in particolare “la divaricazione tra lavoratori a più alta qualifica e lavoratori con mansioni a basso tasso di conoscenza”. Come riporta il Sir, Gatti ha poi anticipato che il bagaglio che ciascuno dei mille partecipanti alla Settimana sociale di Cagliari porterà con sé sarà una specie di “manifesto” di “proposte chiare e di impegni responsabili”. Un manifesto, secondo il relatore, che conterrà “un messaggio al Paese, a tutti gli italiani: non solo ai cattolici italiani che vivono dentro e fuori l’Italia; non solo ai cattolici in Italia, quelli non italiani che vivono e lavorano in Italia. Un messaggio sul senso del lavoro, sulla dimensione politica del lavoro, sulla necessità del lavoro che unge di dignità il pane quotidiano”. Troveranno spazio “gli impegni che si assume la comunità ecclesiale italiana”, sotto forma di “un pacchetto articolato di proposte concrete”. “Alcune le consegneremo al governo italiano, altre alle istituzioni europee, in particolare all’unica istituzione democraticamente eletta, ovvero il Parlamento europeo”, ha spiegato riferendosi alla giornata di sabato 29 e domenica 30, che vedranno la presenza ai lavori rispettivamente del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. “Cagliari è solo una tappa”, ha precisato Gatti, rendendo noto che “le proposte saranno di tre tipi: alcune immediatamente cantierabili, altre strutturali, altre ancora profetiche”. “Le proposte cantierabili, che cercheremo di rendere precise e tecnicamente solide, potrebbero anche trovare spazio tra le misure della Legge di stabilità per il 2018 che il presidente Gentiloni sabato probabilmente ci illustrerà nei suoi capitoli dedicati al lavoro”, la previsione del vicepresidente del Comitato, secondo il quale, invece, “le proposte strutturali potrebbero richiedere una maturazione politica e normativa di medio periodo”. Le proposte profetiche, infine, “sono quelle che richiedono anche un passaggio culturale, istituzionale, politico, infine normativo”.

Antonio Di Mola: