L’APPELLO DEL PARROCO DI ALEPPO AI MEDIA: “PARLATE ANCHE DEI BOMBARDAMENTI DEI RIBELLI”

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In Siria, nella parte orientale di Aleppo, territorio in mano agli insorti, e in quella occidentale, controllata dai governativi, ci sono “innocenti che soffrono, con la gente che non ce la fa più, che ha perso ormai la speranza”. E’ il monito del parroco dei cattolici latini della città, Padre Ibrahim Al Sabagh, invitando i media italiani a non parlare solo dei bombardamenti compiuti dai governi sulla parte della città in mano ai ribelli.

“È un errore – sottolinea il religioso – schierarsi con una parte o con l’altra, come mi pare faccia in questi giorni buona parte della stampa presentando solo il dramma di Aleppo orientale e parlando solo delle vittime provocate dai bombardamenti governativi. Per esempio, ci sono le denunce di Medici senza Frontiere sugli ospedali distrutti dai raid governativi, ma nessuno ha detto che tre giorni fa anche una delle migliori cliniche private di Aleppo occidentale, quella delle suore di San Giuseppe dell’Apparizione, nel quartiere di Jamileh, è stata bombardata dall’altra parte, e uno o due di loro sono rimaste ferite”.

Padre Ibrahim ha accusato i ribelli, che ha chiamato “terroristi”, di farsi scudo di “innocenti civili” nella parte orientale della città, facendo loro pagare le conseguenze dei bombardamenti lealisti. Fra Ibrahim Alsabagh è il parroco di Aleppo. Nato a Damasco, dopo gli studi a Roma è tornato in Siria per stare con la sua gente. Lo abbiamo raggiunto al telefono per chiedergli di raccontare cosa significa vivere la fede in un luogo devastato come Aleppo.

In una recente intervista, gli chiesero: “Padre Ibrahim, che cosa ti permette di stare in un luogo come Aleppo, colpito e stremato dalla violenza assurda che sentiamo spesso in questi giorni?” Lui rispose: “La prima cosa è la volontà di Dio, per come l’ho percepita nella mia vita. Una volta ho fatto un patto con il Signore, quando lui mi chiedeva chiaramente di seguirLo. Io gli ho detto: ‘Signore, la vita con te è abbastanza difficile, ma senza di te è impossibile. Non ce la faccio a vivere lontano da te’. E poi, quando ho percepito la vocazione di curare gli altri, le famiglie, come sacerdote gli ho chiesto di stare lui al mio posto nella famiglia. Questa cosa mi è accaduta quando avevo 19 anni, ma è un fatto che tengo sempre presente nel mio cuore. Curare la sua famiglia, la sua gente: questa è la sua volontà, e per questo sono pronto, con tutta tranquillità, ad andare in qualsiasi posto, dove sento che sono mandato da Lui. Così quando mi hanno detto di andare ad Aleppo non ho avuto paura, pur avendo chiaro che avrei portato una croce pesante stando qui, per le condizioni di vita; ma avevo in mente il patto fatto con il Signore, e quindi per amore vado dritto per questa strada in tutta tranquillità”.

 

“Abbiamo un problema oggettivo di comunicazione, di connessione – ha proseguito -; la linea telefonica va e viene. Ma io cerco di sentire ogni giorno cosa dice il Papa. E dopo l’ultima visita in Italia mi sono accorto che noi siamo ben presenti nelle vostre preghiere, delle parrocchie e dei sacerdoti, di tanti consacrati che fanno veglie per noi. Questo dà coraggio”.

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