Assicurando la sua preghiera per la cara Venezuela, Papa Francesco lancia un appello affinché “si ponga fine alla violenza e si trovi una soluzione pacifica e democratica alla crisi”. In una piazza San Pietro gremita di pellegrini e picchiettata da un caldo sole estivo, il pensiero del Pontefice, durante la preghiera dell’Angelus, vola in Sud America, alla nazione governata da Maduro, e alle famiglie “che hanno perso i loro figli nelle manifestazioni di piazza”. Poi afferma: “Ogni persona che segue Gesù, pur con i suoi limiti, non deve avere un cuore doppio, ma semplice e unito”.
Gli aspetti del missionario
Riprendendo il brano del Vangelo proposto dalla liturgia odierna, Papa Francesco parla del mandato con il quale “Gesù istruisce i dodici apostoli nel momento in cui per la prima volta li invia in missione nei villaggi della Galilea e della Giudea”. Due sono gli aspetti che evidenzia Bergoglio “per la vita del discepolo missionario: il primo, che il suo legame con Gesù è più forte di qualunque altro legame; il secondo, che il missionario non porta sé stesso, ma Gesù, e mediante Lui l’amore del Padre celeste”. Sono due aspetti connessi, sottolinea il Pontefice, “perché più Gesù è al centro del cuore e della vita del discepolo, più questo discepolo è ‘trasparente’ alla sua presenza”.
Le priorità del discepolo
“L’affetto di un padre – dice -, la tenerezza di una madre, la dolce amicizia tra fratelli e sorelle, tutto questo, pur essendo molto buono e legittimo, non può essere anteposto a Cristo”. E ciò non perché il Signore ci vuole “senza cuore e privi di riconoscenza, anzi, al contrario; ma perché la condizione del discepolo esige un rapporto prioritario col maestro”. “Qualsiasi discepolo – sottolinea -, sia un laico, una laica, un sacerdote, un vescovo”. Quindi il Pontefice chiede: “Forse la prima domanda che dobbiamo fare a un cristiano è: ‘Ma tu ti incontri con Gesù? Tu preghi Gesù?'”.
No a un cuore doppio
“Chi si lascia attrarre in questo vincolo di amore e di vita con il Signore Gesù – prosegue – diventa un suo rappresentante, un suo ‘ambasciatore’, soprattutto con il modo di essere, di vivere”. Secondo Bergoglio, non importano “limiti” e “sbagli”, purché si riconoscano; l’importante è “non avere il cuore doppio: questo è pericoloso”. Per Francesco è importante avere un cuore “semplice, unito; che non tenga il piede in due scarpe, ma sia onesto con sé stesso e con gli altri”. La doppiezza “non è cristiana – evidenzia poi a braccio -, per questo Gesù prega il Padre affinché i discepoli non cadano nello spirito del mondo. O sei con Gesù, con lo spirito di Gesù, o sei con lo spirito del mondo”.
Essere un buon prete
Guarda poi all’esperienza sacerdotale, alla vicinanza e all'”accoglienza del santo popolo fedele di Dio” che “aiuta ad essere un buon prete!”. “C’è una reciprocità anche nella missione – aggiunge il Pontefice -: se tu lasci tutto per Gesù la gente riconosce in te il Signore; ma nello stesso tempo ti aiuta a convertirti ogni giorno a Lui, a rinnovarti e purificarti dai compromessi e a superare le tentazioni. Quanto più un sacerdote è vicino al popolo di Dio – sottolinea – tanto più si sentirà prossimo a Gesù, e quanto più un sacerdote è vicino a Gesù, tanto più si sentirà prossimo al popolo di Dio”. Nel concludere la sua riflessione, il Papa indica in Maria la strada da seguire. La Vergine Madre, infatti, “ha sperimentato in prima persona che cosa significa amare Gesù distaccandosi da sé stessa, dando un nuovo senso ai legami familiari, a partire dalla fede in Lui”.
L’appello di pace per il Venezuela
“Faccio appello affinchè si ponga fine alla violenza e si trovi una soluzione pacifica e democratica alla crisi. Nostra Signora di Coromoto interceda per il Venezuela”. Al termine dell’Angelus, guardando al prossimo 5 luglio, festa dell’indipendenza del Venezuela, il Papa assicura la sua preghiera per la cara nazione del Sud America, che affida alla protezione della Vergine di Coromoto. Bergoglio, inoltre, esprime anche la “sua vicinanza alle famiglie che hanno perso i loro figli nelle manifestazioni di piazza”. Manifestazioni, accompagnate da scontri, che proseguono da oltre tre mesi. I cittadini protestano contro il presidente Maduro, accusato di corruzione, abuso di potere, ma anche di essere l’artefice della gravissima crisi economica che attanaglia il Paese. Nelle ultime ore le autorità venezuelane hanno fatto sapere che almeno altre quattro persone sono morte negli scontri. Salgono così a 80, secondo i dati ufficiali, le vittime negli ultimi tre mesi di violenze, anche se molti attivisti sostengono che siano almeno 90.
I vescovi venezuelani contro la dittatura
Nei giorni scorsi, la Conferenza Episcopale Venezuelana ha chiesto al governo “di riconsiderare la situazione”, di non impiantare “un sistema totalitario militarista-marxista. I presuli chiedono anche all’esecutivo di Caracas “di desistere dall’utilizzare risorse legali per smantellare lo Stato”. Per il cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, che chiede di porre fine ad ogni violenza, “si potrebbe parlare di guerra di un governo contro il popolo”.