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“La visita del Papa è consolante”

Una visita “attesa da tanto: il S. Padre ci conosce, ha una particolare sensibilità per i migranti e la nostra comunità è soprattutto una comunità di immigrati”. Così Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč ha presentato la visita che Papa Francesco compirà domenica pomeriggio nella basilica minore di S. Sofia, in via Boccea, chiesa di riferimento della comunità greco-cattolica ucraina. “Inoltre – ha proseguito il prelato – il S. Padre ha un grande cuore per le mamme e le nonne e la stragrande maggioranza delle persone che frequentano le nostre parrocchie sono donne costrette a lasciare la patria e la famiglia per lavorare e mantenere i loro cari in Ucraina”.

L'antico maestro

C'è anche un motivo personale che ha spinto Francesco a visitare questa chiesa: nella basilica, infatti, è sepolto anche il vescovo Stepan Chmil “educatore salesiano conosciuto da Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires” dove padre Stepan fu il primo missionario salesiano ucraino in Argentina a partire dal 1948. “Quando i ragazzi dormivano – ha raccontato l'arcivescovo – questo padre lo svegliava e gli chiedeva di accompagnarlo nella celebrazione della liturgia con il rito bizantino“. Un vescovo che “ha conosciuto la realtà della Chiesa cattolica sofferente sotto il comunismo nell'allora Unione Sovietica”.

La guerra dimenticata

Ma inevitabilmente la visita del Papa non riguarderà solo gli ucraini presenti a Roma e in Italia. “Da quattro anni subiamo l'aggressione di un Paese vicino – ha detto mons. Shevchuk riferendosi alla Russia – Ci sono milioni di sfollati, centinaia di migliaia di feriti e uccisi ma, come ha detto il cardinale Parolin, è una guerra dimenticata, nonostante sia la più grande crisi umanitaria dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Questo incontro per noi è consolante – ha aggiunto l'arcivescovo – La gente che vive questo dolore si pone domande esistenziali, anche chi non è credente: perché? Dio ci ha abbandonati? Siamo soli e dimenticati da tutti? La presenza paterna del Papa è la risposta: no, non siete soli, Dio soffre con voi e in voi“. Mons. Shevchuk, rispondendo a una domanda, ha poi aggiunto: “Ci fa male che non se ne parli più, che la guerra non faccia più notizia. Non so perché, ma è così. E' una guerra 'ibrida', dove c'è una manipolazione della verità. Anche il cardinale Segretario di Stato durante la sua recente visita a Mosca ha denunciato l'inammissibilità di manipolare la verità. Invece c'è una guerra di informazione. Il 7% del territorio, il Donbass, è occupato dalle forze armate russe. E' una zona industriale importante. Prima della guerra ci abitavano 5 milioni di persone, ora solo 2. Gli scontri militari continuano, le scuole sono quasi tutte distrutte. Il nunzio apostolico mons. Gugerotti ogni volta che visita quelle zone è sempre più depresso. La guerra continua e diventa più grave”. Un altro pericolo denunciato dall'arcivescovo è quello della catastrofe ambientale: “Quella zona è ricca di miniere di carbone. Molte sono state chiuse e riempite d'acqua. Poi alcune sono state scavate con esplosioni nucleari sotterranee. Questo rischia di contaminare l'acqua potabile“. L'arcivescovo ha ricordato “l'azione umanitaria senza precedenti del Papa, che ha donato 5 milioni di euro e ha promosso la colletta in tutta Europa con cui sono stati raccolti altri 15 milioni. Ma la situazione è sempre più grave. Scusate se mi accaloro – ha detto mons. Schevchuk ai giornalisti – ma non vedo statistiche, vedo persone, bambini feriti e mutilati… E' una guerra dimenticata” ha ripetuto.

L'ecumenismo

Il conflitto ha avuto pesanti ripercussioni anche sul dialogo ecumenico. “Non a livello di popolazione – ha detto mons. Schevchuk – quanto a livello di Chiese istituzionali“. In Ucraina oltre alla Chiesa cattolica di rito latino e di rito bizantino, ci sono le Chiese ortodosse, a cui appartiene la maggior parte della popolazione, frammentate nel patriarcato di Mosca, in quello di Kiev e nella Chiesa autocefala. Il patriarca della Chiesa legata a Mosca, Onufry, è molto più chiuso al dialogo del suo predecessore Vladimir: da quattro anni cerco di incontrarlo senza risultati. Tra le varie Chiese ortodosse c'è grande rivalità mentre a livello di Consiglio delle Chiese riusciamo ancora a collaborare per il bene del Paese”. Quali le cause di questa situazione: “Sono diverse – ha detto l'arcivescovo – ma soprattutto il problema è la strumentalizzazione della religione da parte del potere politico e di un Paese che si presenta come aggressore. La fiducia nelle istituzioni è bassa: il rating maggiore è per l'esercito, che difende la popolazione, e per la Chiesa. Perciò i politici cercano di strumentalizzarla. Una voglia che aumenta all'avvicinarsi delle elezioni. La gente si aspetta da noi luce che indichi la strada da seguire per ricostruire il Paese sui valori della dottrina sociale”.

In Italia

Diaspora, guerra, crisi umanitaria: come risponde la comunità ucraina di fronte alle “domande esistenziali” cui ha fatto riferimento l'arcivescovo? “In Italia ci sono circa 500.000 ucraini – ha risposto – La stragrande maggioranza sono greco-cattolici. Abbiamo 145 tra parrocchie, cappellanie e centri pastorali, con 65 sacerdoti. Le richieste di sacerdoti aumentano ogni giorno. Nelle chiese la domenica vengono circa 16.000 persone: sono poche. Nei giorni di grandi feste, come Natale e Pasqua, ne vengono 70.000. Queste persone richiedono maggior assistenza pastorale. Non siamo stati capaci finora di rispondere in modo sufficiente”. Mons. Schevchuk lo afferma con grande umiltà malgrado i dati dicono che le quattro liturgie domenicali a S. Sofia sono sempre piene, anche di molte badanti che portano a Messa gli anziani italiani da loro assistiti e che diversi sacerdoti confessano per ore e ore. “Secondo le statistiche un terzo degli ucraini in Italia ha meno di 30 anni, intere generazioni sono nate qui e molti vogliono restare. I nostri centri pastorali sono pieni di vita”. E spesso “sono l'unico spazio di assistenza per l'assistenza non solo spirituale ma anche sociale e umana”.

Il programma

Papa Francesco arriverà alle 16, accolto dai canti natalizi tradizionali (“per noi il tempo di Natale è molto lungo – ha ricordato mons. Schevchuk – finisce il 18 febbraio che secondo il calendario giuliano è la festa della presentazione di Gesù al tempio”). Dopo i saluti al S. Padre saranno presentati i gruppi, i bambini e le persone che proprio domani riceveranno le onorificenze in onore di padre Emilian Kowcz, il beato che salvò centinaia di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale e per questo fu arrestato dalla Gestapo e ucciso nel campo di concentramento polacco di Majdanek. “E' il volto autentico della nostra Chiesa – ha detto mons. Schevchuk – che ci ricorda che noi ucraini siamo in Italia per gettare ponti“. Poi il Papa scenderà nella cripta per pregare sulla tomba di padre Chmil e prima di tornare in Vaticano potrà ammirare gli splendidi mosaici della basilica.

I precedenti

L'ultima visita di un Pontefice a S. Sofia fu quella di San Giovanni Paolo II nel 1984 per rendere omaggio alla camera ardente del cardinale Josyp Slipyj, che tra l'altro aveva voluto la costruzione della basilica. E proprio alla consacrazione della chiesa nel 1969 risale l'altra visita di un Papa, il beato Paolo VI, che donò le reliquie di San Clemente, legato all'Ucraina perché morì in esilio in Crimea: le sue spoglie furono riportate a Roma dai santi Cirillo e Metodio quando presentarono al Pontefice Niccolò I i libri liturgici in paleoslavo.

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