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La solidarietà del Papa in una tendopoli calabrese

La "lavanderia di Francesco" nel centro di San Ferdinando. Cardinale Krajewski: "Esistono posti di vergogna per tutti noi"

La “Lavanderia di Papa Francesco e servizio docce” e l’Help Desk Presidio, sono due strumenti per dare forma concreta alla carità e al tempo stesso intelligenza alle opere di misericordia per restituire dignità a tante persone, a partire da quelle più povere. All’inaugurazione della struttura solidale oltre al cardinale Konrad Krajewski hanno preso parte monsignor Francesco Savino, vice presidente della Cei e vescovo di Cassano allo Ionio, monsignor Giuseppe Alberti, vescovo della diocesi di Oppido-Palmi. Il sindaco di San Ferdinando Luca Gaetano e la prefetta di Reggio Calabria Clara Vaccaro. L’iniziativa è stata realizzata dalla Elemosineria Apostolica coinvolgendo la Caritas. Il centro è stato attivato davanti alla tendopoli di San Ferdinando. Uno dei tanti ghetti per lavoratori immigrati di colore che nella Piana di Gioia Tauro vengono impegnati e spesso sfruttati nella raccolta degli agrumi.

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L’aiuto del Papa

“E’ un segno nuovo e vecchio– spiega il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere Apostolico -. Papa Francesco in tanti posti ha aperto delle lavanderie e le docce. Questo è un gesto evangelico per dare dignità alle persone ma anche per far vedere agli altri che esistono oggi come oggi questi posti difficili da capire. E sono posti di vergogna per tutti noi. Non c’è la luce, non c’è il gas e spesso non c’è neanche l’acqua corrente e qui ci sono mille persone e sono senza documenti e se sono senza documenti lavorano in nero, non possono aprire conti correnti, non posso affittare case. Uno di loro tempo fa mi ha detto che i motorini hanno la targa e loro non possono avere documenti. E chi siamo noi?”. Aggiunge il porporato: “Ecco questi sono gesti del Santo Padre per invitare tutti noi a capire cosa vogliamo fare oggi e capire che per noi non è vero che sono invisibili, essi, sono molto visibili per noi che passiamo davanti a questi luoghi e giriamo la testa dall’altra parte che dobbiamo fare qualcosa in più. Questa iniziativa che si ripete nel tempo è motivo di gioia per me perché questa è una ulteriore possibilità di farsi prossimi all’umanità ferita, un modo per manifestare la presenza e la vicinanza di Dio agli ultimi”.

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