Sparlare, il miglior modo per spianare la strada alle dittature. E' il senso della riflessione di Papa Francesco durante l'omelia pronunciata questa mattina a S. Marta, prendendo spunto dall'episodio narrato nel Primo libro dei Re in cui Acab, con l'aiuto omicida della perfida moglie Gezabele, si impossessa della vigna di Nabot. Quest'ultimo si era rifiutato di cedere al re il terreno perché rappresentava l'eredità dei suoi padri. Il sovrano, ha spiegato il S. Padre, si comporta in modo “capriccioso, fa come i bambini quando non ottengono ciò che vogliono: piange. Poi, su consiglio della moglie crudele, Gezabèle, lo fa accusare di falsità, lo fa uccidere e prende possesso della sua vigna”. Dunque Nabot è un “martire della fedeltà all’eredità” ricevuta dai padri, che andava oltre il mero valore materiale, era “un’eredità del cuore”. Ma il comportamento di Acab è quello di tanti che hanno autorità e condannano usando le calunnie: è la storia di Gesù, di Stefano e di tantissimi altri martiri. E' la storia di “tanti capi di Stato o di governo” che “dopo aver distrutto sia una persona sia una situazione con quella calunnia” giudicano e condannano. “Anche oggi – ha aggiunto il Papa – in tanti Paesi, si usa questo metodo: distruggere la libera comunicazione. Per esempio pensiamo: c’è una legge dei media, di comunicazione, si cancella quella legge; si dà tutto l’apparecchio della comunicazione a una ditta, a una società che calunnia, dice delle falsità, indebolisce la vita democratica. Poi vengono i giudici a giudicare queste istituzioni indebolite, queste persone distrutte, condannano, e così va avanti una dittatura. Le dittature, tutte, hanno incominciato così, con adulterare la comunicazione, per mettere la comunicazione nelle mani di una persona senza scrupolo, di un governo senza scrupolo”.
Dittature in guanti bianchi
Ma questo vale “anche nella vita quotidiana” ha affermato Francesco: per distruggere una persona “incomincio con la comunicazione: sparlare, calunniare, dire scandali. E comunicare scandali è un fatto che ha una seduzione enorme, una grande seduzione. Si seduce con gli scandali. Le buone notizie non sono seduttrici: 'Sì, ma che bello che ha fatto!' E passa… Ma uno scandalo: 'Ma hai visto! Hai visto questo! Hai visto quell’altro cosa ha fatto? Questa situazione… Ma non può, non si può andare avanti così!' E così la comunicazione cresce, e quella persona, quella istituzione, quel Paese finisce nella rovina. Non si giudicano alla fine le persone. Si giudicano le rovine delle persone o delle istituzioni, perché non possono difendersi. La seduzione dello scandalo nella comunicazione porta proprio all’angolo”, “distrugge” come è accaduto a Nabot, ha detto Francesco, che ha poi ricordato la storia di Santo Stefano: “Questo è il dramma dell’avidità umana – ha continuato il Papa – Tante persone, tanti Paesi distrutti per dittature malvagie e calunniose. Pensiamo per esempio alle dittature del Secolo scorso. Pensiamo alla persecuzione degli ebrei, per esempio. Una comunicazione calunniosa, contro gli ebrei; e finivano ad Auschwitz perché non meritavano di vivere. Oh… è un orrore, ma un orrore che succede oggi: nelle piccole società, nelle persone e in tanti Paesi. Il primo passo è appropriarsi della comunicazione, e dopo la distruzione, il giudizio, e la morte”. E per concludere, il S. Padre ha ricordato le partole di S. Giacomo che parla della “capacità distruttiva della comunicazione malvagia” e ha invitato a pensare “a tante persone distrutte, a tanti Paesi distrutti, a tante dittature con ‘guanti bianchi’“.