Qual è oggi il valore della purezza? E della castità? Sembrano concetti dal passato. Talvolta ci sentiamo “puliti”, per poi renderci conto della nostra imperfezione e, quindi, impurità.
I tempi che viviamo ci fanno capire quanto siamo, purtroppo, lontani dalla purezza. Ma paradossalmente questa presa di coscienza finisce col liberarci dall'aspirazione al perfezionamento: se siamo così deboli, è il ragionamento più frequente, allora tanto vale adeguarci alla realtà. Restiamo in una sorta di pantano morale e ci facciamo l'abitudine. La conseguenza è un'evoluzione del concetto di peccato e della nostra capacità di commetterlo. Mancano, infatti, tanto il radicalismo di 50 e 100 anni fa che la determinazione, l'entusiasmo e il coraggio.
Oggi, dunque, ci sembra risibile la preoccupazione degli scribi e dei farisei per la purezza. Un tranello teso per poter cogliere in fallo Gesù che Lui, però, capisce subito. E quindi sposta l'accento del dibattito dalle cose secondarie ed accidentali a quelle essenziali. Ciononostante il tema della purezza rimane: Gesù non lo cancella ma le ribadisce. E le Sue parole sono rivolte anche a noi, che siamo chiamati a non scusarci troppo facilmente.
La prima cosa che dobbiamo imparare da questa lezione è il legame organico tra la purezza e il nostro cuore, cioè con la nostra intimità spirituale ed esistenziale. Spesso siamo portati, infatti, a pensare alla purezza come un qualcosa di esterno a noi, visibile, facile da realizzare (con le pulizie ad esempio). Non ci vuole troppa filosofia per valutare se una cosa è pura o non lo è. Lo sappiamo bene quando prepariamo e indossiamo i nostri vestiti per qualche occasione importante. Eppure, anche sotto abiti lindi e pinti può nasconderci un corpo sporco o non perfettamente pulito.
Cristo, però, ci libera da questo concetto di purezza. La chiave è dentro di noi, nel nostro cuore. Cosa significa questo? La risposta è nella seconda cosa che dobbiamo imparare: la necessità di un ideale di purezza e, quindi, di castità. Se non sappiamo cosa significa avere un cuore puro dobbiamo riflettere, meditare, e, piano piano, avvicinarsi modello voluto da Gesù.
Nonostante i cambiamenti culturali e morali degli ultimi decenni restiamo sensibili – con una sorta di nostalgia – nei confronti degli ideali. Questa sensibilità è il segno, la traccia nella quale si fa sentire il nostro cuore, quello che abbiamo dentro, di cui non ci ricordiamo quasi più. Perché ci fermiamo alla superficie, pensando di non aver più bisogno di spiritualità. Il cuore, però esiste. La nostra vita non si svolge solo fuori da noi. Essere puliti esternamente non basta e lo sappiamo. Perché il vestito più lavato e profumato non riesce a nascondere la miseria di chi lo porta.
Forse sarebbe meglio vivere nella sporcizia, risparmiando il tempo e gli sforzi che richiede l'essere puliti. Ma sappiamo che non staremmo bene. Vogliamo chiarezza, ordine, purezza. Sono segnali lanciati dal nostro cuore, sospiri, sussurri delicati e gentili. Non trascuriamo la sua voce.
Bernard Sawicki OSB, Coordinatore dell'Istituto Monastico, Pontificio Ateneo Sant'Anselmo, Roma