“La coscienza cristiana non si costruisce a tavolino ma nel rapporto con Dio”

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Non esiste una vita cristiana fatta a tavolino, scientificamente costruita, dove basta adempiere qualche dettame per acquietarsi la coscienza: la vita cristiana è un cammino umile di una coscienza mai rigida e sempre in rapporto con Dio, che sa pentirsi e affidarsi a Lui nelle sue povertà, senza mai presumere di bastare a sé stessa”. Papa Francesco celebra allo Stadio Dall’Ara di Bologna la Santa Messa, culmine della visita pastorale in Emilia-Romagna. Il cielo plumbeo non ha impedito ai tanti cittadini bolognesi di prendere parte alla celebrazione. Sul palco, accanto all’altare, è presente il quadro della “Madonna di San Luca”, proveniente dall’omonimo Santuario. Nell’omelia, il Pontefice commenta il brano evangelico del giorno (cfr. Mt 21, 28-32) lasciando ai bolognesi “tre parole” su cui meditare: “Parola, Pane, Poveri”.

Le contraddizioni del cuore

Il Papa esordisce ricordando come la “Parola di Dio fa ardere il cuore” degli uomini, “perché ci fa sentire amati e consolati dal Signore”. Quella di Dio, rimarca il Pontefice, è una parola “viva”, ma allo stesso tempo “tagliente”, così come è descritto nel Vangelo di Matteo: “penetra nell’anima e porta alla luce i segreti e le contraddizioni del cuore“. Riassume quindi la parabola dei “due figli che, alla richiesta del padre di andare nella sua vigna rispondono: il primo no, ma poi va; il secondo sì, ma poi non va”. Ma tra i due, fa notare Bergoglio, c’è una grande differenza: il primo figlio è “pigro”, il secondo “ipocrita”. Cosa accade dentro questi due giovani? “Il ricordo del padre ha ridestato il primo figlio dalla pigrizia, mentre il secondo, che pur conosceva il bene, ha smentito il dire col fare”, e questo perché “era diventato impermeabile alla voce di Dio e della coscienza”, tanto da abbracciare senza problemi “la doppiezza di vita”. Due sono le strade che Gesù ci pone davanti: “Non siamo sempre pronti a di dire sì con le parole e le opere, perché siamo peccatori. Ma possiamo scegliere se essere peccatori in cammino, che restano in ascolto del Signore e quando cadono si pentono e si rialzano; oppure peccatori seduti, pronti a giustificarsi sempre e solo a parole secondo quello che conviene”.

Un modo sbagliato di vivere

Gesù rivolge questa parabola “ad alcuni capi religiosi del tempo, che assomigliavano al figlio dalla vita doppia, mentre la gente comune si comportava spesso come l’altro figlio”. Quei capi conoscevano le regole della religione “in modo formalmente ineccepibile”, come “veri intellettuali”. Tuttavia, fa notare il Pontefice, “non avevano l’umiltà di ascoltare, il coraggio di interrogarsi, la forza di pentirsi”. Per questo Gesù li rimprovera, affermando che persino “i pubblicani li precedono nel Regno di Dio“. “Dov’è il problema di questi capi?”, si interroga Bergoglio, che poi risponde: “Non sbagliavano in qualcosa, ma nel modo di vivere e pensare davanti a Dio: erano, a parole e con gli altri, inflessibili custodi delle tradizioni umane“, ma “incapaci di comprendere che la vita secondo Dio è in cammino e chiede l’umiltà di aprirsi, pentirsi e ricominciare”.

Il pentimento

Questo, prosegue il Papa, ci fa capire che “non esiste una vita cristiana fatta a tavolino, scientificamente costruita“. Al contrario, essa “è un cammino umile di una coscienza mai rigida e sempre in rapporto con Dio, che sa pentirsi e affidarsi a Lui nelle sue povertà, senza mai presumere di bastare a sé stessa”. In tal modo “si superano le edizioni rivedute e aggiornate di quel male antico, denunciato da Gesù nella parabola”, ovvero “l’ipocrisia, la doppiezza di vita, il clericalismo che si accompagna al legalismo, il distacco dalla gente“. La parola chiave, rivela il Santo Padre, è “pentirsi”. “Il pentimento permette di non irrigidirsi – spiega -, di trasformare i no a Dio in sì, e i sì al peccato in no per amore del Signore”. E’ nel pentimento, aggiunge, che si compie “la volontà del Padre” in noi. In altre parole: “nel cammino di ciascuno ci sono due strade: essere peccatori pentiti o peccatori ipocriti”. Tuttavia, prosegue il Papa, “quel che conta non sono i ragionamenti che giustificano e tentano di salvare le apparenze, ma un cuore che avanza col Signore, lotta ogni giorno, si pente e ritorna a Lui. Perché il Signore cerca puri di cuore, non puri ‘di fuori'”.

Incontro e dialogo

Ecco come la “Parola di Dio scava in profondità”. E lo fa anche oggi. Questa parabola, spiega Bergoglio, “ci richiama anche ai rapporti, non sempre facili, tra padri e figli”. “Oggi, alla velocità con cui si cambia tra una generazione e l’altra, si avverte più forte il bisogno di autonomia dal passato, talvolta fino alla ribellione – aggiunge -. Ma, dopo le chiusure e i lunghi silenzi da una parte o dall’altra, è bene recuperare l’incontro, anche se abitato ancora da conflitti, che possono diventare stimolo di un nuovo equilibrio. Come in famiglia, così nella Chiesa e nella società”. Poi ammonisce: “Non rinunciare mai all’incontro, al dialogo, a cercare vie nuove per camminare insieme“.

Parola, Pane, Poveri

Infine, a conclusione di questa giornata, Papa Francesco invita i bolognesi a riflettere su tre parole, “tre P”: “Parola, Pane, Poveri”. “La prima è la Parola, che è la bussola per camminare umili, per non perdere la strada di Dio e cadere nella mondanità”. “La seconda è il Pane”, quello eucaristico, “perché è nell’Eucaristia che si incontra la Chiesa: non nelle chiacchiere e nelle cronache, ma qui, nel Corpo di Cristo condiviso da gente peccatrice e bisognosa, che però si sente amata e allora desidera amare”. La terza parola è “Poveri”. “Ancora oggi, purtroppo, tante persone mancano del necessario. Ma ci sono anche tanti poveri di affetto, persone sole, e poveri di Dio – aggiunge -. In tutti loro troviamo Gesù”. “Chiediamo la grazia di non dimenticare mai questi alimenti-base, che sostengono il nostro cammino”, conclude.

Terminata la Santa Messa, Papa Francesco raggiunge in auto l’eliporto nel Centro sportivo “Corticelli”, da dove decolla per far ritorno in Vaticano.

Fabio Beretta: