Il progetto per il quale la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre ha indetto la raccolta fondi prevede una serie di interventi a difesa delle spose bambine. E cioè assistenza legale alle vittime di sequestri, matrimoni forzati e conversioni coatte. Consultazioni a livello provinciale, regionale e nazionale con le autorità di governo e i rappresentanti politici. Conferenze e seminari per accrescere la consapevolezza di tale dramma. Produzione e diffusione di materiale informativo su questo fenomeno criminale. Campagne media.
In soccorso alle spose bambine
La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs Italia) denuncia pubblicamente la piaga delle spose bambine e delle conversioni forzate in Pakistan. Come Huma Younus, quindicenne cattolica rapita nell’ottobre 2019, violentata, data in moglie al sequestratore. E oggetto di pressioni affinché abbandoni la fede e si converta alla religione della stragrande maggioranza della popolazione. La tragedia di Huma come appello alle donne e agli uomini dei media italiani. Affinché si mobilitino per far conoscere la tragedia che ogni anno sconvolge la vita di oltre mille minorenni appartenenti alle minoranze religiose del grande Paese asiatico.
Il progetto di Aiuto alla Chiesa che Soffre
La denuncia si affianca a uno specifico progetto per il quale Acs oggi lancia una raccolta fondi. Tale progetto verrà realizzato in collaborazione con la Commissione Cattolica per la Giustizia e la Pace del Pakistan. La Commissione documenta e monitora i rapimenti. I matrimoni forzati. E le conversioni coatte che si verificano ai danni di adolescenti minorenni e donne adulte appartenenti alle comunità cristiane. Inoltre organizza la loro difesa legale e sostiene finanziariamente le famiglie prive di mezzi di sussistenza.
Il contesto in cui avviene questo orrore è da incubo. La pressione esercitata dai gruppi estremisti sui tribunali. L’atteggiamento fazioso della polizia. Il timore che opprime le vittime a causa dei danni psicofisici inflitti loro dai rapitori. E lo stigma sociale che si imprime come un marchio infamante. Tutto ciò induce spesso le ragazze rapite a fare dichiarazioni a favore dei sequestratori.