La cura del corpo e quella dell’
anima. La Chiesa in
soccorso dei malati di Covid. C’è tanta sofferenza e tanto
bisogno di vicinanza, in questo tempo di
“distanziamento” reso necessario dalla pandemia. Così la Chiesa di Padova si è sentita
interpellata dall’emergenza che sta avanzando. Pensando a un piccolo segno ecclesiale per invitare tutti i cristiani a stare vicini a chi si trova
coinvolto dalla sofferenza. Sta in questo motivo
la scelta del vescovo, monsignor Claudio Cipolla, annunciata durante l’omelia della messa per i Defunti, celebrata al
cimitero Maggiore di Padova.
Accanto ai malati
“I cristiani sono chiamati a servire la vita in tutti i suoi momenti, anche quelli della malattia– spiega il vescovo-. Per indicare ciò ho incaricato un prete della nostra diocesi per una missione particolare. Stare 24 ore su 24 all’ospedale di Schiavonia, a disposizione degli ammalati di Covid, dei loro familiari, degli operatori sanitari”. La scelta è caduta su don Marco Galante, 46 anni, amministratore parrocchiale di quattro comunità ai piedi dei colli Euganei che comprendono il nosocomio. E cappellano ospedaliero da sei anni.
Conforto e vicinanza
Da ieri, d’accordo con la direzione dell’Ulss 6 Euganea, don Galante si è trasferito a vivere nell’ospedale di Schiavonia. Si tratta di uno dei 10 “Covid center” del Veneto. Il suo incarico è di essere “presenza di Chiesa“. Prossimo e vicino alla sofferenza un modo per offrire conforto. E alleviare la solitudine dei malati impossibilitati in questo periodo a ricevere visite. Ma anche per dare sostegno umano e spirituale al personale ospedaliero e medico. Ogni giorno il cappellano ospedaliero celebrerà la messa, nel pomeriggio. E chi vorrà potrà seguirla grazie al circuito interno dell’ospedale. Due mattine la settimana don Galante celebrerà per il personale ospedaliero.
Testimonianza dell’amore di Dio
La sera don Galante si collegherà via internet con le sue comunità, per la preghiera di compieta della sera. Che in questo tempo saranno accompagnate da altri due sacerdoti. “Un modo – ha commentato monsignor Cipolla – per annunciare il Vangelo della vita, un segno per invitare tutti a servire la vita e a testimoniare che Dio ama la vita, questa nostra vita umana anche nei suoi momenti più estremi”.