I cristiani sono “a rischio di estinzione” in Medio Oriente: “la comunità internazionale intervenga il prima possibile o sarà troppo tardi”. E’ il drammatico appello lanciato da monsignor Bernardito Auza, l’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite giunto al Palazzo di Vetro di New York, per trattare l’emergenza delle persecuzioni cristiane nelle terre assediate dall’Isis. Anche altre comunità etniche e religiose stanno subendo ugualmente “violazioni dei diritti umani, torture, uccisioni semplicemente per la fede che professano o per il gruppo etnico di appartenenza”, ma “i cristiani sono stati specificamente presi di mira, uccisi o costretti a fuggire dalle loro case e villaggi”.
Auza ha poi preso alcuni dati forniti da Radio Vaticana per mostrare concretamente il problema: “Solo 25 anni fa c’erano quasi due milioni di cristiani che vivevano in Iraq” mentre oggi se ne contano meno di 500 mila. Dalla Santa Sede arriva un invito a tutto il mondo “ad agire prima che sia troppo tardi”, ricordando che “l’intera comunità internazionale ha ha concordato che ogni Stato ha la responsabilità primaria di proteggere la sua popolazione da genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e pulizia etnica” e laddove non potesse o non volesse “è la comunità internazionale a dover intervenire per proteggere le popolazioni, in conformità con la Carta dell’Onu”
Il presule ha ricordato l’esortazione di Papa Francesco a fare il possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose ed ha aggiunto che il ritardo di un intervento concreto equivale a far morire ancora altre persone. Alle parole del rappresentante della Santa Sede, si aggiungono quelle del patriarca caldeo Louis Raphael I Sako: “La Primavera araba ha avuto un impatto negativo per noi cristiani in Iraq”. Nel suo intervento Sako ha poi raccontato il dramma dei profughi e dei rifugiati cristiani, fuggiti in seguito alle violenze dei fondamentalisti islamici e oggi costretti a vivere in centri di accoglienza e campi profughi. “Per quanto riguarda il mio Paese – ha detto – vi chiedo pieno sostegno al governo centrale e al governo regionale curdo nella liberazione di tutte le città irachene e, per quanto concerne in special modo noi cristiani, yazidi e Shabaks, la città di Mosul e tutte le cittadine e villaggi della piana di Ninive”.
Da Sako è giunto anche un distinguo relativo a coloro che compiono questi atti terroristici che, ha sottolineato, “non vanno generalizzati e associati, per esteso, a tutti i musulmani. Difatti vi è una maggioranza silenziosa e pacifica di musulmani che respingono la politicizzazione della religione; essi accettano di vivere una vita normale con gli altri, all’interno dello stato civile e seguendo i dettami del diritto. La pace e la stabilità non possono essere raggiunte solo grazie alle azioni militari; da sole, infatti, esse non sono in grado di smantellare questo modo totalizzante di pensare che distrugge esseri umani e pietre, in altre parola la civiltà”.
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