Cominciano finalmente a dare frutti tangibili le ricerche storiche inerenti la posizione tenuta dalla Chiesa nei confronti degli ebrei durante l’ultimo periodo del secondo conflitto mondiale, quello che vide l’Italia spaccata in due con uno Stato come la Repubblica Sociale Italiana (Rsi) nel nord apertamente complice nella persecuzione razziale. Il ricercatore Antonello Carvigiani, con un saggio pubblicato sulla rivista Nuova Storia Contemporanea, ritiene di aver trovato un documento in base al quale si potrebbe affermare che Papa Pio XII, al secolo Pacelli, abbia esplicitamente chiesto di aprire le porte dei conventi e delle chiese romane ai perseguitati per motivi politici o razziali durante l’occupazione nazista.
Già il 17 aprile 2007 il cardinale Tarcisio Bertone, allora segretario di Stato vaticano, aveva affermato l’esistenza di una tale “velina” della Segreteria di Stato di Papa Pio XII, preparata in centinaia di copie, con la quale si forniva l’orientamento di ospitare gli ebrei perseguitati dai nazisti in tutti gli istituti religiosi, di aprire anche le catacombe. Le date relative alla razzia del ghetto romano, avvenuta il 16 ottobre 1943, e ai registri dei due istituti presi in considerazione fin’ora, testimoniano a favore dell’esistenza della circolare del Papa.
Prima di Carvigiani non erano stati molti gli storici che avevano sostenuto l’esistenza di un’intervento, sia pure per evidenti ragioni ufficioso, di Papa Pacelli nella questione della Shoah. Renzo De Felice nella sua “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo” documentò che, durante la seconda guerra mondiale, a Roma 4.447 ebrei trovarono scampo in strutture ecclesiali, 2.775 furono ospitati in case religiose femminili, 992 in quelle maschili, 680 in locali dipendenti dalle chiese.