Da qualche giorno le scuole cristiane presenti in Israele sono in sciopero. Alunni e corpo docenti denunciano una doppia discriminazione nei confronti delle istituzioni cristiane. Infatti, il governo ha ridotto le sovvenzioni che attualmente coprono solo il 29% delle spese. Allo stesso tempo, il governo pone un limite alle rette che le scuole possono ricevere dalle famiglie. In tal modo, diverse scuole non riescono più a far fronte alle spese annuali e rischiano di chiudere.
Padre Abdel Massih Fahim, sacerdote francescano e direttore dell’Ufficio delle Scuole Cristiane della Custodia di Terra Santa, in prima linea nella battaglia lanciata dagli istituti cattolici contro il governo israeliano, racconta: “Proseguiremo con lo sciopero a oltranza, fino a che non verranno riconosciuti i nostri diritti. Siamo di fronte a un progetto mirato a colpire le scuole cattoliche, ma la nostra missione continuerà; abbiamo già affrontato altre crisi in passato, anche questa prima o poi passerà”.
Il prossimo 9 settembre è in programma un nuovo incontro fra i rappresentanti della Chiesa e le autorità governative: “Speriamo sia fruttuoso -aggiunge padre Abdel- perché non vorremmo lanciare una ‘intifada’ per difendere il nostro diritto all’istruzione”. La discriminazione è un dato di fatto, se si paragona a quanto avviene con le scuole ebraiche ultra-ortodosse, sovvenzionate in tutto dal governo. Il tema delle scuole è stato anche uno dei punti chiave al centro dell’incontro della scorsa settimana fra Papa Francesco e il presidente Reuven Rivlin, alla sua prima volta in Vaticano.
Ad oggi, in Israele vi sono 47 scuole cristiane che garantiscono l’istruzione a oltre 33 mila bambini, circa il 60% dei quali cristiani e il restante 40% musulmani, con una piccola rappresentanza ebraica. Anche i docenti e i collaboratori scolastici non sono solo cristiani. Fino a qualche anno fa i fondi governativi coprivano il 65% delle rette, ma sono stati ridotti fino al 34% per poi scendere al 29%, cifra considerata insufficiente per coprire i costi.
“Per ora non vi sono sostanziali novità -spiega p. Abdel- abbiamo parlato col Ministero dell’Istruzione ma non vi sono stati risultati concreti. Abbiamo chiesto loro di formulare una proposta concreta in vista della riunione di dopodomani, ma finora non è emerso nulla di nuovo. 33 mila studenti sono ancora a casa a dispetto degli annunci dell’esecutivo che, il primo giorno di scuola, ha detto che tutti gli alunni del Paese erano regolarmente in classe”.
“Da qualche anno il governo tratta le nostre scuole in maniera differente”: questa l’accusa di p. Abdel. “Ci siamo rivolti ai vari ministri dell’Istruzione, alcuni dei quali non ci hanno nemmeno ascoltato. Ora, con lo sciopero, iniziano a prestare attenzione, anche se non è emersa alcuna soluzione. Vogliono cambiare lo status delle scuole -prosegue il presule- da istituti cattolici a scuole ufficiali, dove la Chiesa non può più scegliere il direttore, i maestri, e disporre a loro piacimento dell’edificio”.
“Vogliamo difendere il nostro stile di insegnamento -conclude il direttore dell’Ufficio delle Scuole Cristiane della Custodia di Terra Santa- perché esso fornisce un risultato ottimo a livello di qualità a tutto il Paese. Se riconoscete questo ruolo, garantiteci il nostro diritto a essere trattati non con un regime preferenziale, ma secondo quanto stabilisce la legge. Anche se siamo una minoranza, abbiamo i nostri diritti e li vogliamo difendere”.