A cavallo tra il Natale dei cattolici di rito latino e quello delle Chiese orientali, c’è stato l’incontro tra il Presidente dello Stato d’Israele, Reuven Rivlin, e i capi religiosi delle comunità cristiane che vivono sul suolo israeliano. A salutare il Presidente Rivlin il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, il quale ha focalizzato il suo discorso sul dialogo e la condanna di “ogni violenza, ogni atto di terrorismo o tentativo di perseguitare individui e comunità”.
Secondo il patriarca “per edificare una società basata sulla pace, la giustizia e la riconciliazione, abbiamo imparato la potenza del dialogo. Impegnarsi in un dialogo costruttivo non significa che dobbiamo risolvere ogni questione, o raggiungere un pieno consenso su ogni materia. La forza del dialogo sta precisamente nei frutti che porta. E il primo frutto di un genuino dialogo è uno spirito di comprensione più profonda. Il dialogo riduce le tensioni, sradica i pregiudizi e promuove la compassione. Questi frutti sono essenziali per la buona salute di una comunità umana” e “per sradicare animosità e pregiudizi e per guarire le memorie del passato”.
Il Presidente Rivlin ha anche menzionato, seppur indirettamente, le persecuzioni religiose in Medio Oriente, parlando di quei Paesi dove “a causa della loro fede centinaia di migliaia di persone sono esiliate, convertite a forza, attaccate e brutalmente uccise. C’è una guerra contro l’estremismo. C’è una guerra scatenata da chi innalza il vessillo della distruzione e dell’odio contro chi invece proclama la libertà di culto e la coesistenza”. Rivlin ha poi concluso “possiamo, noi cristiani, musulmani ed ebrei, figli d’Abramo, insieme con tutti coloro che professano fedi differenti vedere il compimento della visione del profeta Isaia, secondo cui un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, e non ci sarà più la guerra”.