Il membro del consiglio municipale iracheno di Baghdad, Mohammed al-Rubai, ha dichiarato in una recente intervista televisiva che, nella capitale, quasi il 70 per cento delle case dei cristiani sono state espropriate illegalmente grazie alla complicità di funzionari corrotti e di gruppi organizzati di truffatori. Inoltre, i titoli di proprietà sono stati falsificati con manomissioni dei registri catastali rendendo praticamente impossibile il recupero per vie legali dei beni da parte dei legittimi proprietari.
Secondo una stima redatta dalla Ong della capitale irachena “Baghdad Beituna”, le violazioni dei beni immobili dei cristiani sono stati non meno di 7mila. A godere dei furti “legalizzati”, proseguono dalla Ong, sarebbero anche membri degli apparati politici e militari. Notizia confermata in un rapporto pubblicato lo scorso febbraio su “al-Arabi al-Jadeed”, il sito del Consiglio della Giustizia, iracheno che rappresenta il supremo organo giudiziario del Paese. Nel rapporto vengono accusati i membri del governo guidato da Nuri al-Maliki di aver acquisito illegalmente il possesso di proprietà private, in gran parte appartenute a cristiani, con operazioni rese possibili dal caos giuridico seguito all’intervento militare a guida Usa che aveva abbattuto il regime di Saddam Hussein nel marzo del 2003.