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Iraq, nel post-Isis le famiglie cristiane tornano a casa a Mosul

Alcune famiglie cristiane stanno facendo ritorno nelle proprie case nei quartieri orientali di Mosul, città irachena da poco liberata dalle milizie dell’auto-proclamato Stato islamico (Isis). Da Mosul, “capitale” irachena dell’Isis, sarebbe scappato nei giorni scorsi anche il “califfo nero” Abu Bakr al-Baghdadi, massima autorità dello Stato Islamico, per riparare probabilmente nella città siriana di Raqqa oppure per dirigersi verso Tunisi, in Libia.

Secondo quanto riportato dal sito ankawa.com, sono almeno tre le famiglie armene che hanno già fatto ritorno nelle proprie abitazioni nonostante il clima di generale insicurezza che continua a persistere sulla città posta nella sponda occidentale del fiume Tigri. Nei giorni scorsi, infatti, nelle zone sottratte al controllo dei jihadisti, vi erano stati diversi attentati suicidi che avevano provocato la morte di 9 civili.

I jihadisti avevano conquistato Mosul (nome che diedero gli Arabi musulmani all’antica Ninive, la capitale assira citata nella Bibbia i cui resti sono stati in parte spazzati via dalla furia iconoclasta dei fondamentalisti) il 9 giugno 2014. Nelle settimane successive, tutti i cristiani presenti in città avevano abbandonato le proprie case – molte delle quali espropriate dai jihadisti stessi – cercando rifugio come profughi nei villaggi della Piana di Ninive, nei villaggi del Kurdistan iracheno o espatriando all’estero, in Libano.

Gli ultimi 10 cristiani anziani rimasti in città, racconta l’agenzia Fides, erano stati espulsi dai miliziani il 7 gennaio 2015 dopo che avevano rifiutato di rinnegare la propria fede. Il gruppo era stato infine accolto a Kirkuk, dopo aver passato due giorni all’agghiaccio fuori dai villaggi occupati dalle milizie dello Stato Islamico.

Secondo dati forniti dalla comunità caldea libanese, circa 8000 cristiani iracheni, durante l’occupazione jihadista, sarebbero scappati in Libano e ora vivono nel Paese dei Cedri. Alcuni di loro ieri hanno formato un piccolo corteo di circa duecento profughi che si è fermato davanti alla sede locale dell’Onu, al centro di Beirut, per chiedere che siano vagliate e accolte in tempi brevi le loro richieste di espatrio verso altri Paesi. Secondo le dichiarazioni rilasciate da alcuni di loro, la maggioranza dei profughi cristiani fuoriusciti dall’Iraq non ha intenzione di ritornare nel proprio Paese né di radicarsi in Libano, ma sperano di emigrare verso qualche nazione occidentale.

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