Comincerà il prossimo 23 gennaio a Roma il Congresso elettorale dell’Opus Dei per scegliere il nuovo prelato che succederà a mons. Javier Echevarria, scomparso il 12 dicembre scorso al Campus Bio Medico in seguito a problemi polmonari. La convocazione è stata fatta da mons. Fernando Ocáriz, vicario ausiliare della prelatura, secondo gli statuti dell’Opus Dei. Nell’iter elettorale intervengono anche le donne, sebbene siano gli uomini a votare materialmente. L’elezione deve essere confermata dal Romano Pontefice. Il prelato deve essere un sacerdote che abbia almeno quaranta anni compiuti, membro del Congresso, che almeno da dieci anni faccia parte della prelatura e almeno da cinque sia sacerdote.
Gli statuti della prelatura descrivono le diverse condizioni umane, spirituali e giuridiche che deve avere il prelato per garantire il retto disimpegno dell’incarico: in sintesi, deve distinguersi in alcune virtù come la carità, la prudenza, la vita di pietà, l’amore per la Chiesa e il suo Magistero, e la fedeltà all’Opus Dei; deve possedere una profonda cultura, sia nelle scienze ecclesiastiche che nelle profane, e avere adeguate doti di governo pastorale. Sono requisiti analoghi a quelli che il diritto canonico richiede per la candidatura all’episcopato. Al Congresso elettorale parteciperanno circa 150 fedeli dell’Opus Dei, sia sacerdoti che laici, di almeno 32 anni di età e che fanno parte della prelatura da almeno nove anni. Sono stati nominati tra i fedeli delle diverse nazioni in cui la Prelatura svolge il suo lavoro pastorale.
L’iter inizia con una riunione previa del plenum dell’Assessorato centrale, ovvero il consiglio per le donne della prelatura, di cui attualmente fanno parte donne di venti nazionalità differenti. Ognuna di esse formula liberamente una proposta con il nome o i nomi dei sacerdoti che ritiene più adatti. I membri del Congresso, tenendo conto di queste proposte, procedono poi alla votazione. Dopo l’elezione è necessaria la conferma del Santo Padre, che nomina il prelato dell’Opus Dei.
E proprio in un momento di dolore per i fedeli della prelatura, a causa della scomparsa di colui che per 22 anni è stato chiamato Padre, il Papa ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sull’eroicità delle virtù di Isidoro Zorzano, un ingegnere che entrò a far parte dell’Opus Dei nel 1930 e morì nel 1942. «È un momento di particolare gioia e di gratitudine verso Papa Francesco, che arriva proprio mentre nella prelatura proviamo un sentimento di dolore per la perdita del nostro carissimo prelato – ha commentato mons. Ocariz – Isidoro Zorzano è stato un esempio di laboriosità e di spirito di servizio nel lavoro professionale, di senso di giustizia sociale, che si esprimeva nella disponibilità e nel rispetto verso i suoi colleghi, di amore per l’Eucaristia, di grande fede in Dio e di sensibilità verso gli indigenti». Il postulatore della causa, mons. José Luis Gutiérrez, mette in risalto la lealtà di Isidoro e lo propone come modello per i lavoratori. Indica che la sua fama di santità è molto diffusa — gli sono pervenute più di 5.000 relazioni di favori attribuiti alla sua intercessione — e invita ad approfittare di questo nuovo passo verso la sua beatificazione, per chiedere favori e miracoli a Dio per mezzo di Isidoro.
Il venerabile Zorzano nacque a Buenos Aires (Argentina) il 13 settembre 1902. Tre anni dopo la famiglia emigrò in Spagna e si stabilì a Logroño e durante la scuola secondaria fece amicizia con Josemaría Escrivá che nel 1930 gli spiegò il messaggio dell’Opus Dei: cercare la santità e fare apostolato attraverso il lavoro professionale e il compimento dei lavori ordinari. Isidoro comprese che quel panorama corrispondeva alle sue aspirazioni e decise di entrare nell’Opus Dei. Durante la guerra civile spagnola fu di grande aiuto per molti, procurando generi di prima necessità e cibo, e offrendo sostegno spirituale. Contribuì a mantenere uniti a san Josemaría e tra loro i membri dell’Opus Dei. Si evidenziò il suo amore all’Eucaristia: nonostante le restrizioni, procurava a san Josemaría e ad altri sacerdoti il pane e il vino per celebrare la Santa Messa clandestinamente, custodiva le particole consacrate per portare la Comunione ai rifugiati e organizzava la partecipazione alle celebrazioni eucaristiche. Per aiutare tanta gente si presentava come cittadino argentino, con il precario documento rappresentato da un estratto di nascita a Buenos Aires. Avrebbe potuto essere arrestato e fucilato in qualsiasi momento. All’inizio del 1943 gli diagnosticarono un linfogranuloma maligno. Sopportò la dolorosa malattia con fortezza e abbandono alla volontà di Dio. Morì in fama di santità il 15 luglio di quello stesso anno, all’età di quarant’anni e fu sepolto nel cimitero dell’Almudena. Nel 2009 i suoi resti mortali furono deposti nella parrocchia di Sant’Alberto Magno di Madrid, dove ora riposano.