Secondo gli ultimi dati Istat disponibili l’1,6% dell’offerta ricettiva turistica italiana proviene dal settore dell’ospitalità religiosa. “Il turismo religioso – ha spiegato al Sir Margherita Pedrana, vice coordinatrice del corso di laurea in Turismo e valorizzazione del territorio all'Università Europea di Roma (Uer) – rientra parzialmente nella categoria del turismo culturale, anche se, rispetto a quest’ultimo include una dinamica e un coinvolgimento spirituale molto importante”. Secondo alcune stime dell’Organizzazione mondiale del turismo, vale oltre 18 miliardi di euro, con dati che parlano di circa 300 milioni di turisti religiosi nel mondo e un trend crescente verso località considerate sacre dalle differenti religioni o con un ricco patrimonio culturale, storico, artistico. “Ma, al di là dei dati e degli impatti economici molto rilevanti anche se difficilmente misurabili, il turismo religioso – ha sottolineato all’agenzia dei vescovi la professoressa Pedrana – ha una fortissima valenza anche dal punto di vista culturale e sociale. In particolare, ciò che conta nell’ambito del turismo religioso è sicuramente l’esperienza religiosa e turistica, che diventa fulcro del turismo religioso stesso. Di particolare rilevanza risulta anche l’impatto del turismo religioso sulla sostenibilità ambientale, sociale e culturale”. Il pellegrinaggio, ha puntualizzato al Sir Luigi Russo, vice coordinatore del corso di Scienze della formazione primaria all’Uer è una pratica che si è affermata con grande vigore nel corso dell’età medievale. Chi viaggiava ed affrontava lunghi viaggi aveva bisogno di appoggiarsi ad una rete di ospizi e strutture specializzate nell’accoglienza dei pellegrini. “Dall’esperienza del passato – ha aggiunto Russo – emergono preziosi spunti che ci permettono di valorizzare il patrimonio storico-culturale della nostra Penisola”.
Le mete più ambite
Luca Baiosto, vice presidente nazionale del Centro italiano turismo sociale, ha sottolineato al Sir il contributo sociale dell’ospitalità religiosa, praticamente sempre legata alla contribuzione economica in opere sociali e comunitarie. Fabio Rocchi, presidente dell’Associazione Ospitalità religiosa italiana (Ori), servizio della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha osservato al Sir che, nonostante vi sia carenza di dati relativi al turismo religioso e agli occupati nel settore, si tratta di un segmento di mercato non trascurabile visto che il portale Internet dedicato dell’Ori censisce oltre 4.000 strutture di ospitalità religiosa. E “si può prevedere che nei prossimi 5/10 anni ci sarà un incremento rilevante della richiesta di professionalità esterne al mondo religioso da inserire nella gestione turistica di tali strutture”. Le principali mete italiane del turismo religioso sono: Roma e Città del Vaticano (la basilica di San Pietro è tra i 25 luoghi più visitati del mondo), San Giovanni Rotondo, Assisi, Padova e Loreto. 5,6 milioni (di cui 3,3 milioni sono stranieri) sono le presenze annue che il turismo religioso genera in Italia ogni anno. Il 20% della popolazione mondiale nel corso dell’anno si sposta per fare un pellegrinaggio in eremi, chiese, santuari e altri luoghi di culto. Sono 330 milioni i turisti religiosi che nel mondo si muovono per fede, con un giro d’affari annuo di 18 miliardi di dollari e un trend crescente. Per le vacanze spirituali in Italia l’offerta religiosa può contare su: 20mila monasteri e conventi, 700 musei diocesani, 30mila chiese, 1550 santuari.
L’identikit del pellegrino
Il 41,4% dei turisti religiosi ha un’età compresa tra i 30 e i 50 anni. Il 44,4% dei turisti religiosi si affida per l’organizzazione del viaggio al circuito dell’intermediazione (tour operator e agenzie di viaggio). Il 32,7% dei turisti religiosi preferisce viaggiare in compagnia del partner . Il 20% dei turisti religiosi sceglie un tour organizzato. Il 19,7% dei turisti religiosi viaggia con un gruppo di amici. Il 13,3% dei turisti religiosi viaggia con la famiglia. Il 9,8% viaggia da solo, secondo gli ultimi dati Aori, Isnart, World Trade Organization. L’offerta, ricostruisce La Stampa, è di circa 3.500 strutture, fra case per ferie e foresterie, monasteri e conventi, eremi e studentati, certose e ostelli. In tutto circa 232mila posti letto in tutte le province italiane: dall’alta montagna delle Alpi alle riviere più ambite, dalle città d’arte ai panorami mozzafiato immersi nella natura. È una sorta di “Chiesa Grand Hotel”, che, sottolinea La Stampa, non offre lusso e “happy hour” ma quiete, natura e possibilità di rigenerare lo spirito. Sono strutture gestite da parrocchie, diocesi e congregazioni, oppure di proprietà religiosa e in gran parte affidate ai laici. Dal portale dell'Ori in tre anni sono passate più di 500mila richieste di alloggio, e sono costantemente in aumento, raddoppiate fra il 2017 e il 2018. È un vero e proprio “fenomeno che sembra inarrestabile”, commenta a La Stampa Rocchi, “per non ripetere le consuete ferie commerciali e anonime, i turisti scoprono con sempre maggiore soddisfazione l’ospitalità delle case religiose presenti in tutte le regioni italiane”. Parole chiave di questi alberghi della fede sono accoglienza familiare, posti per potersi isolare in un “deserto spirituale”, e relax. E nessun obbligo di partecipare alla vita comunitaria, ma solo l’invito alla scoperta di un'ambiente che non si limita alla consegna delle chiavi”.