L’Egitto a lenti passi verso un’effettiva libertà di culto. Nei decenni scorsi, molte chiese e cappelle erano state costruite in tutto il territorio egiziano. In maniera spontanea. Senza tutte le dovute autorizzazioni. Ancora oggi tali edifici, tirati su dalle comunità cristiane locali senza permessi legali, sono al centro dell’attenzione. Continuano di tanto in tanto, infatti, ad essere utilizzati come pretesto dai gruppi islamisti per fomentare violenze settarie.
La situazione dei luoghi di culto in Egitto
La legge sui luoghi di culto risale all’agosto 2016. E ha rappresentato per le comunità cristiane egiziane un oggettivo passo avanti. Rispetto alle cosiddette “10 regole”. Aggiunte nel 1934 alla legislazione ottomana dal ministero dell’interno. Vietavano tra l’altro di costruire nuove chiese vicino alle scuole. Ai canali. Agli edifici governativi. Alle ferrovie. E alle aree residenziali. In molti casi, l’applicazione rigida di quelle regole aveva impedito di costruire chiese in città. E in paesi abitati dai cristiani, soprattutto nelle aree rurali dell’Alto Egitto.
Chiese regolarizzate
Sale a 1800 il numero di chiese e edifici di servizio ausiliari che sono stati condonati. Da quando è iniziato il processo di “legalizzazione” dei luoghi di culto cristiani. Costruiti in passato senza i permessi richiesti. Le chiese d’Egitto ora regolarizzate rimarranno comunque chiuse ai fedeli. In occasione della prossime solennità liturgiche. Ciò secondo quanto disposto dalle autorità ecclesiastiche. Per contrastare la diffusione del contagio da Covid. Lo stesso Patriarca copto ortodosso Tawadros II ha annullato la partecipazione comunitaria, riferisce Fides. Per salvaguardare la salute delle persone nelle circostanze eccezionali legate alla pandemia. Il Patriarca ha esortando tutti i battezzati a prepararsi spiritualmente.