In Messico è “a rischio la pace sociale e la sicurezza di molta gente“. E’ quanto denunciato da Sua Ecc. Mons. Felipe Arizmendi Esquivel, Vescovo della diocesi di San Cristobal de las Casas, nello Stato del Chiapas nel sud del Paese. Monsignor Arizmedi punta il dito sulla recente sentenza del Tribunale Elettorale statale il quale, la scorsa settimana, aveva decretato la legittimità dell’incarico di due donne sindaco di Chenalho e di Oxchuc. Le due prime cittadine, elette lo scorso anno, non avevano potuto insediarsi e la popolazione stessa le aveva espulse dalle rispettive comunità accusandole di brogli elettorali.
“Il sistema dei partiti ha contaminato le popolazioni indigene e le ha divise. La scelta non è più a consenso della maggioranza, ma avviene con il conteggio e la manipolazione dei voti” ha denunciato il Vescovo, ricordando che la popolazione locale, in larga maggioranza indigena, ha usato per lungo tempo il sistema dell’alzata di mano per eleggere i propri capi, scelti in base a qualche iniziativa compiuta a vantaggio della comunità.
Mons. Arizmendi ha inoltre messo in guardia su una possibile escalation di violenza. “Non vogliamo più morti in questa zona” ha detto alla stampa locale per attirare l’attenzione delle autorità e cercare altre soluzioni al problema. Non è la prima volta che il Vescovo denuncia “la destabilizzazione sociale” che mette “indigeni contro indigeni, poveri contro poveri”.
Lo scorso settembre, mons. Arizmendi aveva sostenuto gli sforzi dei leader della Centrale Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione (Cnte) e delle autorità del governo, per porre fine al lungo sciopero nazionale degli insegnanti – durato quattro mesi – e “prevenire uno sgombero violento delle scuole che avrebbe comportato azioni sanguinose”. La fine del conflitto, iniziato il 15 maggio, è stata poi sancita il 16 settembre.