“Una Chiesa che si scopre una grande rete globale, che sta nel mondo con spirito ‘deponente’, contro la prepotenza degli apparati? Può forse essere questo il senso della missione oggi?” E’ questa la domanda che il sociologo Mauro Magatti ha posto oggi durante il suo intervento al IV Convegno missionario nazionale, in corso questi giorni e fino a domenica a Sacrofano, in provincia di Roma.
L’evento si tiene per iniziativa dell’Ufficio nazionale per la cooperazione tra le Chiese, della Fondazione Missio e del Cum. Magatti, parlando, ha ridefinito il ruolo della missione nell’era globalizzata: la mobilità e l’interconnessione, secondo Magatti, sono “destinate solo ad aumentare, con conseguente cambiamento nella vita delle persone e delle comunità nelle città, dove si è slegati ma in relazione ad altri. Si ridefiniscono gli spazi urbani: quartieri di élites che sono nodi di network globali e ghetti abbandonati, considerati luoghi di scarto”.
La vita contemporanea, secondo lo scienziato sociale, è “investita da un vortice che si traduce in una ingiunzione contraddittoria: godi e performa”; questo, per la fede, “è un tempo apocalittico”. E anche se c’è un grande spazio per il religioso, “questo spesso diventa devozionale o fondamentalista”.
Per questo, ha concluso Magatti, “questo è il tempo dei testimoni: siamo chiamati a dare testimonianza che l’eccedenza della fede genera vita”.