Dopo la Messa a Santa Cruz Papa Francesco ha incontrato i sacerdoti, religiosi, e seminaristi di una scuola salesiana. “I cristiani siano testimoni non di un’ideologia, ma della misericordia di Gesù che li rende capaci di avvicinarsi al dolore della gente”.
Sono state le testimonianze di 4 consacrati a dare inizio alla visita del Santo Padre, a partire da Mons. Roberto Bordi, vescovo incaricato della consacrata in Bolivia che ha ricordato come coloro che sono chiamati ad annunciare il Vangelo sono i primi che hanno bisogno costantemente di essere evangelizzati. “Solo chi si lascia convertire da Dio può contagiare gli altri con la gioia della buona novella”. Dopo aver elencato le sfide di questo tempo, tra le quali la secolarizzazione, la corruzione, il narcotraffico, la povertà e le contrapposizioni politiche, il presule sottolinea come di fronte a tutto questo il bene è più potente del male perché capace di produrre la vita vera.
A seguire hanno raccontato la propria esperienza un sacerdote di Cochabamba che racconta come ascoltata la voce di Dio ha lasciato tutto. Il consacrato ribadisce l’importanza di una vita comunitaria per poter vivere la fede. Suor Gabriella parla del suo incontro con Cristo vivo nella preghiera, nell’Eucarestia, nell’ascolto della Parola di Dio e nelle sue attività di educazione, settore in cui opera e nel quale scopre l’esigenza di diffondere la speranza in un mondo che è sempre più triste. Infine un seminarista, figlio di un minatore, racconta la sua vocazione nata grazie alla madre che gli ha insegnato a pregare.
Il Santo Padre, dopo aver ascoltato con attenzione le testimonianze e abbracciato ognuno di loro, prosegue con la sua meditazione sul Vangelo di Bartimeo, cieco e mendicante che al passaggio di Gesù grida. Di qui elenca tre tipi di reazioni dei seguaci di Cristo davanti al dolore umano.
C’è chi passa accanto ma resta nell’indifferenza, non si lascia toccare perché si è abituato all’ingiustizia. “Ha un cuore blindato, chiuso, ha perso la capacità di stupirsi e quindi la possibilità di cambiare. Quante persone che seguono Gesù corrono questo pericolo!”. Si crede di seguire Gesù ma non ci si lascia coinvolgere dal fratello che soffre, questo eprò, porta ad una vita arida. Il Papa la definisce “spiritualità dello zapping”: sono quelli che “vanno dietro all’ultima novità, all’ultimo best seller, ma non riescono ad avere un contatto, a relazionarsi, a farsi coinvolgere”.
Ci sono poi quelli che come nel Vangelo, di fronte al grido di Bartimeo gli ordinano di stare zitto, di non diturbare. Sono quelli che rimproverano sempre: “Sono i vescovi, i sacerdote, le suore, il Papa con il dito così..” Indicando il gesto di chi “sgrida”. “E’ l’atteggiamento di chi rimprovera continuamente il popolo di Dio, stanno a brontolare e a dirgli di tacere. Dategli una carezza per favore, ascoltatelo, ditegli che Gesù gli vuole bene. ‘Ma non si può fare signora, che ha questo bambino che piange mentre io predico?’ come se quel pianto non fosse una sublime predica!”. Questo tipo di reazione è tipica di chi pensa che la Chiesa sia fatta per chi è “adatto”, solo per gli “autorizzati”. Sono coloro che fanno dell’identità una questione di superiorità e in questo modo “non sono più pastori ma capitani”.
Infine secondo l’analisi del Pontefice, c’è chi fa come Gesù che “si ferma di fronte al grido di una persona e si impegna con lui. Mette radici nella sua vita e invece di farlo tacere gli chiede cosa può fare per lui. “Non esiste una compassione che non si fermi, altrimenti non hai la divina compassione. Non si tratta di silenziare il dolore, al contrario è la logica proprio dell’amore che non si è centrata sulla paura ma sulla libertà capace di mettere il bene dell’altro sopra ogni cosa”.
Concludendo Francesco ricorda che il cristiano non è un “funzionario di Dio” ma un testimone del suo amore, “non perché siamo speciali, ma perché siamo testimoni grati della misericordia che ci trasforma”.