Tutti, chi più chi meno, siamo stati toccati dal pettegolezzo. Il libro dei Proverbi (21:23) dice che “Coloro che controllano la propria lingua, si difendono e preservano da calamità”. Lontano da un tono precettistico, moderare la lingua può diventare, dunque, un'occasione di maturità spirituale. Per questo Fra Emiliano Antenucci, sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini e guardiano del Convento di Guardiagrele, ha deciso di dedicare un opuscolo all'argomento. Durante il Giubileo della Misericordia, il frate vastese è stato nominato da Papa Francesco “Missionario della misericordia”: un'occasione che gli ha concesso una riflessione più profonda sul tema, infine confluita nel libro “Non sparlare degli altri” (edizioni Effatà 2019), che Papa Francesco ha distribuito, in seimila copie, ai membri del personale della Santa Sede, fra cui prelati e operatori laici. Un dono che, secondo alcune voci, sembrerebbe aver provocato reazioni difformi, con alcuni che, addirittura, avrebbero tentato un boicottaggio della notizia, laddove la maggior parte dei destinatari ha ritenuto l'omaggio del Pontefice come un dono gradito e condiviso.
La copertina dell'opuscolo accompagnata dalla dedica di Papa Francesco
Fra Emiliano, perché ha sentito l'esigenza di scrivere un libro?
“Tutto è partito da un lavoro, ma soprattutto dall'impegno che mi sono proposto a non sparlare. Nella Lettera ai Romani, San Paolo stesso dice: 'Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda'. Il cristiano è 'colui che benedice' nel senso stesso della parola, del 'dire bene'. Questo è il gesto più bello ed autentico che si possa fare, poiché Dio è il primo che ci benedice. Quindi, se Dio dice bene di noi, chi siamo noi per maledire?”.
Come nasce l'idea di un testo sull'argomento?
“Mi occupo da anni del silenzio, della quiete interiore. Fare silenzio significa anche sospendere il giudizio sugli altri. Nel novembre scorso, parlando a fine udienza con un gruppo della mia équipe di silenzio, il Papa ha invitato tutti noi ad invocare la Madonna del silenzio contro lo sparlare degli altri. Da tale invito è nato il libro, che poi il Pontefice ha deciso di distribuire al personale Vaticano”.
Viene in mente il discorso di Natale pronunciato ai dipendenti vaticani del 20 dicembre scorso, in cui il Papa invita il clero a “mordersi la lingua” piuttosto che sparlare degli altri. Quanto è importante quest'atteggiamento in senso alla Chiesa stessa?
“Si tratta di un dono fondamentale, a mio avviso è la 'vera riforma del cuore'. Il peccato insito nel parlare non è tanto di natura morale, quanto va a sporcare il volto della bellezza di Dio che è in ognuno di noi. Bisogna che teniamo a mente dell'uso che facciamo delle parole. Per mezzo di esse possiamo gettare veleno e sporcare il mondo oppure dipingere il mondo con colori nuovi”.
Dal suo libro, emerge lo sparlare come se si trattasse di un male in azione…
“È proprio così. Come dice il Papa, la lingua è come una spada. Con le parole, infatti, possiamo uccidere una persona tanto quanto lo si fa con un'arma. Il Papa è stato sempre molto chiaro in merito, mettendoci in guardia. Dovremmo ricordarci che il Signore ci ha donato la parola, ma dovremmo farne un uso sapiente, infondendo speranza e gioia, non odio e distruzione”.
Papa Francesco è noto per la sua “lotta al pettegolezzo”. C'è qualche altro Papa che ha manifestato un dissenso pubblico per l'argomento?
“Beh, in un discorso anche Papa Benedetto XVI ha dichiarato che i nemici sono all'interno della Chiesa. Non dobbiamo avere paura di ammetterlo: spesso si tratta di invidia e gelosia da parte di sarcerdoti, prelati e monsignori, che è più grande dell'invidia degli scribi e dei farisei. L'invito a non sparlare degli altri sottintende la lotta all'invidia. E che cos'è l'invidia, se non chiudersi al fratello, non vedere il bene che Dio fa nell'altro e, infine, non godere della gioia dell'altro? È la cosiddetta sindrome del fratello maggiore nella parabola del figliol prodigo: colui che, cioè, non sa godere della gioia che il fratello può dare. Questo è un punto importante: gioire della gioia degli altri è un grande segno di maturità, umana e cristiana”.
C'è un episodio nelle Sacre Scritture che l'ha colpita?
“L'invito di Cristo riportato dal Vangelo di Luca 'Non giudicate e non sarete giudicati'. Questo messaggio è forte non tanto perché non saremo giudicati, ma perché c'invita ad essere liberi. Dall'altra parte della libertà c'è la schiavità: noi possiamo diventare schiavi incatenati dal giudizio che diamo della persona perché quando giudichiamo una persona, non le diamo una chance. Quando 'diciamo male' di qualcuno, lo abbiamo già messo nel girone dell'inferno su questa terra. Dobbiamo dare chance alle persone perché possano cambiare e superare gli errori. Questa esperienza l'ho fatta particolarmente nel mio ministero di missionario della misericordia, quando sono stato investito da Papa Francesco. La misericordia è questo: dare una chance agli altri, così come Dio dà infinite chance a tutti noi”.
Ha in mente dei modelli che l'hanno accompagnata in questa riflessione?
“Sicuramente s'annoverano tanti santi che hanno dato l'esempio. Nella mia vita, inoltre, ho avuto l'opportunità di incontrare delle persone sante che s'impegnano tutti i giorni per realizzare il sogno di Dio nella loro vita. Non sparlare ha permesso loro di non perdere tempo, ma di dedicarsi al piano che Dio ha sui suoi figli”.