Ottocento anni dopo lo storico incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kamil, papa Francesco ha visitato sei mesi fa il Marocco. Ad accoglierlo nella capitale un giornalista salesiano spagnolo, monsignor Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat da dicembre 2017. Ha esercitato il suo ministero in Paraguay, Spagna, Bolivia e Marocco dove, dal 2003 al 2010, è stato parroco a Kenitra e ha diretto la locale scuola dei salesiani. Il nuovo cardinale è nato nel 1952 a Vélez-Rubio Diocesi di Almeria Spagna. È entrato nella famiglia salesiana nel 1964. Dopo aver completato gli studi secondari nel seminario salesiano di Gerona, è entrato nel seminario salesiano di Barcellona dove ha studiato Filosofia (1973-1975) e Teologia (1975-1979). Ha ottenuto una licenza in Scienze dell’Informazione, sezione Giornalismo, all’Università Autonoma di Barcellona (1982). Ha emesso la prima professione nel 1968 e la professione solenne nel 1974. È stato ordinato sacerdote nel maggio 1979. E’ stato anche provinciale della Provincia Salesiana di Bolivia e dal 2014 provinciale della Provincia Salesiana di María Auxiliadora in Spagna.
Cresce il dialogo islamo-cristiano
L'arcivescovo di Rabat e prossimo cardinale Cristòbal Lòpez Romero ha commentato a Vatican News la decisione di papa Francesco di includerlo tra i nuovi porporati che riceveranno la berretta nel concistoro del 5 ottobre. “Con questa nomina il Papa rende visibile la piccola Chiesa del Nord Africa, quasi sconosciuta alla Chiesa universale e dice: Vedete, anche in Nord Africa ci sono dei cristiani che vivono la loro fede e che hanno qualcosa da dire a tutta la Chiesa universale. Possiamo prendere qualcosa da questa Chiesa minoritaria”, spiega il neo-porporato. E con la nomina di un cardinale in terra musulmana Papa Francesco “vuole rafforzare il dialogo interreligioso islamo-cristiano“. Il salesiano spagnolo, 67 anni, nominato dal Papa arcivescovo della capitale del Marocco il 29 dicembre 2017, sarà il primo cardinale del Paese nordafricano, e alla notizia è stato colto da sorpresa, paura e riconoscenza per “la deferenza che Papa Francesco ha avuto non nei riguardi della mia persona, ma della Chiesa del Marocco, la Chiesa del Nord Africa e il Regno del Marocco”. La presenza di un cardinale, per il popolo marocchino, evidenzia a Vatican News l’arcivescovo Lopez Romero, “passerà inavvertita perché non sanno cosa sia un cardinale, non credo che lo sappiano ma per le autorità, io penso che si possa dare una lettura, una interpretazione come se il Papa avesse voluto dare un segno di riconoscenza al Regno del Marocco per la visita talmente ben preparata e ben riuscita che egli ha fatto in questo Paese, e per l’opera in favore del dialogo interreligioso, l’opera in favore degli immigrati che sta facendo il Regno del Marocco”. Nel Paese nordafricano i 37 milioni di marocchini sono musulmani sunniti di rito malachita mentre i cattolici rappresentano una minoranza molto esigua: 30mila persone che possono contare su una quarantina di sacerdoti e fanno capo a due diocesi: quella di Tangeri, la più piccola, e quella di Rabat, il cui territorio è più grande di quello italiano (vi risiedono 33 milioni di persone). “I cattolici sono tutti stranieri e appartengono a circa 100 nazionalità: un gruppo molto consistente è costituito da giovani provenienti dai Paesi subsahariani che si recano in Marocco per studiare: per loro le università sono gratuite e possono anche contare su piccole borse di studio dell’Unesco – riferisce Vatican Insider – Un secondo gruppo, parimenti numeroso, è costituito dagli stranieri che lavorano in diplomazia o nelle imprese. Vi sono poi i moltissimi migranti provenienti dai Paesi subsahariani che cercano di raggiungere le coste europee”.
L'apertura al futuro
Monsignor Cristóbal López Romero descrive così la sua diocesi: “Con 30mila cattolici provenienti da cento Paesi questa Chiesa, realmente cattolica, universale, è bella proprio per la diversità di esperienze, di tradizioni e di modi di vivere il rapporto con il Signore”. Questa diversità, precisa a Vatican Insider, “costituisce allo stesso tempo una difficoltà poiché occorre impegnarsi per vivere in comunione, per costruire unità a partire dalla diversità”. È una Chiesa bella “anche per la sua giovinezza che la rende aperta al futuro e carica di sogni: l’età media dei cattolici è 35 anni (la maggior parte ha un’età compresa tra 18 e 30 anni)”. Ciò costituisce però “anche un problema dal momento che moltissimi fedeli sono studenti universitari che si trattengono nel Paese per 4-5 anni e poi ripartono sostituiti da altri che sopraggiungono. Dal punto di vista pastorale dobbiamo sempre ricominciare”. E poi vi è la dimensione ecumenica: le relazioni con i protestanti (circa diecimila fedeli) e con le piccole comunità degli ortodossi e degli anglicani sono ottime, “viviamo in fraternità, abbiamo costituito il Consiglio Ecumenico delle Chiese, lavoriamo insieme e ci aiutiamo: ad esempio, noi cattolici all’occorrenza mettiamo a disposizione dei fedeli delle altre confessioni alcuni spazi”. E, evidenzia l’arcivescovo salesiano, “abbiamo anche fondato il centro ecumenico Al Mowafaqa (“L’Accordo”), presieduto da me e dalla pastora della comunità protestante di Rabat, nel quale si studia la teologia cristiana e al contempo si presta particolare attenzione al dialogo con i musulmani e all’islamologia”. Il Marocco, fortemente ancorato alla proprie tradizioni religiose e culturali, è un Paese che già ha intrapreso un cammino di modernizzazione e può definirsi avanzato in alcuni settori (i trasporti ad esempio).
Il rispetto per la Chiesa
Nonostante i rilevanti sforzi compiuti dal governo restano invece passi da compiere nel campo sanitario ed educativo: il 25% della popolazione è ancora analfabeta. Le relazioni tra cristiani e musulmani in genere sono molto buone: i cristiani sono rispettati e apprezzati. “Possiamo professare liberamente la nostra fede e lavorare in pace – assicura a Vatican Insider -. La buona qualità dei rapporti tra cristiani e musulmani è merito della società marocchina, che è sempre stata aperta e tollerante, dei cristiani che si spendono generosamente per il bene di tutti e non da oggi (la presenza francescana risale a 800 anni fa) e anche della massima autorità del Paese: in Marocco il re è anche la massima autorità religiosa poiché ha il titolo di “Commendatore dei credenti” e in questa veste ha il compito di proteggere anche i cristiani e gli ebrei: re Mohammed VI, con i suoi comportamenti, onora questo titolo”. L’assistenza ai migranti è il settore nel quale la chiesa marocchina è maggiormente impegnata se si considera il numero di persone assistite: oltre ottomila ogni anno. Di costoro, il 75% proviene da tre Paesi: Camerum, Costa d’Avorio, Guinea Conakry. Il programma pluriennale Qantara (Ponte), per il quale la Chiesa stanziato un milione e mezzo di euro all’anno, attraverso la Caritas locale (e grazie anche al sostegno, tra gli altri, della Caritas italiana) assiste i migranti grazie al generoso impegno di medici, psicologi, educatori, insegnanti, mediatori culturali: sono assicurate assistenza medica e psicologica, educazione scolastica ai minori, formazione professionale, inserimento nel mondo del lavoro. In Marocco anche il governo cerca di fare la propria parte: tutti i migranti che giungono qui hanno diritto all’assistenza sanitaria di base e ai minori è garantita l’educazione scolastica. Inoltre moltissimi, 50mila solo di recente, sono stati regolarizzati.