Il Pontefice: “L’Europa ha bisogno di leader, ma non ci sono”

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“Quel ‘Mai più la guerra! credo che è una cosa che l’Europa (dopo la prima guerra mondiale, ndr) ha detto sinceramente, l’ha detto sinceramente: Schumann, De Gasperi, Adenauer… lo dissero sinceramente. Ma dopo… Al giorno d’oggi mancano leader. L’Europa ha bisogno di leader, leader che vadano avanti…”. Lo ha detto il Papa in una intervista al settimanale cattolico “Tertio” rilasciata in occasione della conclusione del giubileo, rispondendo a una domanda sul centenario della Grande Guerra.

All’Europa, ha ricordato, “ho parlato tre volte: due a Strasburgo e una l’anno scorso, o quest’anno, non ricordo, quando c’è stato il Premio Carlo Magno. Credo che quel ‘Mai più la guerra!’ non è stato preso sul serio, perché dopo la Prima c’è stata la Seconda, e dopo la Seconda, c’è questa terza che stiamo vivendo adesso, a pezzetti. Siamo in guerra“. Il mondo, ha ribadito, “sta facendo la terza guerra mondiale: Ucraina, Medio Oriente, Africa, Yemen… È molto grave. Quindi, ‘Mai più la guerra!’ lo diciamo con la bocca, ma intanto fabbrichiamo armi e le vendiamo; e le vendiamo agli stessi che si combattono; perché uno stesso fabbricante di armi le vende a questo e a questo, che sono in guerra fra di loro”.

Il Santo Padre ha poi spiegato: “C’è una teoria economica che non ho provato a verificare, ma l’ho letta in diversi libri: che nella storia dell’umanità, quando uno Stato vedeva che i suoi bilanci non andavano, faceva una guerra e rimetteva in equilibrio i propri bilanci. Vale a dire, è uno dei modi più facili per produrre ricchezza“.

Bergoglio ha poi parlato dell’Amoris Laetitia, il documento con cui sono stati chiusi i due Sinodi sulla Famiglia. “È interessante: tutto quello che c’è lì, nel Sinodo è stato approvato da più dei due terzi dei padri. E questo è una garanzia”. La Chiesa, ha ricordato, “nasce dalle comunità, nasce dalla base, dalle comunità, nasce dal Battesimo; e si organizza intorno ad un vescovo, che la raduna, le dà forza; il vescovo che è successore degli Apostoli. Questa è la Chiesa”. Ma in tutto il mondo , ha proseguito, “ci sono molti vescovi, molte Chiese organizzate, e c’è Pietro. Quindi, o c’è una Chiesa piramidale, dove quello che dice Pietro si fa, o c’è una Chiesa sinodale, in cui Pietro è Pietro, ma accompagna la Chiesa, la lascia crescere, la ascolta; di più, impara da questa realtà e va come armonizzando, discernendo quello che viene dalle Chiese e lo restituisce”.

L’esperienza più ricca di tutto questo, ha rimarcato, “sono stati gli ultimi due sinodi. Lì si sono ascoltati tutti i vescovi del mondo, con la preparazione; tutte le Chiese del mondo, le diocesi, hanno lavorato. Tutto questo materiale è stato lavorato in un primo Sinodo, che portò i risultati alla Chiesa; e poi si è tornati una seconda volta – il secondo Sinodo – per completare tutto questo. E da lì è uscita Amoris laetitia. È interessante la ricchezza della varietà di sfumature, che è propria della Chiesa. È unità nella diversità. Questo è sinodalità. Non calare dall’alto in basso, ma ascoltare le Chiese, armonizzarle, discernere”.

E dunque “c’è un’Esortazione post-sinodale, che è Amoris Laetitia, che è il risultato di due sinodi, dove ha lavorato tutta la Chiesa, e che il Papa ha fatto sua. Lo esprime in maniera armonica”. Anche perché “una Chiesa sinodale significa che si dà questo movimento dall’alto in basso, dall’alto in basso. E nelle diocesi lo stesso. Ma c’è una formula latina che dice che le Chiese sono sempre cum Petro et sub Petro. Pietro è il garante dell’unità della Chiesa. È il garante. Questo è il significato. E bisogna progredire nella sinodalità; che è una delle cose che gli ortodossi hanno conservato. E anche le Chiese cattoliche orientali. È una loro ricchezza”.

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